GUALTIERI E L’IDEA DEI FORI "LUNA-PARK" - BAGNI CHIMICI, BARETTI, GAZEBO: IL PIANO OPERATIVO DEL COMUNE DI ROMA PER I FORI IMPERIALI DEGRADA L’AREA ARCHEOLOGICA - IL MESSAGGERO: "UN VILLAGGIO TURISTICO AL CENTRO DELL'URBE, UN LUNA PARK PER STRANIERI IN CUI LA GRANDE BELLEZZA DIVENTA POCO PIÙ DI UN FETICCIO. E' QUESTO CHE SERVE A ROMA, CHE NON HA BISOGNO DI SACRIFICARE IL SUO DINAMISMO AL LOGORO MITO IDEOLOGICO DELLA PEDONALIZZAZIONE INTEGRALE E INTEGRALISTA? IL RISCHIO E' CHE L’ARCHEOLOGIA APPAIA AI CITTADINI COME UN NEMICO..."
-Estratto dell'articolo di Mario Ajello per il Messaggero
Nel mito fondativo di Roma che descrive il suo genio e destino, è molto evidente la rappresentazione della sua funzione come luogo del riscatto e dell'emancipazione per tutti. Roma nasce come città aperta, nel senso letterale del termine perché teneva aperte le Porte del Campidoglio.
Il Centro Archeologico Monumentale - questo il nome magniloquente del Piano Operativo approvato dal Comune per l'area dei Fori, del Colosseo e di tutta la zona tra Colle Oppio, Celio, Palatino, Circo Massimo, Aventino: un vero e proprio stravolgimento dell'assetto urbano della Capitale - al di là degli intenti dichiarati di nuovo collegamento della città alla sua storia è l'opposto rispetto al concetto di apertura.
Scarica sui quartieri limitrofi il peso di una forzatura ideologica. Chiude un'area e anche tutta l'area circostante. Riduce l'agibilità pubblica della metropoli, facendo mostra di volerla aumentare.
VILLAGGIO Finisce per favorire chi a Roma magari ci viene per qualche ora, e spesso spendendo poco, piuttosto che chi a Roma ci vive, ci lavora e ci si deve muovere. Un villaggio turistico al centro dell'Urbe, un luna park per stranieri in cui la Grande Bellezza diventa poco più di un feticcio. E' questo che serve a Roma che avrebbe ben altre potenzialità per partecipare alla competizione, anche turistica, tra le grandi metropoli del mondo e non ha bisogno di sacrificare il suo dinamismo al logoro mito ideologico della pedonalizzazione integrale e integralista?
Nel Piano Operativo 2025-2027 per i Fori - il documento che illustra questa trasformazione - si condensano sociologismo, pseudo-ambientalismo, populismo turistico e la concezione di una città che sia un villaggio vacanze per visitatori globali, a base di vision and sound, a dispetto della fruibilità e della funzionalità generale di una Capitale che nella storia ha la sua forza e la sua proiezione futura e non può e non deve trattarla con leggerezza.
Giocando con i suoi simboli e i suoi tesori e degradando a luogo attrezzato, o a non-luogo, l'area archeologica del Foro Romano e del Colosseo, lì dove c'è l'ombelico della nostra civiltà, con tanto di passerelle e di pergolati; di baretti, di gazebo e di spettacolini; di installazioni d'arte contemporanea (prevalenza arte povera, graffitismo metropolitano o neo-realismo da periferia trendy?) e di ciclabili; di «spazi d'aggregazione per i giovani e per i giochi dei bambini» più tutto il digitale possibile in quella che è per eccellenza la materializzazione della storia che si tocca fisicamente dove il marmo è la pietrificazione (dinamica) di ciò che siamo stati e che, evitando auto-degradazioni moderecce e smemorate, possiamo continuare ad essere sempre di più e meglio.
FUMETTI E' come se la cultura dell'happening, dello stare insieme come in una spiaggia (attrezzata, appunto), dell'immergersi nel passato come in un fumetto o in un pretesto, dell'imitazione del mainstream pseudoculturale e internazionale, venisse calata sui Fori Imperiali. Questo il rischio racchiuso nel progetto. Che sottintende l'abolizione di fatto di via dei Fori Imperiali. Gli ideologi dell'urbanistica capitolina non hanno mai perdonato a Mussolini quell'idea diventata a sua volta storia e realtà cittadina e la cancel culture o la damnatio memoriae non sembra l'approccio più democratico alla questione. «Nonostante il nome esibito - così si legge nel Piano, tutto improntato alla «reinterpretazione contemporanea del passato» - la via dei Fori Imperiali impedisce la piena rivelazione dei Fori e invece di valorizzarli li ingabbia in invasi che sembrano crolli del pavimento della città moderna».
E' vero esattamente l'opposto.
Così come non trova riscontro effettivo un altro passaggio del testo: «La struttura imponente di questa strada, sovradimensionata e ormai inutile alla viabilità, oscura parti rilevanti dei Fori, in particolare quelli di Cesare, di Nerva e del Tempio della Pace».
Stiamo parlando dell'area archeologica che tutto il mondo ci invidia, e ci si riduce a polemizzare sulla necessaria «riduzione della carreggiata di via dei Fori Imperiali» e lanciare trovate come quella, considerata il fiore all'occhiello del nuovo piano, delle «Piazze contemporanee dei Fori»: «Zone attrezzate con installazioni e architetture temporanee, con lo scopo di creare un insieme di piccole piazze che sfumano una nell'altra e si affacciano sull'area storica mitigando l'immagine della vecchia strada di scorrimento». Definita sprezzantemente, dai nuovi-vecchi urbanisti, «un'autostrada che giganteggia a sei corsie nel cuore dell'area tra il Colosseo e piazza Venezia, larga come il Grande Raccordo Anulare». Ma che esagerazione. E c'è di più.
Gran parte della zona circostante, per esempio via Cavour curiosamente ribattezzata Cavour Promenade, nel progetto dovrà diventare semi-pedonale e così gran parte delle vie intorno e sull'altro versante, per esempio via dei Cerchi. Privando così Roma della sua mobilità, per dare ai turisti un parco a tema slegato dal tessuto urbano. Questo sfregio alla vivibilità per i cittadini viene fatto passare per valorizzazione e rilancio storico. Anzi, per «reincanto dei romani verso la città antica».
Reincanto? Ma nessuno degli estensori del Piano Operativo è a conoscenza di quanto sostenne un celebre antichista una delle tante volte in cui si prospettò la chiusura integrale-integralista dell'area dei Fori? Stiamo parlando di Andrea Carandini, il quale ha detto: «Io ho paura che, chiudendo tutto perché così vuole l'homo ideologicus e non l'homo sapiens, i cittadini di Roma che ogni giorno la vivono e ci lavorano possano dire a se stessi: qual è il mio peggior nemico? E' l'archeologia!».
C'è dunque il rischio che il Centro Archeologico Monumentale, anche se si promettono nuovi scavi, nuove scoperte e soprattutto «la riscoperta, il potenziamento e la reinvenzione di relazioni visive, funzionali ed ecologiche rispetto alle antichità», non aiuti la conoscenza ma il rifiuto della cultura. Una eterogenesi dei fini.
ARCHEO-TRAM In più, c'è l'archeo-tram. «Si attiverà una nuova linea tranviaria che connetterà quasi tutti i luoghi di Roma antica: Piramide, Circo Massimo, Terme di Caracalla, e Appia Antica». Connessa con i nuovi percorsi «ciclo-pedonali» che si estenderanno verso il Celio, il Palatino e un po' dovunque. Forse archeo-tram è la definizione giusta per quella che sembra una innovazione e invece è un reperto del passato.
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