FUORI LE COSCE! – GLI HOT PANTS, L’INDUMENTO SIMBOLO DELLE PIN UP, COMPIONO 50 ANNI: IN PRINCIPIO FU RITA HAYWORTH A FAR ARRAPARE PER LE SUE GAMBE DA “URLO” CHE LE VALSERO IL SOPRANNOME “THE LEGS” - DA NOI LA CONSACRAZIONE DEL MICRO PANTALONCINO È ARRIVATA NEL SECONDO DOPOGUERRA CON UNA APPENA 19ENNE SILVANA MANGANO, MONDINA IN SHORTS E CALZE DI NYLON IN “RISO AMARO” - DOPO DI LEI SOPHIA LOREN, BRIGITTE BARDOT E DONNA JORDAN CHE FECE SCANDALO PER...
-Sophia Gnoli per "d.repubblica.it"
Potevano sembrare una tendenza passeggera ma dopo che Gigi Hadid ha calcato la passerella di Chanel con un paio di ridottissimi pantaloncini anche l’ultimo dubbio è stato fugato. Per quegli strani meccanismi che regolano i ritmi della moda, se per una stagione le minigonne cadono in disgrazia, ecco che puntualmente, da cinquant’anni a questa parte, si riaffacciano loro, gli hot-pants.
LA NASCITA DEGLI HOT PANTS
Era il 30 settembre 1970 infatti, quando il quotidiano americano della moda Women’s Wear Daily pubblicò un articolo che annunciava l’avvento di shorts dalle dimensioni micro, battezzandoli allusivamente “hot pants”. Non passò molto che quegli esigui calzoncini, incollati sul di dietro Donna Jordan (avvenente modella americana) con sopra la scritta “chi mi ama mi segua”, venissero immortalati da Oliviero Toscani - suo amore dell’epoca - in una delle pubblicità più scandalose di sempre, quella dei jeans Jesus.
Ben prima che assumessero questo nome, ispirato a un immaginario hard core, gli hot pants però esistevano già. Raggiunsero la popolarità grazie ad Alice Marble, la campionessa di tennis americana che negli anni Trenta iniziò a sfoggiarli sul campo da gioco. Poi sono arrivati stuoli di pin-up, da Rita Hayworth, divenuta poi famosa con film come Gilda (1946) e La signora di Shanghai (1948) e Betty Grable. Celebre per le sue gambe da ‘urlo’ (pare assicurate per un milione di dollari) e soprannominata per l’appunto The Legs, la Grable s-vestita da invisibili shorts furoreggiava su calendari, cartoline e manifesti vari all’epoca della Seconda guerra mondiale, trasformandosi nell’indispensabile supporto dei sogni proibiti per migliaia di giovanotti al fronte.
HOT PANTS: DA SILVANA MANGANO A SOPHIA LOREN
Da noi la consacrazione di questo indumento sarebbe arrivata nel secondo dopoguerra con una Silvana Mangano appena diciannovenne. In quel capolavoro del neorealismo che è Riso amaro (1949) di Giuseppe De Santis, le sue “calze nere strappate, i pantaloncini stretti a metà coscia, la maglia aderente a modellare il seno di Afrodite della risaia” ha scritto Vasco Pratolini “rivelarono un personaggio e di una bella ragazza fecero, una volta di più un’attrice; ma forse tradirono il suo avvenire, fissarono il tipo”.
Fu così che Silvana divenne la capostipite insuperata di una serie di ‘mondine’ in shorts, dalla Sophia Loren di La donna del fiume (1954) alla Elsa Martinelli di La risaia (1956). Di lì a poco, insieme alla vestaglietta, questi micro pantaloncini si trasformarono in uno degli indumenti prediletti del guardaroba delle protagoniste del neorealismo.
In seguito, in accezione meno ruspante, a renderli una sorta di manifesto di emancipazione ci sono state Brigitte Bardot e Jane Birkin che, passeggiando per le strade di Saint Tropez con i glutei fasciati da microscopici shorts, contribuirono a far cadere i tabù del perbenismo anni Sessanta. Oggi, a differenza di allora, più che un grido di libertà, indossarli non è altro che uno dei tanti ritorni della moda. Da seguire con una certa prudenza perché se la vita non è democratica, la moda lo è ancor meno.