INTERROGATO, SAN GENNARO NON RISPOSE - MARINO NIOLA: “LA MANCATA LIQUEFAZIONE DEL SANGUE NON RASSICURA. NEL 1940, IL MANCATO SCIOGLIMENTO COINCISE CON L'ENTRATA IN GUERRA DELL'ITALIA. MENTRE NEL SETTEMBRE 1973, IL SANGUE RIMASE SOLIDO E MENO DI UN MESE DOPO IL COLERA PRESENTÒ IL CONTO AI PARTENOPEI. E INFINE IL 1980 QUANDO AL SILENZIO DEL MARTIRE SEGUÌ IL TERREMOTO” - MARCO CIRIELLO: “DEL FENOMENO FU RICAVATA UNA SCALA: 1) OTTIMO; 2) BUONO; 3) MEDIOCRE; 4) SFAVOREVOLE; 5) PESSIMO; 6) NULLO. È SFAVOREVOLE LO SCIOGLIMENTO AVVENUTO IN TRE ORE. È PESSIMO SE AVVIENE DOPO PIÙ DI TRE ORE…”
-1 - SAN GENNARO NON FA IL MIRACOLO ORACOLO INFAUSTO?
Marino Niola per “la Repubblica”
Faccia gialla, dacci un segno. Liberaci dal virus". Ma ieri san Gennaro ha detto no. E il suo sangue è rimasto irrigidito nell' ampolla. Gettando un' ombra scura sul morale di tanti, credenti e no. Perché il miracolo più famoso del mondo è sempre stato letto come una profezia. Un pronostico sul futuro che, il "vero dio di Napoli", come lo chiamava Alexandre Dumas, scrive a lettere scarlatte.
Il prodigio si ripete tre volte all' anno, il 19 settembre, giorno del martirio. Il primo sabato di maggio in ricordo della traslazione delle spoglie da Pozzuoli alle catacombe napoletane. E il 16 dicembre, anniversario della spaventosa eruzione vesuviana del 1631, quando la nube ardente che precipitava sulla città si arrestò davanti alle sante reliquie portate in processione.
Questo sangue che rivive periodicamente è da sempre oggetto dell' interpretazione popolare che dai tempi e modi della liquefazione trae auspici positivi o negativi. Cosa che dava molto fastidio agli intellettuali illuministi, come Voltaire, indignati da quest' uso superstizioso della fede che finiva per trasformare il santo in uno "spione di Dio".
Un display dell' ira divina. Per certi versi questo fenomeno ai confini della realtà somiglia molto a un antico oracolo, tant' è che richiede sempre una decodifica, come i responsi della Sibilla. Non a caso ieri il cardinale uscente, Crescenzio Sepe, dopo l' ultima esposizione infruttuosa della giornata ha fornito una lettura equilibrata, da buon pastore che rassicura il suo gregge spaventato.
«L' importante è sentirci uniti», ha detto. Ma la vox populi non si è sentita affatto rassicurata. E si è affrettata a riepilogare i miracoli negati del passato. A cominciare dal 1940, quando il mancato scioglimento coincise con l' entrata in guerra dell' Italia. Mentre nel settembre 1973, il sangue rimase solido e meno di un mese dopo il colera presentò il conto ai partenopei. E infine il 1980 quando al silenzio del martire seguì il terremoto che il 23 novembre devastò la Campania e la Basilicata. Devozione o superstizione? La soglia fra le due è davvero sottile.
Ma in ogni caso non diminuisce il valore sociale e politico del patrono. Di fatto san Gennaro è un santo civico, un totem identitario che come tale appartiene a credenti e non credenti. Lo conferma il fatto che a custodire le preziose ampolline sono il sindaco della città e una deputazione composta da 11 laici nominati dal Ministero dell' Interno. In realtà questo è un teatro del sacro, che consente a tutti di mettere in scena paure, ansie e speranze. E mai come adesso, in piena pandemia, un segno dall' alto sarebbe stato maledettamente importante. Se non altro avrebbe fatto da placebo.
2 - SAN GENNARO, SANGUE E PRODIGI ANCHE IL MIRACOLO ORA PUÒ ATTENDERE
Marco Ciriello per “il Messaggero”
Non bastava il Covid: ora c' è anche il sangue di San Gennaro che non si scioglie. Domenico Rea diceva che il popolo napoletano era stato così dentro la storia e così maltrattato, deriso e beffato, che ha finito per uscire dal tempo, creando una città-nazione eterna, dove la legge va da San Gennaro alla cabala. San Gennaro è sempre stato il più prossimo dei potenti e quello con la soglia più vicina al mondo che contava, in poche parole uno di famiglia andato a stare bene, anche se passando per una tribolazione.
L'attesa eri, al termine di una lunga giornata di preghiera, la teca con l' ampolla è stata riposta nella cassaforte della Cappella del Tesoro, tra la delusione dei fedeli. «Vogliamo fare un atto di vera e profonda devozione al nostro Santo Gennaro, siamo uniti nel suo nome. È lui che ci aiuta a vivere, a testimoniare la fede, e anche se il sangue non si scioglie non significa chissà che cosa», ha detto il cardinale Crescenzio Sepe, che a breve lascerà la Diocesi di Napoli.
Attraverso il sangue di quel corpo passava e passa l' identità napoletana. Il cambio di stato del sangue, quel momento di scioglimento, è lo stesso che hanno vissuto gli antenati della città: attesa, emozione, sguardo all' ampolla, è un riconoscimento nel sangue che diventa identità: nello spazio e nel tempo, e che sancisce, nella storia, l' essere napoletani.
È un rito che si ripete tre volte l' anno, e oltre a ribadire l' essere e la sua riconferma, dice anche come: se con gioia o con dolore.
Lo scioglimento del sangue è un privilegio e un prodigio che avviene mediante una materia viva e che si ripete nel tempo, mentre i miracoli avvengono, generalmente, una volta sola. Invece, lo scioglimento del sangue è una finestra spazio-temporale che diventa dialogo, un sistema comunicante con quello vulcanico del Vesuvio: il sangue si scioglie, la lava resta a posto suo; il sangue non si scioglie, la lava che sia vera o sotto altre forme: colera, occupazioni, guerre devasta tutto.
Oltre a Gennaro, a Napoli sciolgono o scioglievano il sangue anche Santa Patrizia, Sant' Alfonso Maria de' Liguori, San Lorenzo, Santo Stefano e San Luigi Gonzaga. E, con tanto sangue in circolo non potevano mancare i custodi-collezionisti di quel sangue, come il canonico Nicola Tozzi che aveva radunato nella sua casa di Materdei una collezione di sangui di dodici santi, come racconta Francesco Palmieri ne L' incantevole sirena che raccoglie tutte le vicissitudini del sangue napoletano: macellazioni, conservazioni e venerazioni.
Gli studiosi Alfano e Mitrano dalla modalità del fenomeno ricavarono una scala: 1) ottimo; 2) buono; 3) mediocre; 4) sfavorevole; 5) pessimo; 6) nullo. È sfavorevole lo scioglimento avvenuto in tre ore. È pessimo se avviene dopo più di tre ore. Nullo se il miracolo non avviene. Con questi criteri hanno incrociato calamità e grandi lutti a Napoli dal 1661 al 1947 con: epidemie (e ci siamo), rivoluzioni (magari), invasioni (con Napoli che diventa Hong Kong?), siccità (economica), morte di arcivescovi, guerre (urbane, già fatto), piogge disastrose (quindi una crescita delle dirette di De Luca), carestie (e ci siamo), eruzioni del Vesuvio e terremoti (sarebbero un carico pesantissimo), morte di persone reali e pontefici (in questo caso in ritardo sulla marcatura di Maradona ma è normale trattandosi di Diego).
DISCUSSIONI
Dei tre prodigi annuali quello più presagente è a settembre col 94%, seguito da questo di dicembre con l' 89%, segue maggio con solo il 36%. Percentuali preoccupati, soprattutto quest' anno, con un pandemia in corso, che nel terzo appuntamento lo scioglimento non c' è stato: creando sconcerto.
Quello del sangue è un prodigio che moltiplica le discussioni, che porta alla parola e alla parodia, sia quelle degli studiosi delle religioni, sia quelle del popolo, come le parenti di San Gennaro che vantano un diritto speciale: residenti nella zona del Molo piccolo, facevano di cognome Januario e rivendicano una appartenenza che porta a delle vere e proprie esplosioni emotive, preghiere e invettive che culminano in: «Oh Guappone de la nosta Santa Fede, Fa a faccia tosta cu la SS. Trinità».
IL CINEMA
Poi ci sono i dialoghi cinematografici, meno irruenti, come quello di Nino Manfredi in Operazione San Gennaro che gli promette Eusebio e un parco tematico in cambio del permesso di derubarlo. Quelli intimo-teatrali di Massimo Troisi e Lello Arena: una disputa agli occhi del Santo, usato per vincere al lotto dal secondo e deriso dal primo; e, infine, quelli musicali, su tutti l' invo-canzone Faccia gialla di Pino Daniele che gli chiede di salvare pure «'e fessi».
Scartati i potenti, ai napoletani non rimane che il Santo, col quale dialogare e al quale domandare, per questo nessuno si preoccupa se il prodigio è vero o no, se le pietre di Pozzuoli hanno raccolto il sangue o meno, l' importante è l' atto, 'o sangue. Come capisce Curzio Malaparte nel finale di Kaputt. Dopo tanto sangue della Seconda guerra mondiale, torna a Napoli e viene investito dalla corsa dell' intera città che sembra andare verso il Duomo, anelando il sangue e il suo prodigio, che poi è il cambiamento.