GUARDATE QUESTO BEN DI DIO – LA STRAORDINARIA FOTO DI MARIO DE BIASI, INTITOLATA “GLI ITALIANI SI VOLTANO”, IN CUI UNA GIOVANISSIMA MOIRA ORFEI AVANZA, CON DISINVOLTURA, VERSO UN MURO DI UOMINI CHE NON LE SCOLLANO GLI OCCHI DI DOSSO - OGGI UN'IMMAGINE COSI', A CAUSA DELLO SPIRITO DEL TEMPO, NON SI POTREBBE PIÙ DIFFONDERE SENZA UN MILIARDO DI POLEMICHE INUTILI - EPPURE NELLA FOTO UNA RAGAZZA DI 23 ANNI AVANZAVA FIERA, FOTTENDOSENE DEGLI SGUARDI ORMONALI DI UN GRUPPO DI MANDRILLI (E PURE DEL CAT CALLING)
-Maria Luisa Agnese per il "Corriere della Sera"
Saranno una quarantina di uomini, ottanta occhi che guardano verso quella ragazza di forme sontuose che incede verso di loro, tutti maschi in grigio, con al centro quella macchia bianca di fiera bellezza ripresa di schiena e pochi altri elementi di contorno, una lambretta, la ruota di una bicicletta e l'insegna Zucca a far capire che siamo sulla soglia della Galleria Vittorio Emanuele nella Milano di metà anni Cinquanta, ai tempi del pre boom economico.
Quella di Mario De Biasi è una fotografia che va famosa nel mondo con il titolo Gli italiani si voltano e che oggi non si potrebbe scattare o perlomeno se si scattasse sarebbe accolta da tali e tante polemiche che sarebbe bollata come atto ultra politicamente scorretto, invece di finire come è finita anni dopo in mostra al museo Guggenheim di New York scelta da Germano Celant come manifesto per la sua mostra «The Italian Metamorphosis 1943-1968», per raccontare proprio un mondo ormai in dissolvenza.
Le fotografie rappresentano quasi plasticamente lo spirito del tempo e vanno incorniciate nel loro periodo e non giudicate a posteriori, anche perché come in questo caso ci aiutano - cogliendo il loro impatto generale in un primo tempo e poi andando a fondo ad esaminarne i dettagli - a ricostruire la storia materiale del momento, facendole interagire con quello che viene tramandato dalla tradizione orale. Perlomeno quando sono foto alfa come questa del fotografo De Biasi che è stato una specie di rabdomante della sua contemporaneità, un occhio presentissimo nei grandi avvenimenti della storia come negli eventi sociali. Fra gli inviati di punta della rivista Epoca , ai tempi fiore all'occhiello del parterre Mondadori, ha fatto reportage dal mondo (tra gli altri quello sulla rivolta d'Ungheria del 1956), e ha fotografato personalità come Marlene Dietrich, Brigitte Bardot, Sophia Loren.
Gente famosa, rivoluzioni, luoghi sconosciuti, con la macchina fotografica come protesi o meglio parte della sua anatomia, un terzo occhio sempre con sé. Questa immagine ormai iconica e parte del corpus della nostra memoria collettiva di cui parliamo in questa pagina si è presentata davanti all'obiettivo di De Biasi alla fine di una giornata spesa dal fotografo in giro per il centro di Milano, da Piazza San Babila alla Galleria, in compagnia di una bella ragazza che gli faceva da testimonial per un servizio che era stato commissionato dal settimanale Bolero Film.
La fanciulla si chiamava Moira Orfei era una trapezista acrobata di 23 anni della grande famiglia di artisti del circo, ancora sconosciuta (non ancora lì attrice famosa che sarebbe diventata musa per Fellini e Pietro Germi, anche se qualcuno già preveggente quel giorno le chiese l'autografo) che corrispondeva ai canoni della bellezza del tempo e incedeva con una sua libera fierezza mentre si accingeva ad affrontare quel muro di sguardi maschili, una scena da paesino del Sud alla Malena, e invece eravamo nel cuore della Milano del 1954 che già si avviava a diventare forza trainante del boom dell'Italia post bellica.
Che sguardo avrà avuto la fanciulla, vista da davanti? ci si potrebbe chiedere. E la risposta è nell'immagine speculare sempre scattata da De Biasi in cui Moira si allontana con sguardo noncurante. «Il fotografo gioca allegramente con la situazione sociale e il cliché dell'occhiata torbida del maschio italico, e lo fa con una composizione che abbonda di curve» ha notato non senza britannico humour il sito Vintage everyday . «La ruota della bici, i paraurti dello scooter, le teste degli uomini, la camminata basculante della donna; persino l'insegna Zucca evoca le curve (quasi ) in ogni lettera, e in italiano ha doppio significato, l'ortaggio e la testa vuota».
Sul cliché del periodo Gli italiani si voltano si era performato poco tempo prima un regista come Alberto Lattuada, girando proprio con questo titolo un episodio del film-inchiesta a più mani L'amore in città , ideato da Cesare Zavattini nel 1953. Lattuada, che di sguardi maschili e bellezza femminile se ne intendeva parecchio, aveva scoperto negli anni Carla Del Poggio (poi sua moglie), Catherine Spaak, Valeria Moriconi, Dalila Di Lazzaro, Nastassja Kinski, Clio Goldsmith, Barbara De Rossi. Nel suo episodio Lattuada fa scendere e salire per le strade di Roma un piccolo esercito di donne di forme fastose, maggiorate del tempo seguite da rapaci sguardi maschili che oggi, invece di essere accarezzati dalla macchina da presa, non sarebbero neppure contemplati. Ma anche qui le protagoniste non sono imbarazzate ma sempre accompagnate da una certa aria di lungimirante indipendenza. Come la giovane Moira Orfei.