GIAPPONE HORROR – UN TRENTENNE DI TOKIO ACCOLTELLA E UCCIDE 19 DISABILI: "NON HANNO IL DIRITTO DI VIVERE" - L’UOMO E’ STATO CONDANNATO A MORTE ANCHE SE LA DIFESA HA PUNTATO SULLA SUA INFERMITA’ MENTALE LEGATA ALL’UTILIZZO DI MARIJUANA, LUI HA RIVENDICATO DI AVERLO COMPIUTO PER IL BENE DELLA SOCIETÀ GIAPPONESE (CIAO CORE) - VIDEO
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FILIPPO SANTELLI per repubblica.it
Ha accoltellato e ucciso 19 persone con disabilità. Ha spiegato di averlo fatto per il bene della società, perché secondo lui non avevano diritto di vivere. Oggi Satoshi Uematsu, 30 anni, è stato condannato a morte da un tribunale giapponese, ultima parola su uno dei casi di cronaca nera più choccanti della storia recente del Giappone, Paese in cui i crimini violenti contro le persone sono molto rari.
L’omicidio di massa risale al 26 luglio del 2016. Uematsu sale in auto e si dirige verso il centro Tsukui Yamayurien, alla periferia di Tokyo, dove ha lavorato per un periodo. Entra spaccando una finestra e inizia ad accoltellare gli ospiti nei loro letti. Ne uccide 19, tra i 19 e i 70 anni, ne ferisce 25, molti in modo grave. Poi si consegna a una stazione di polizia.
Uematsu non ha mai negato il fatto. In un’intervista al quotidiano Mainichi Shimbun ha anzi rivendicato di averlo compiuto per il bene della società giapponese. Il punto centrale del processo è stata la sua capacità di intendere e di volere. La difesa ha puntato tutto sull’infermità mentale, legata all’utilizzo prolungato di marjuana. Il tribunale però ha dato ragione all’accusa, secondo cui l’uomo era in pieno possesso delle proprie facoltà.
L’attacco al centro disabili ha sollevato un dibattito su come in Giappone vengono trattate le persone con disturbi mentali, problemi a cui è associato un forte stigma sociale. Qualche mese prima dell’attacco l’uomo aveva mandato una lettera al Parlamento giapponese, in cui dichiarava che avrebbe ucciso 470 disabili se fosse stato autorizzato a farlo. A seguito di quella lettera Uematsu era stato ricoverato in ospedale, salvo essere dimesso dopo due settimane.
I legali di Uematsu avevano annunciato prima della sentenza che, in ogni caso, non avrebbero presentato ricorso. In Giappone la pena di morte, eseguita per impiccagione, viene comminata quasi esclusivamente per omicidi plurimi. Lo scorso anno nel Paese sono state giustiziate tre persone.