A GUIDARE LA BABY GANG CHE HA UCCISO CRISTIAN MARTINELLI, IL 34ENNE MASSACRATO A BOTTE E SPRANGATE UN MESE FA A CASALE MONFERRATO, C'ERA UNA RAGAZZA DI 21 ANNI - DOPO L’ARRESTO DEL 20ENNE MOLDAVO NICOLAE CAPSTRIMB, SONO STATI FERMATI DUE FRATELLI DI 16 E 18 ANNI - LA PISCHELLA, FINITA AI DOMICILIARI, ERA LA PIU' SPIETATA DI TUTTI: FU LEI A DARE IL SEGNALE PER ACCERCHIARE E COLPIRE MARTINELLI, AIZZANDO IL GRUPPO E CONTROLLANDO CHE NESSUNO "DISTURBASSE"
-Adelia Pantano per “la Stampa”
Violenti e spietati, tanto da tenere ferma la vittima per colpirla meglio, mentre la massacravano a botte e sprangate. E poi in lacrime come dei bambini (e alcuni sono davvero poco più che bambini, uno è minorenne), in caserma, quando si sono trovati di fronte a quello che avevano fatto, soli davanti ai carabinieri, senza più la forza e la spavalderia che il branco dava loro.
Un mese dopo la brutale azione nella stazione di Casale Monferrato che ha ucciso Cristian Martinelli, 34 anni, il cerchio si è chiuso intorno al gruppo di ragazzi accusati di omicidio preterintenzionale aggravato dai futili motivi e dalla rapina. Il primo fermo avvenne pochi giorni dopo l’omicidio (in carcere un ragazzo di 20 anni), ora sono stati arrestati due fratelli di 16 e 18 anni, mentre una ragazza di 21 anni è ai domiciliari e un altro di 18 ha una misura più lieve, l’obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria.
I testimoni e le telecamere attive nella zona hanno portato i carabinieri di Alessandria e di Casale a individuarli. Le indagini erano partite dal racconto stesso della vittima: Cristian in ospedale era riuscito a raccontare l’accaduto, prima di perdere i sensi e non risvegliarsi più. Quei ragazzini lo assillavano da tempo. Quando un mese fa se li è ritrovati davanti, lui indossava gli occhiali Versace, a cui teneva molto, non solo per la griffe, ma perché li aveva scelti con la mamma e avevano un enorme valore affettivo.
«La vittima di quella violenza poteva essere chiunque», racconta il colonnello dei carabinieri Giuseppe Di Fonzo. Cristian aveva implorato di lasciarlo in pace, rivolgendosi all’unica ragazza del gruppo, che invece era la più spietata e determinata.
«Questi sono i miei fratelli», la risposta della giovane che diede il segnale agli altri. La vittima accerchiata e colpita con calci e pugni, pure con una spranga mentre lei da dietro aizzava i compagni e allo stesso tempo controllava la situazione intorno, con sguardi minacciosi verso chi provasse a intervenire in soccorso dell’aggredito.
Cristian morì domenica 16 ottobre nell’ospedale di Casale. Il giorno dopo sarebbe stato il suo compleanno. «È stata una boccata d'ossigeno la chiamata dei carabinieri» dice la sorella Valentina -. Ora però la Giustizia deve continuare a fare il suo corso. So che i tempi saranno lunghi e che nessuno ci potrà restituire Cristian, ma noi vogliamo che chi ha sbagliato paghi».
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