ISRAELE NON SI FERMA (ALLA FACCIA DI BIDEN) – IL MINISTRO DELLA DIFESA, YOAV GALLANT, ANNUNCIA CHE “ALTRE TRUPPE ENTRERANNO A RAFAH” – IL GOVERNO È SPACCATO SUL POST-GUERRA: NETANYAHU VUOLE IL CONTROLLO MILITARE DELLA STRISCIA, GALLANT SI OPPONE: “DEVE ESSERE CREATA UN’ALTERNATIVA AD HAMAS”. IL PROGETTO È AFFIDARE IL POTERE A UN GRUPPO DI UOMINI DI FATAH “AFFIDABILI” – IL PRESIDENTE PALESTINESE, ABU MAZEN, ACCUSA HAMAS: “HA DATO PRETESTI A ISRAELE PER ATTACCARE GAZA” – LA PARTITA DI AL SISI, CHE NON VUOLE PERDERE IL LUCROSO CONTROLLO DEL VALICO DI RAFAH
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1 . ABU MAZEN ACCUSA HAMAS, 'HA DATO PRETESTI A ISRAELE'
(ANSA-AFP) - Il presidente palestinese Abu Mazen ha accusato Hamas di aver dato dei "pretesti" ad Israele per attaccare Gaza durante il vertice della Lega Araba che si è aperto oggi a Manama, in Bahrein.
2. GALLANT, 'ALTRE TRUPPE ENTRERANNO A RAFAH'
(ANSA) - "Altre truppe" entreranno a Rafah. Lo ha annunciato il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant aggiungendo che "l'operazione si intensificherà". Gallant - che ha parlato dall'area di Rafah - ha ricordato che "la fazione islamica non ha truppe di riserva, non ha scorte di approvvigionamento e non ha la capacità di curare i terroristi che prendiamo di mira".
"Il risultato - ha aggiunto - è che stiamo indebolendo Hamas". "Mi trovo ora nella zona di Rafah dopo aver incontrato il capo del comando meridionale, i comandanti della divisione 162, della brigata 84, della brigata 401 e dei vigili del fuoco. Tutte le nostre truppe - ha detto ancora - stanno lavorando in modo straordinario. Centinaia di obiettivi terroristici sono già stati colpiti e le nostre forze stanno manovrando nella zona".
3 - ISRAELE AVANZA NEL SUD DELLA STRISCIA MA IL GOVERNO SI SPACCA SUL DOPOGUERRA
Estratto dell’articolo di F. Caf. per “la Repubblica”
Le tensioni sulla strategia per il giorno dopo a Gaza che hanno marcato il giorno dell’Indipendenza e quelle del ricordo qui in Israele sono esplose allo scoperto ieri sera, quando il ministro della Difesa Yoav Gallant ha chiesto al premier Benjamin Netanyahu di prendere posizione pubblicamente contro un controllo militare israeliano della Striscia di Gaza. «Deve essere creata un’alternativa al governo di Hamas. Ogni indecisione danneggia i progressi militari», ha detto.
Gallant è poi andato avanti ricordando di aver promosso sin dall’inizio del conflitto un’amministrazione alternativa per la Striscia, in mano ai palestinesi – il riferimento è al piano di formare un gruppo di uomini di Fatah selezionati dal responsabile dei Servizi segreti dell’Autorità nazionale palestinese Majed al Farraj – ma di «non aver ricevuto risposta».
Parole che hanno ricevuto una replica durissima da Netanyahu, il quale già poco più di un anno fa, nel mezzo delle proteste contro la riforma giudiziaria, aveva tentato di licenziare Gallant: «Finché Hamas resta a Gaza, nessun altro governerà la Striscia: certamente non l’Anp. Non sono disposto a passare da Hamastan a Fatahstan», ha sostenuto (e ieri sera anche il capo politico di Hamas Ismail Haniyeh ha escluso categoricamente la disponibilità dei jihadisti a farsi da parte nel futuro governo di Gaza).
Dietro ai contendenti, i due campi che si confrontano nel governo: i ministri di estrema destra Ben Gvir e Smotrich, che chiedono la rimozione del ministro. L’ex capo dell’opposizione e ora membro del governo di unità nazionale Benny Gantz, che lo appoggia: «Ha detto la verità». […]
4 - IL VALICO CON L’EGITTO E LE MOSSE DI AL SISI
Estratto dell’articolo di Marta Serafini per il “Corriere della Sera”
Da giorni, ormai, il copione diplomatico tra Israele e l’Egitto è lo stesso: accusarsi a vicenda della chiusura del valico di Rafah. La vista dei carri armati israeliani che rimpiazzavano la bandiera palestinese con quella israeliana, a pochi metri dal territorio egiziano, in una zona considerata smilitarizzata del 1979 non è stata accolta con piacere al Cairo, sebbene sia difficile pensare che tutto ciò sia avvenuto senza che le autorità egiziane siano state informate in anticipo.
D’altro canto gli israeliani, dietro le dichiarazioni, hanno nascosto a fatica un forte disappunto per l’utilizzo dell’Egitto da parte degli Stati Uniti come paravento di decisioni sgradite a Israele ma considerate necessarie da Washington per arrivare a una tregua. E non hanno certo apprezzato la decisione del presidente Abdel Fattah Al Sisi di sostenere il Sudafrica nella richiesta alla Corte dell’Aja di procedere per genocidio contro Israele.
La tensione è salita, tanto che martedì il Wall Street Journal ha citato funzionari egiziani che spiegavano come il Cairo stia prendendo in considerazione un declassamento dei rapporti bilaterali con Israele, compreso il ritiro del loro ambasciatore. E questo è comprensibile anche alla luce di un dato: al governo Al Sisi interessa non perdere il lucroso controllo dei passaggi dei palestinesi dal valico di Rafah .
[…] Al Sisi deve evitare che la causa palestinese infiammi troppo i cuori in Egitto per non fomentare la crescita di un nemico, i Fratelli musulmani, che gli stessi Usa temono. Inoltre il generale ha tutto da guadagnare da una tregua tra Israele e Hamas per consolidare il suo ruolo di attore regionale. Se ci riuscirà sarà il risultato finale a sancirlo.
Ma c’è un dato di realtà che non va mai dimenticato. La partita sul valico di Rafah e sugli aiuti umanitari, come già successo su altri confini in primis quello siriano, presenta il conto più salato ai civili. Un quadro che avrà conseguenze nefaste per tutti, in Medio Oriente e in Occidente.