INSOMMA SE LE DONNE NON FANNO PIU' FIGLI E' COLPA DI TUTTI, TRANNE DELLE DONNE - MIRELLA SERRI SULLA DENATALITÀ IN ITALIA: “L'ITALIA SOFFRE DI UNA PATOLOGIA CHE NASCE DALLA DIFFERENZA TRA IL NUMERO DI FIGLI DESIDERATI E LA FECONDITÀ REALIZZATA. IL “FERTILITY GAP” NELL'ITALIA ESPRIME LA RIVOLTA DELLE DONNE CONTRO STATO E STRUTTURE CHE NON SONO IN GRADO DI SOSTENERLE NELLA MATERNITÀ, I CONTRATTI A SCADENZA, LE CARRIERE LENTE, I BASSI STIPENDI. E ANCHE IL MODELLO FAMILIARE PATRIARCALE. E' UNA PROTESTA CHE..."

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CALO NASCITE

Mirella Serri per “la Stampa”

 

Donne all'assalto. La più recente protesta femminile si esprime con modalità peculiari.

Addio al Novecento, addio alle piazze piene e alle manifestazioni vocianti. Oggi un silenzioso esercito di donne esibisce il proprio disagio per le discriminazioni, per il gender gap e per la precarietà del lavoro in maniera tacita mentre si sottrae ai diktat imperanti. Non è una notizia recente e tanto meno sorprendente ma pance tonde e gravidanze scarseggiano e il numero di figli per donna in Italia è attualmente inferiore a 1,3.

 

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Siamo tra le nazioni a "lowest low fertility", ovvero abbiamo l'indice di fecondità al minimo storico. Si omologano persino gli stranieri: stando agli ultimi dati Istat, gli emigrati che si stabiliscono in Italia abbandonano gli stili di vita fondati sulla prole numerosa e tirano in barca i remi della riproduzione.

 

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Però il più recente rapporto tra gli italiani e la fertilità ci riserva parecchie sorprese, come ci spiega Alessandra Minello in Non è un paese per madri. L'Italia è molto diversa dalle altre nazioni europee: gli abitanti della penisola non hanno rinunciato per nulla all'idea della famiglia numerosa. Al contrario. L'Italia soffre di una patologia particolare, chiamiamola in questo modo, che nasce dal fertility gap, dalla differenza tra il numero di figli desiderati e la fecondità realizzata. 

 

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Già, proprio così. Come risulta dall'ultimissima indagine Istat, Famiglie, soggetti sociali e ciclo di vita, oltre la metà degli italiani sarebbe felice di avere due figli, quasi un quarto vorrebbe averne tre o anche più, mentre è assai ridotta (5,6 per cento) la quota di quanti si accontentano del figlio unico. I rilievi statistici ci dicono che il 41 per cento di chi ha già un primo figlio ambisce ad averne un altro. Ma ci informa pure che questa aspirazione è sempre più destinata a rimanere tale.

GRAVIDANZA

 

Il fertility gap nell'Italia esprime la rivolta delle donne contro Stato e strutture che non sono in grado di sostenerle nella maternità. Le childfree, le fanciulle che escludono drasticamente l'orizzonte della procreazione, da noi sono una minoranza, vanno dai 18 ai 24 anni, hanno un titolo di laurea e il loro numero diminuisce con l'aumentare dell'età.

 

Mentre abbiamo la più alta percentuale d'Europa di signorine che partoriscono il primo figlio oltre i quarant' anni. La protesta che si esprime nel fertility gap ha i connotati di un orizzonte che si sposta sempre più in là: le coppie rimandano la nascita del primo figlio e lo fanno tanto a lungo da arrivare a non realizzarla mai. Sono in crescita le appartenenti al gentil sesso che raggiungono la fine della loro età riproduttiva senza figli e le famiglie con il figlio unico. 

 

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Il sogno di un pargolo destinato a restare un'ambizione dipende da molteplici fattori di natura economica, psicologica ed esistenziale: nutriamo, per esempio, aspettative assai alte nei confronti del benessere che vogliamo garantire alla prole. Viviamo così immersi nello status anxiety, nella preoccupazione per tutto ciò che non riusciamo a dare. Mentre a volte sono più coraggiosi e audaci nelle sfide della genitorialità coloro che affrontano situazioni complesse, dalle madri single alle mamme (o papà) omosessuali, anche questi in crescita.

 

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A farci rinviare l'installazione di un fiocco rosa o azzurro in casa contribuiscono i contratti a scadenza, le carriere lente, i bassi stipendi. E anche il modello familiare patriarcale: quasi il 40 per cento delle famiglie italiane si organizza in maniera tradizionale, con l'uomo come unico responsabile del reddito e la donna casalinga e dedicata alla cura degli anziani e dei pargoli, una situazione che ha una diffusione capillare soprattutto al Sud.

 

Lo status anxiety arriva al diapason quando le future madri capiscono che casa, lavoro, riproduzione e organizzazione peseranno sulle loro spalle. E allora ci ripensano. I dati del 2021 testimoniano un calo delle nascite doppio rispetto all'anno precedente e a questo contribuiscono la recessione economica, la pandemia e ora la guerra in Ucraina. 

 

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Si sta riducendo anche quel 50 per cento delle donne che partecipa al mercato del lavoro retribuito: la percentuale è ancora una volta tra le più risicate d'Europa. Sono poche poi le manager che occupano ruoli apicali. Mancano infine, com' è noto, gli asili e le strutture sanitarie. Tra il miraggio di un pupo e la sua mancata realizzazione si esprime il malcontento in Italia.

mirella serri