GIUSEPPE CONTE SCARICA L'AMICO LUCA DI DONNA, INDAGATO DALLA PROCURA DI ROMA PER TRAFFICO DI INFLUENZE ILLECITE: "NON SO NULLA DELLA SUA ATTIVITÀ PROFESSIONALE" - E MARCA UNA DISTANZA ANCHE SULLE ATTIVITA' DEL MOVIMENTO: "NON E' MAI STATO COINVOLTO NELLA STESURA DELLO STATUTO M5S" - MA "LA VERITÀ" LO SMENTISCE: "POSSIAMO CONFERMARE, GRAZIE A FONTI DI PRIMISSIMO LIVELLO ALL'INTERNO DEL M5S, CHE AL PARTO DELLO STATUTO HA PARTECIPATO DI DONNA AFFIANCATO DA UN NOTAIO, IN VESTE DI RAPPRESENTANTE DI CONTE, E GRILLO ERA ARRIVATO A DEFINITE LA PRIMA VERSIONE DELLO STATUTO 'SECENTESCO'"
-Giacomo Amadori per “La Verità”*
*Ha collaborato François de Tonquédec
Giuseppe Conte ha scaricato l'amico indagato Luca Di Donna a tempo di record. Dopo aver appreso dalla Verità che la Procura di Roma sta investigando sul vecchio compagno di studio legale ha velocemente derubricato il collega da intimo a lontano conoscente: «Luca Di Donna non ha mai collaborato con me, non gli ho dato l'incarico da presidente del Consiglio, non so nulla della sua attività professionale» ha giurato l'ex avvocato del popolo che aveva scaricato con la stessa rapidità anche il fu socio di governo Matteo Salvini.
Poi il presidente del M5s ha aggiunto: «C'è un giornale oggi, lo dico perché è autorevole, il Corriere della Sera, che ha scritto che ha collaborato allo statuto del Movimento 5 Stelle e che avrebbe avuto l'incarico di redigere il progetto della scuola di formazione. Assolutamente no, mai, mai convolto in nessuna forma e in nessun modo».
L'autorevole Corriere aveva copiato le notizie da altri giornali, in particolare dalla Verità, ma Conte, pur non citandoci, è stato costretto a fare lo scarica barile. Noi possiamo confermare, grazie a fonti di primissimo livello all'interno del Movimento 5 stelle, che al faticoso parto dello statuto ha partecipato Di Donna affiancato da un notaio, in veste di rappresentante di Conte, mentre Beppe Grillo ha fatto verificare il testo dal nipote Enrico, avvocato genovese.
Durante la stesura ci sono stati anche momenti di tensione e il fondatore del movimento era arrivato a definite la prima versione dello statuto «secentesco», dal momento che attribuiva pieni poteri a Conte. Ieri i frequentatori dello studio Alpa che hanno letto le dichiarazioni dell'ex premier hanno mostrato perplessità nel vedere con quale facilità uno dei due dioscuri del giurista piemontese, Conte appunto, avesse scaricato l'altro in nome di un'ipotetica Ragion di Stato.
Il problema è che anche a Conte deve essere arrivata la notizia della delicatezza dell'inchiesta su Di Donna ed è costretto a parare i colpi in vista di una tornata elettorale che non si annuncia trionfale.
Senza contare che presso la Procura di Roma è ancora aperto un fascicolo (iscritto per bancarotta) sui suoi affari personali, un procedimento legato alle dichiarazioni del faccendiere Piero Amara e in fase, a quanto ci risulta, di archiviazione.
Conte ha negato di essere mai intervenuto a favore di Di Donna, ma di certo, secondo gli inquirenti, coordinati dal procuratore Michele Prestipino e dall'aggiunto Paolo Ielo, l'indagato avrebbe speso il nome dell'ex premier per ottenere incarichi.
A giudizio dei pm, però, lo avrebbe fatto all'insaputa del già primo ministro, tanto che Di Donna è sotto indagine per traffico di influenze illecite. Nel fascicolo, che coinvolge anche altri soggetti, sono contestate ulteriori ipotesi di reato, come la corruzione.
Se Conte fa finta quasi di non conoscerlo, Di Donna non rilascia dichiarazioni ufficiali per difendersi.In passato i due, prima che Giuseppi diventasse presidente del Consiglio, hanno condiviso anche qualche cliente.
Per esempio Raffaele Mincione, oggi imputato in Vaticano per corruzione nella vicenda dell'acquisto di un palazzo londinese. Il lobbista Luigi Bisignani presentò ad Alpa e a Conte il finanziere e questi ottenne dall'attuale presidente dei 5 stelle, per la sua cordata, un parere pro veritate per la scalata a Retelit.
Era il maggio del 2018 e da lì a poco Conte sarebbe diventato premier. La consulenza legale era sul possibile esercizio da parte del governo del golden power nei confronti della società titolare di una rete in fibra ottica e comproprietaria di un cavo internazionale per le telecomunicazioni Europa-Asia.Con Conte a Palazzo Chigi, Mincione e i suoi alleati puntarono al controllo di Banca Carige e chiesero un parere tecnico per sapere se i diritti di voto in assemblea dei pacchetti di azioni riconducibili alla cordata di Mincione potessero essere esercitati oltre il 10 per cento.
Alla fine il gruppo non ha potuto votare con l'eccedenza e ha presentato contro la cordata avversaria (guidata dal finanziere Vittorio Malacalza) un esposto che, però, non ha sortito effetti.In compenso Alpa e Di Donna hanno potuto incassare 78.000 euro (93.600 con l'Iva) a testa, mentre il finanziere per l'«assemblea di Carige» ha dovuto sborsare quasi 600.000 euro.
A pagare gli onorari è stata la Pop 12, la società lussemburghese di Mincione e il «progetto di parcella per consulenza e assistenza stragiudiziale per Pop 12 Sarl nei confronti di Malacalza investimenti e Banca Carige Spa» di Di Donna è finita tra le carte del processo Vaticano, poi trasmesse anche in Italia. All'epoca telefono e mail di Di Donna erano ancora quelli dello studio Alpa. Oggi resta in comune il centralino.
L'inchiesta su Di Donna è partita da una segnalazione di operazione sospetta dell'Antiriciclaggio che ha messo nel mirino un bonifico da 18.200 euro proveniente da una società bulgara produttrice di latte in polvere per neonati, la Ganchev eood eood.
Sempre dalla Bulgaria sarebbero arrivati 685.786 euro dalla Bn Consult, una società di progettistica, per una consulenza non meglio identificata. Anche questo bonifico è stato inserito nella Sos.
Di Donna ha ricevuto importanti consulenze da società partecipate come Enel, Mps, Leonardo e Condotte (da cui ha incassato, considerando anche una controllata, 637.000 euro).Tra i clienti privati del legale ci sono diverse aziende che operano nel settore delle cartolarizzazioni. Altre ditte si occupano di costruzioni marittime e fluviali, bonifiche, raccolta e trasporto di rifiuti, pulizie industriali. Di Donna ha lavorato anche (direttamente e attraverso alcune controllate) con il Sorgente group, di proprietà di Valter Mainetti, editore del quotidiano Il Foglio.