INUTILE FARE GLI STRONZI: I CONGOLESI SAPEVANO DEL VIAGGIO DELL’AMBASCIATORE LUCA ATTANASIO - LA FARNESINA AVEVA AVVERTITO IL MINISTERO DEGLI ESTERI DI KINSHASA IL 15 FEBBRAIO, UNA SETTIMANA PRIMA DELL’AGGUATO, FORNENDO TUTTI I DETTAGLI - MA ANCHE LA FARNESINA È COSTRETTA A DARE SPIEGAZIONI, A PROPOSITO DELL'AUTO BLINDATA CHE NON C'ERA E DELLA SCORTA RAFFORZATA CHE ATTANASIO AVEVA DOMANDATO PER L'AMBASCIATA…
-1 – LO SCONTRO SUL VIAGGIO DI ATTANASIO «IL CONGO ERA STATO INFORMATO»
Francesco Battistini per il “Corriere della Sera”
Nessuno sapeva niente? Leggete qui. «Ambassade d'Italie. Prot. n: 219. Note verbale». Diciassette righe che non dicono tutto, ma di sicuro spiegano molto. È il documento che la segreteria di Luca Attanasio inviò al ministero degli Esteri congolese una settimana prima dell'agguato. Per informare le autorità di Kinshasa del viaggio che l'ambasciatore stava per compiere nel Nord Kivu.
La Farnesina lo fa filtrare mentre troppe verità e molti scaricabarile banalizzano, confondono le ultime ore di Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci. Una bugia su tutte: già lunedì scorso, pochi minuti dopo la sparatoria, il governatore della regione Carly Nzanzu Kasivita s' affrettava a dire che nessuno l'aveva informato della missione italiana.
E per tutta la settimana, questa è stata la linea: Attanasio era partito senza informare i congolesi. Invece no: la lettera dell'ambasciata, data 15 febbraio, forniva tutti i dettagli. Chiedendo l'accesso alla saletta vip dell'aeroporto di Ndjili. Dando i nomi dei viaggiatori (con Attanasio e Iacovacci, anche il console Alfredo Russo) e dell'autista di Kinshasa che li avrebbe accompagnati, Floribert Basunga. Indicando date e orari dei voli su Goma. Raccomandando di non toccare il bagaglio diplomatico.
E in definitiva chiedendo un'ovvietà - il trattamento riservato a un rappresentante diplomatico - che ora appare semmai una necessità, visti i colpi di kalashnikov che aspettavano Attanasio e i buchi di memoria che scandiscono l'inchiesta. Nessuno sapeva niente? Sale la nebbia, sui misteri del Virunga. L'imbarazzo dei congolesi è evidente, dopo la fretta nel dare la colpa ai ribelli ruandesi dell'Fdlr.
Al documento esibito dall'Italia, l'unica risposta è una debole precisazione del Protocollo di Stato che sostiene (senza fornire documenti) d'avere in realtà ricevuto una visita personale d'Attanasio, lo stesso 15 febbraio «a fine giornata», con l'annuncio che il viaggio a Goma «non ci sarebbe più stato e che sarebbe stata inviata a tal fine una nota» agli stessi funzionari del Protocollo.
Ma perché Attanasio avrebbe dovuto cancellare una missione in programma dal 2020? I congolesi sostengono d'essere rimasti «sorpresi», il 22 febbraio, quando seppero dai social dell'assassinio dell'ambasciatore «mentre eravamo ancora in attesa della nota d'annullamento».
In ogni caso, precisa Kinshasa, la nota verbale dell'ambasciata italiana parlava solo d'una visita alla comunità italiana a Goma e a Bukavu, non facendo cenno al viaggio verso Rutshuru (in effetti potrebbe avere un senso la testimonianza della moglie dell'ambasciatore, che ha descritto quest' ultima tappa come non di stretta pertinenza diplomatica).
Nessuno sapeva niente? Anche la Farnesina è costretta a dare spiegazioni, a proposito dell'auto blindata che non c'era e della scorta rafforzata che Attanasio aveva domandato per l'ambasciata. Ma gli interrogativi riguardano soprattutto il Programma alimentare mondiale che fa capo all'Onu. L'ambasciatore non passò per la saletta vip dell'aeroporto, ma per quella Onu, e volò con aerei della missione Monusco, si mosse per una loro causa e usò le loro auto: perché il Pam non provvide in modo adeguato a scortarlo? E perché gli diede semaforo verde, su quella strada così pericolosa? C'è il racconto di Rocco Leone, vicedirettore Pam per il Congo, scampato all'assalto.
C'è un'inchiesta interna. E c'è quella della Procura di Roma, che avrà qualche vantaggio interrogando un corpo Onu che proprio a Roma tiene il suo quartier generale. L'indagine ricalca un caso di quattro tecnici italiani rapiti in Libia nel 2015, dicono fonti giudiziarie, quello che portò alla sbarra i vertici dell'azienda per la quale lavoravano, la Bonatti di Parma. Il processo evidenziò negligenze nella sicurezza: se i tecnici fossero stati scortati, il sequestro forse si sarebbe evitato. Uno dei pm d'allora, Sergio Colaiocco, è lo stesso che indaga sulla morte di Attanasio. Chissà se le conclusioni saranno uguali.
2 - CONGO, MORTE ATTANASIO: RIMPALLO DI RESPONSABILITÀ SUL VIAGGIO. L'AMBASCIATA: KINSHASA SAPEVA
Rimpallo di responsabilità tra l'ambasciata italiana, Kinshasa, World Food Programme e il governo congolese, sull'uccisione dell'ambasciatore Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci il 22 febbraio a 25 chilometri da Goma.
In un primo momento Kinshasa aveva dichiarato di non essere a conoscenza del viaggio al Nord di Attanasio, declinando qualsiasi responsabilità sull'assenza di scorta armata al convoglio, non blindato, del World Food Programme. Il Wfp da parte sua, nei momenti successivi all'attacco, ha sostenuto che la strada fosse classificata come verde, quindi percorribile senza necessità di un apparato di sicurezza.
Oggi si viene a sapere che l'ambasciata d'Italia aveva effettivamente informato il ministero degli Esteri della Repubblica democratica del Congo della missione che intendeva compiere a Goma, con una nota verbale inviata il 15 febbraio scorso.
Ma il protocollo di Stato, quella sera stessa, era stato informato dell'annullamento della missione dell'ambasciatore Luca Attanasio. Lo si legge in un tweet di AfricaNews Media Rdc, che pubblica la foto di un documento della Direzione nazionale del Protocollo di Stato, firmato oggi da Banza Ngoy Katumve, direttore del Protocollo, che ricostruisce: "Lunedì 15 febbraio 2021, la Direzione ha ricevuto la nota verbale n.prot.219 proveniente dall'ambasciata d'Italia a Kinshasa, inviata lo stesso giorno, con la quale si chiede l'accesso alla sala diplomatica dell'aeroporto internazionale di Ndjili per l'ambasciatore Luca Attanasio, accompagnato dal console Alfredo Russo, e dal carabiniere Vittorio Iacovacci, insieme all'autista Floribert Basunga, che si recheranno a Goma e Bukavu dal 19 al 24 febbraio 2021, avendo come motivo una visita alla comunità italiana delle due città".
"Nella stessa data, a fine giornata, l'ambasciatore d'Italia ha fatto visita al direttore del Protocollo di Stato per annunciargli che questo viaggio non ci sarebbe più stato e che sarebbe stata inviata a tal fine una nota alla direzione".
Per cui, "la direzione è rimasta sorpresa nell'apprendere nelle prime ore della mattina del 22 febbraio attraverso i media che l'ambasciatore era stato assassinato mentre era in attesa della nota che annullava la prima. Dopo la verifica, ha appreso che il dramma era avvenuto sulla strada Goma-Rutshuru con un convoglio del Wfp, che non era stato menzionato nella nota verbale".
Dunque, conclude la nota, "l'Antenna del Protocollo di Stato all'aeroporto di Ndjili è stata contattata per verificare se l'ambasciatore avesse utilizzato la sala per il suo imbarco come richiesto nella nota verbale, ma gli agenti deputati a questo servizio non l'hanno mai visto imbarcarsi".
La questione macchina blindata o no della Farnesina sembrerebbe superflua. Anche se l'ambasciata avesse avuto una flotta di auto blindate, non le avrebbe certo potute usare per il Kivu: 2500 km di distanza.
La vita di Attanasio, Iacovacci e Milambo era nelle mani del World Food Programme, e in seconda battuta del governo congolese. Ci vorrà tempo per capire cosa è successo veramente. E forse non si saprà mai. Sul campo, a capo delle indagini, il generale di polizia, Vital Awashango, capo delle forze dell'ordine del North Kivu, sospeso nel 2019 per aver aggredito malamente un sospettato durante un interrogatorio.