SU ILVA STIAMO DANDO I NUMERI – L’ACCORDO TRA IL GOVERNO E GLI INDIANI DI MITTAL VALE UN MILIARDO. ANZI NO, 400 MILIONI. MACCHÉ, CI FANNO LO SCONTO: 250! – SUI GIORNALI C’È GRAN CONFUSIONE INTORNO AL “DIVORZIO CONSENSUALE” TRA LO STATO E MITTAL PER L’ACCIAERIA DI TARANTO. QUEL CHE È CERTO È CHE ARCELOR, UNA VOLTA OTTENUTO IL MALLOPPO, SE NE ANDRÀ A INVESTIRE IN MERCATI PIÙ REDDITIZI: GIÀ PRONTO UN ACCORDO CON LA FRANCIA PER UN INVESTIMENTO DA 1,8 MILIARDI (A SETTEMBRE NE HANNO STRACCIATO CHE VALEVA IL DOPPIO CON L’ITALIA)
-1 - EX ILVA, DIVORZIO DA UN MILIARDO DI EURO TRE GIORNI DI TEMPO PER TROVARE UN'INTESA
Estratto dell’articolo di Gilda Ferrari per “la Stampa”
Meno di una settimana per trovare un accordo su oltre un miliardo di risorse e agevolazioni. È una sfida difficile quella che Invitalia e ArcelorMittal affrontano in queste ore. I due soci di Acciaierie d'Italia cercano un'intesa per un divorzio consensuale, un traguardo ambìto da entrambi. Evitare il contenzioso legale che un ricorso all'amministrazione straordinaria comporterebbe serve al socio pubblico per imbarcare più rapidamente un nuovo partner privato, ma torna utile anche al colosso franco-indiano per archiviare il dossier senza pericolose zavorre sui mercati finanziari (ArcelorMittal è quotata).
[…] Secondo fonti vicine ai legali, sul tavolo ci sono risorse e agevolazioni per oltre 1,4 miliardi di euro: secondo Mittal promesse dal socio pubblico ma erogate solo in parte, secondo il socio pubblico puntualmente erogate laddove erano dovute. Le misure sarebbero state concordate con Invitalia in due momenti diversi: nel dicembre 2020 in occasione dell'ingresso dell'Agenzia nazionale in AdI e nel maggio 2022, quando fu prorogata al maggio 2024 l'acquisizione degli asset che Acciaierie d'Italia avrebbe dovuto perfezionare da Ilva in As.
Se i 308 milioni di euro di certificati CO2 concordati nel 2020 sono stati erogati, lo stesso non sarebbe successo per i 140 milioni di certificati bianchi e i 19 milioni di quelli legati al forno elettrico. […] Ci sono voci, come i contratti di sviluppo, rispetto alle quali il socio privato lamenta la mancata erogazione, mentre il pubblico sostiene l'assenza di requisiti per l'erogazione.
[…] Contestata anche la mancata erogazione di 100 milioni del Just Transition Funds concordati nel 2022 e 30 milioni di prestiti. Secondo fonti vicine ai legali, il socio privato rivendicherebbe 899 milioni di euro tra risorse e agevolazioni concordate nel 2020 (erogate solo per 356 milioni) e 510 milioni concordate nel maggio del 2022.
Altri contenziosi riguarderebbero ArcelorMittal e Ilva in As: dai rimborsi per decontaminazioni non pagate (secondo i commissari non dovuti) a diritti di CO2 che Ilva in As si sarebbe venduta (secondo Mittal dopo la due diligence, secondo Ilva prima). Il governo è intanto alla ricerca di un nuovo partner privato, Arvedi e Vulcan Green Steel restano i principali indiziati. La ricerca del nuovo ad che sostituirà Lucia Morselli, invece, non è ancora entrata nel vivo: il socio pubblico potrebbe optare per una soluzione interna transitoria.
2 - MITTAL SCOPRE LE CARTE DEL GOVERNO 400 MILIONI PER USCIRE DALL’EX ILVA
Estratto dell’articolo di Giovanni Pons per “la Repubblica”
Come in una partita a poker, ora il gruppo indiano Mittal va a vedere le carte dell’avversario, per scoprire se c’è gioco o se è un bluff. In palio c’è la più grande acciaieria d’Europa, l’ex Ilva, che da circa tre anni vede i suoi due soci, il gruppo franco indiano ArcelorMittal e l’agenzia di Stato Invitalia, battagliare sui soldi che servono per rilanciare il polo produttivo.
Nell’ultima riunione dell’8 gennaio, che doveva essere risolutiva, il governo italiano ha chiesto per sé la maggioranza del gruppo; ma voleva che ArcelorMittal fosse ridotta a ruota di scorta, in minoranza e senza neanche un posto in cda. E Adytia Mittal, ceo del conglomerato dell’acciaio, ha detto no.
Quindi si è passati alla fase due: il ministro Adolfo Urso ha messo al bando gli indiani compiacendo i sindacati e minacciando il commissariamento di Acciaierie d’Italia. Ma per escludere Mittal dall’azionariato occorre comprargli le quote e così è stata fatta trapelare l’idea che le due parti stiano cercando una soluzione consensuale, per evitare lunghi contenziosi legali.
Secondo questo schema, Invitalia con i soldi del Mef dovrebbe comprare il 40% di Acciaierie d’Italia che sarà in mano a Mittal dopo la conversione in capitale dei 680 milioni che lo Stato ha versato a inizio 2023. E a questo punto, […] Adytia Mittal ha detto «vedo »: fateci una buona offerta e ce ne andiamo. Anzi, i suoi avvocati hanno detto alla controparte che in questa trattativa non saranno esosi, potrebbero anche fare uno sconto […].
[…] Il numero che ha in testa Mittal per il suo 40% è di circa 400 milioni, anche qualcosa di meno. Come viene fuori questa cifra? La base di riferimento è la valutazione della società fatta da Enrico Laghi e verificata da Kpmg alla fine del 2020, in occasione dell’ingresso di Invitalia.
Il valore dell’equity a quella data era 1,050 miliardi. L’azienda veniva da due anni duri, il 2019 e il 2020 pandemico, con perdite cumulate per 1,1 miliardi che erano andate ad abbattere gli 1,8 miliardi che Mittal aveva versato nella società nel 2018 dopo aver vinto la gara contro la Cdp, l’indiana Jindal e Leonardo Del Vecchio.
A fine 2020 il patrimonio netto era così sceso a 731 milioni. Ma subito dopo è risalito grazie ai 400 milioni versati in aumento di capitale da Invitalia (per il suo 38%) e per i 325 milioni di utili realizzati nel 2021, l’anno della forte ripresa dopo il Covid. Nel 2022 le vendite sono salite, ma l’impennata dei prezzi dell’energia - per la guerra in Ucraina - ha gonfiato i costi e così l’utile si è ridotto a 85 milioni.
A fine 2022 il patrimonio netto di Acciaierie d’Italia era comunque risalito a 1,5 miliardi, con un debito finanziario di soli 200 milioni perché la società senza la proprietà degli impianti non è bancabile. Nel frattempo, ad agosto 2023, l’azienda ha terminato i 2 miliardi di investimenti per l’ambientalizzazione che sicuramente l’hanno valorizzata, anche se mancano altri 2 miliardi per la decarbonizzazione degli impianti, il tema su cui si è consumato lo scontro tra i due soci.
Ora tocca al governo Meloni e a Giancarlo Giorgetti, titolare del Mef, capire se allo Stato conviene pagare 400 milioni a Mittal, altri 3-400 milioni da immettere nell’azienda per rilanciare la produzione e circa 950 milioni per ricomprare gli impianti. Considerando che 700 milioni dovrebbero tornare indietro, in quanto prestiti che il Mef aveva versato al primo commissariamento. Così facendo eviterebbe un secondo commissariamento, che metterebbe in ginocchio fornitori e indotto.
3. DIVORZIO DA 250 MILIONI PER MITTAL: ADDIO ALL’EX ILVA, INVESTE IN FRANCIA
Michelangelo Borrillo per il “Corriere della Sera”
Il governo ha deciso che ArcelorMittal dovrà uscire dall’ex Ilva e il gruppo franco-indiano non farà barricate. Se l’uscita «morbida» del socio privato da Acciaierie d’Italia è ovviamente quella preferita dal governo, anche ArcelorMittal si sarebbe convinta che un lungo contenzioso legale non converrebbe a nessuno (tanto meno l’amministrazione straordinaria con impatto negativo su fornitori e indotto).
E anche sull’indennizzo da richiedere, i franco-indiani — secondo quanto riferito da fonti vicine alle negoziazioni — non faranno problemi di prezzo. Potrebbero accontentarsi di una «buonuscita» scontata del 30-40%: basterebbero 300 milioni, probabilmente anche 250, per chiudere consensualmente la partita, a fronte di un valore contabile di circa 420 milioni (il 40% della valutazione della società al momento dell’ingresso di Invitalia nel 2020).
Attualmente ArcelorMittal detiene il 62% di Acciaierie d’Italia e Invitalia il 38%. Ma il veicolo pubblico è destinato a salire al 60% (e il socio privato a diluirsi al 40%, da cui la valutazione contabile di 420 milioni) con la conversione del prestito obbligazionario da 680 milioni di un anno fa.
ArcelorMittal, quindi, si accontenterebbe di un indennizzo scontato, a patto che arrivi subito. E il tempo è l’altra variabile, insieme al prezzo, della trattativa tra i legali di Invitalia e ArcelorMittal. Per mettere a disposizione i 250-300 milioni, Invitalia dovrà avere il via libera del ministero dell’Economia: scontato (stando alle dichiarazioni rilasciate a più riprese dal ministro Giancarlo Giorgetti), ma comunque non immediato.
E se da una parte il governo […] ha fissato come data limite per la trattativa il 17 gennaio, dall’altra se sarà necessario qualche giorno in più non sarà un piccolo slittamento della deadline a far saltare l’intesa. A quel punto inizierà il lavoro più difficile del governo: reperire subito i 320 milioni che servono per le materie prime e per far ripartire la macchina; individuare la nuova guida dell’azienda in sostituzione dell’ad Lucia Morselli; ricercare il partner industriale (Arvedi è in prima fila).
ArcelorMittal, dal suo canto, dirà addio all’Italia, così come auspicato da governo e sindacati. E si concentrerà su altri investimenti, come quello annunciato ieri dal ministro francese dell’Economia Bruno Le Maire: ArcelorMittal decarbonizzerà l’acciaieria di Dunkerque con un investimento da 1,8 miliardi sostenuto dallo Stato francese fino a 850 milioni. Notizia che ha destato sorpresa e critica negli ambienti industriali e sindacali tarantini «perché Mittal sceglie di investire all’estero e non in Italia».
Eppure lo scorso 11 settembre il ministro Raffaele Fitto aveva sottoscritto con Arcelor un memorandum of understanding molto simile a quello francese con cifre più importanti: investimenti per 4,62 miliardi, di cui 2,27 provenienti da fondi pubblici. Ma l’intesa non piacque né a Invitalia né al collega di governo Adolfo Urso. E così quel memorandum è diventato carta straccia: i notai ratificheranno solo un divorzio.