INFERNO INDIA – LA TREMENDA SECONDA ONDATA DI COVID NEL PAESE CONTINUA A FARE VITTIME: IERI CI SONO STATI 2.767 MORTI E 350MILA NUOVI CONTAGI – NELLA CAPITALE NEW DELHI MUORE UNA PERSONA OGNI QUATTRO MINUTI, I CORPI VENGONO BRUCIATI PER STRADA E NEGLI OSPEDALI È FINITO L’OSSIGENO
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1 - COVID: INDIA, 350MILA NUOVI CASI E RECORD DI VITTIME
(ANSA) - ROMA, 25 APR - Continua a crescere la curva dell'epidemia di Covid in India, che ha stabilito il quarto record consecutivo per contagi quotidiani. Nelle ultime 24 ore sono stati 349.691, portando il totale a 16,96 milioni, rende noto Sky News. I decessi in un giorno sono stati 2.767, il numero più alto finora. Le vittime totali sono 192.311. Nella capitale New Delhi muore una persona ogni quattro minuti ed è un dramma anche la sepoltura, tanto che molti corpi vengono bruciati in strada.
2 - COVID: NEW DELHI ESTENDE IL LOCKDOWN, 'NON C'È TREGUA'
(ANSA-AFP) - NEW DELHI, 25 APR - New Delhi estenderà il lockdown di una settimana, vista la drammatica situazione sul fronte dell'epidemia di Covid in tutta l'India. "Non c'è tregua, la devastazione del coronavirus continua", ha spiegato il primo ministro del territorio di Delhi, Arvind Kejriwal, assicurando che "tutti sono favorevoli a prorogare il blocco".
3 - INDIA SENZA OSSIGENO
Carlo Pizzati per “La Stampa”
«Mamma, mamma, continua a respirare. Non ti succederà niente se continui a respirare». Il figlio esce dall'automobile dove giace la madre, in attesa di trovare un letto d'ospedale. E scoppia a piangere. «Sono qui da stamattina», dice un altro figlio disperato, «mi hanno detto di accompagnare mia madre e aspettare. Non è venuto nessuno. Non c'è più ossigeno, né medicine».
L'India è un Paese a cui manca l'aria. Nella capitale il sistema ospedaliero è al collasso, così come nel Maharastra e nel Gujarat a ovest, nell'Haryana a nord e nel Madhya Pradesh in India centrale. In Uttar Pradesh, come anche a Delhi, gli ospedali affiggono cartelli con scritto: «Ossigeno esaurito. Non si accettano pazienti».
Questa tremenda seconda ondata di Covid-19 che ha visto un record mondiale di un milione di contagi in tre giorni (e solo ieri oltre 800mila) ha colto di sorpresa una nazione immensa che aveva abbassato la guardia perché a febbraio contabilizzava «solo» 11 mila nuove infezioni al giorno e si crogiolava nelle riaperture, nei comizi elettorali sovraffollati, nelle feste a Goa, nei raduni religiosi della Kumbh Mela, negli stadi di cricket, nei cinema. E ora paga caro.
«Mio marito è in condizioni gravissime, lasciatemi passare» dice, all'entrata di un ospedale di Delhi, una sessantenne che trascina da sola la barella con sopra il marito seminudo. La bloccano. Niente ossigeno, niente letti. «Dottore, la prego, dia un'occhiata a mia madre», urla un altro dal cortile verso la porta del pronto soccorso, e scoppia a piangere.
Un medico s' impietosisce e visita una paziente parcheggiata in un'ambulanza con le porte aperte. «Brutte notizie», dice uscendo, mentre il marito della vittima geme di dolore. Nella terapia intensiva all'Holy Family Hospital, il dottor Sumit Ray arringa la sua squadra, scioccata dal vedere pazienti che muoiono nelle barelle del parcheggio. «Stiamo finendo l'ossigeno. L'intero Paese sta finendo l'ossigeno. È così per la città, per l'ospedale, per tutti. Voi ve la state cavando benissimo. Ma se finisce l'ossigeno non c'è margine di speranza per molti pazienti. Moriranno».
Al Jaipur Golden Hospital, 20 morti per mancanza di ossigeno. Le scorte dovevano arrivare alle 17, sono arrivate a mezzanotte. È bastato a fare una strage. Al Sri Gangam Hospital di Delhi, altri 25 morti per carenza di ossigeno. E la lista continua in altri Stati. Le scene nei parcheggi degli ospedali sono uguali. I più fortunati restano in auto, attaccati a una bombola, sperando che non finisca, condividendola con qualcuno nell'auto accanto, in questi improvvisati drive in, sperando si trovi un posto letto.
E se si trova, rischi di dover condividere una brandina con uno sconosciuto, a succhiare vita da un respiratore. Sui social media tantissimi scrivono le loro disperate richieste. Cercasi valvola per misurare l'ossigeno, bombole, ventilatori. È una società allo sbando, dove la salute pubblica è venuta a mancare, considerando che in questi anni si è investito appena l'1% del Pil per le strutture mediche.
Venerdì sera, dopo che la Corte Suprema gli ha imposto di presentare un piano nazionale per la fornitura di ossigeno, medicinali, ventilatori e vaccinazioni (solo il 10 % della popolazione ha ricevuto la prima dose in India, il più grande produttore di vaccini al mondo), il premier Narendra Modi ha finalmente affrontato il tema, togliendo i dazi all'ossigeno e alle importazioni di vaccini.
E ha delegato le decisioni sul lockdown ai governatori locali. Arvind Kejriwal, governatore di Delhi, ha implorato i colleghi: «Mandateci ossigeno». L'aviazione indiana sta trasportando interi impianti per l'ossigeno dalla Germania. Partono gli "Oxygen Express" vagoni di treni che trasportano 30mila litri di ossigeno confiscati dalle acciaierie, mentre nelle autostrade sfrecciano convogli di autobotti con la scorta.
Una fabbrica di ossigeno di Hyderabad ha assunto squadre di buttafuori per difendere le scorte dagli assalti. Ci sono cremazioni di massa all'aperto in molti Stati, improvvisati in ampi cortili, sui marciapiedi, nei parcheggi. Ed è qui che si scopre che i numeri vengono falsati. Ad Ahmedabad, capitale del Gujarat, il crematorio brucia 24 ore al giorno, come una fabbrica che non chiude mai.
«Mai visto così tanti morti», ammette Suresh Bhai, incaricato di documentare le cause dei decessi. «Ma non scrivo "Covid", scrivo sempre "malattia" perché me l'hanno ordinato i miei capi». Così è anche a Bhopal, a Chhattisgarh e in tanti altri crematori che tingono di nero i cieli di un'India cui manca l'aria. Ed è così a Delhi, dove Rohit deve costruirsi da solo la pira per la madre Deepika. «È triste vederla andar via a 59 anni. Era appena andata in pensione e sperava di passare degli anni felici con noi. Adesso è lì».