GLI IRANIANI HANNO PAURA. E SI VEDE – A TEHERAN, NONOSTANTE QUALCHE TWEET AGGRESSIVO E ANTISEMITA, HANNO ASSUNTO UNA POSTURA MOLTO PRUDENTE SUL CONFLITTO IN ISRAELE, PAESE DI CUI GLI AYATOLLAH HANNO SEMPRE PREDICATO LA DISTRUZIONE, AL PUNTO DA FRENARE ANCHE GLI ATTACCHI DELLE MILIZIE LIBANESI DI HEZBOLLAH. COME MAI? TEMONO DI NON REGGERE ALL’ONDATA DI RAID DI RISPOSTA A UN EVENTUALE LORO COINVOLGIMENTO – INTANTO INCASSANO IL SOSTEGNO DELLA CINA E ASPETTANO…
-Estratto dell’articolo di Giordano Stabile per “la Stampa”
Il mondo teme il coinvolgimento dell'Iran nella guerra ma anche l'Iran lo teme. Se entra in qualche modo nel conflitto al fianco di Hamas, come ha minacciato con un messaggio segreto fatto trapelare dall'agenzia Axios, e recapitato attraverso l'ambasciatore all'Onu al governo israeliano, lo scenario cambierà in modo drammatico ma alla fine favorevole a Israele.
Questo spiega la postura più aggressiva dei vertici dello Stato ebraico rispetto alla Repubblica islamica, sia nell'aspetto propagandistico che negli scambi di colpi ai confini con Libano e Siria. Del coinvolgimento diretto di Teheran nel massacro del 7 ottobre non c'è più traccia. L'Intelligence americana […] ha tagliato la testa al toro e messo nero su bianco che Pasdaran e compagni non c'entrano nulla. Il loro braccio armato più potente e vicino al fronte, Hezbollah, è talmente prudente da essere quasi in imbarazzo con i «fratelli palestinesi», che finora ha aiutato pochissimo, giusto per la forma, con il lancio di pochi razzi e qualche missile anti-tank.
A Beirut è noto che hanno ricevuto l'ordine da Teheran di non imbarcarsi in un'azione massiccia, almeno per ora. Milizie sciite e palestinesi sul Golan siriano hanno seguito lo stesso copione, nonostante un doppio raid sugli aeroporti di Damasco e Aleppo, che la scorsa settimana ha costretto il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian, in volo verso la capitale siriana, a cambiare rotta e dirigersi su Beirut e da lì cominciare un tour di visite agli alleati regionali. Culminato con l'incontro di sabato a Doha, nel Qatar, proprio con il leader di Hamas Ismail Haniyeh.
[…] Amirabdollahian ha subito dopo alzato i toni e puntualizzato che «nessuno può garantire che la situazione nella regione rimarrà la stessa se i sionisti continueranno i loro crimini». Considerato che poteva piombargli un missile in testa mentre il suo aereo si avvicinava a Damasco, è una reazione contenuta.
Il ferimento ieri a Teheran di un alto ufficiale dell'Intelligence dei Pasdaran, Mohammed Akiki, con modalità che ricordano l'eliminazione di scienziati del programma nucleare da parte del Mossad nello scorso decennio, è destinata ad alzare lo scontro, finora però rimasto contenuto.
Resta da spiegare questa paradossale prudenza di un regime che ha fatto della distruzione dell'entità sionista, come la chiamano loro, una bandiera. Sembra quasi che il presidente Ibrahim Raisi abbia timore di aprire un secondo fronte con gli alleati libanesi.
Teme di certo la reazione militare di Israele. Non si può escludere una rappresaglia aerea dell'aviazione con la Stella di David sui siti di arricchimento dell'uranio e di produzione.
Sarebbe la prima volta nella storia della Repubblica islamica, proprio mentre cerca di uscire dall'isolamento e ieri ha incassato una telefonata di sostegno dalla Cina, con il ministo degli Esteri Wang Yi che ha esortato «all'unità fra i Paesi islamici».
Poi c'è il timore per il Libano, «riportato all'età della pietra», come ha avvertito più volte Netanyahu. Sarebbe la fine del controllo, pur parziale, sul Paese dei Cedri. Stessa fine potrebbe fare la Siria. Teheran osserva anche i movimenti delle portaerei Usa. Due, con un centinaio di cacciabombardieri, che si aggiungerebbero ai 250 di Israele. Una forza d'urto impressionante che però non può scatenarsi nell'attuale fronte aperto, a Gaza. […]