“NESSUN GIORNALISTA HA DA RIDIRE SULLA FURBATA DELLA RACCOLTA FONDI “PER SPESE MEDICHE”, MA I TITOLONI SONO PER LA CATTIVA GIORNALISTA CHE FA DOMANDE” - LA FURIA SELVAGGIA DELLA LUCARELLI CHE REPLICA A MATTEO MARIOTTI, IL RAGAZZO ATTACCATO DALLO SQUALO IN AUSTRALIA CHE L’HA ACCUSATA DI AVERGLI FATTO PIÙ MALE DEL PESCECANE: “COSA GLI HO FATTO? HO PRETESO TRASPARENZA LADDOVE NON C’ERA. MIGLIAIA DI DONATORI AVEVANO GIÀ DONATO “PER SPESE MEDICHE” CONVINTE CHE SENZA I LORO SOLDI QUESTO RAGAZZO, IL CUI PADRE POSSIEDE UNO DEI LOCALI PIÙ NOTI DI PARMA, NON POSSA ESSERE CURATO. ALLA FINE GLI AMICI, DOPO LE MIE DOMANDE, HANNO CHIUSO LA COLLETTA A 62.000 EURO. NEL LORO GRUPPO WHATSAPP SI LAMENTAVANO: “MICA È GIUSTO DARLA VINTA A QUELLA TROIA...”
Estratto dell'articolo di Selvaggia Lucarelli per il "Fatto Quotidiano"
[...] ci si rassegna all’idea che anche le vittime, appunto, abbiano sempre una patente d’innocenza insindacabile. Lo sapeva bene anche Matteo Mariotti, il ragazzo attaccato dallo squalo in Australia che a dicembre, siccome ho osato esprimere perplessità su una raccolta fondi a lui destinata, mi aveva scritto in privato, mentre era ancora in ospedale a Brisbane: “Dammi il tempo di mettermi in forza e spiegherò a tutta l’Italia il male che mi hai fatto. (...) Con me hai sbagliato, vai a rifarti gli zigomi”.
E così ha fatto: non appena è tornato, fiumi di interviste con accuse a me di essere la cattiva che gli ha buttato odio addosso. I fatti pregressi: a metà dicembre Matteo viene aggredito da uno squalo. A Brisbane gli viene amputata metà gamba. Lui, per sua ammissione, ha una assicurazione medica che copre le spese mediche. I suoi amici però aprono subito una raccolta fondi il cui scopo scritto sul sito è “per spese mediche”.
L’obiettivo sono 20 000 euro. Appena raggiuntala cifra alzano il tetto a 50 000. Nel frattempo parte un’altra raccolta parallela in cui viene fornito l’iban della zia di Matteo. Io denuncio pubblicamente la poca trasparenza di questa raccolta, visto che in Australia l’assicurazione copre le spese e in Italia, quando Matteo arriverà, abbiamo la sanità pubblica.
L’amica che ha organizzato la raccolta fondi mi contatta e ammette di non sapere bene di quanti soldi avrà bisogno il suo amico. Ma tanto, dice lei, la gente mica è obbligata a donare. Insomma, confonde il concetto di colletta tra amici e raccolta fondi. Alla fine gli amici, dopo le mie domande, chiudono la colletta a 62 000 euro e nel loro gruppo whatsapp si lamentano perché “mica è giusto darla vinta a quella tr*ia”. Molti mi scrivono insultandomi e minacciandomi.
Matteo, come già detto, mi scrive prima che vuole tanto incontrarmi, poi che me la farà pagare raccontando all’Italia cosa gli ho fatto. Già, cosa gli ho fatto? Ho preteso trasparenza laddove trasparenza non c’era. Migliaia di donatori avevano già donato “per spese mediche” convinte che senza i loro soldi questo ragazzo il cui padre possiede uno dei locali più noti di Parma (ragazzo che nel 2023 aveva già fatto avanti e indietro in l’Italia due volte dall’Australia), non possa essere curato.
[...] In Italia ci sono circa 3.000 persone all’anno che subiscono un’amputazione in seguito a ischemie, incidenti, malattie oncologiche, infezioni. Persone che non aprono raccolte fondi, che contano sul servizio sanitario nazionale, che affrontano le difficoltà senza la stampa a dedicargli titoloni, che devono spesso battersi per avere ciò che gli spetta.
Matteo ieri sorrideva posando tra assessori regionali e il direttore generale dell’ospedale Rizzoli Anselmo Campagna come se si trattasse di un paziente speciale, con una copertura stampa inspiegabile, accusando chi ha osato criticare la finalità opaca della raccolta fondi a lui destinata di essere più feroce dello squalo.
E ovviamente, nessun giornalista ha da ridire sulla furbata della raccolta fondi “per spese mediche”, ma i titoloni sono per la cattiva giornalista che fa domande. [...]