E GLI ITALIANI IMMUNIZZATI ALL'ESTERO? SI ATTACCANO! NIENTE GREEN PASS - SECONDO L'ORDINE DEI MEDICI DI ROMA, SOLO NELLA CAPITALE, MILLE CITTADINI ITALIANI VACCINATI IN RUSSIA O A SAN MARINO SONO RIMASTI NEL LIMBO. FORSE IL MINISTERO DELLA SALUTE RIUSCIRÀ A TROVARE UNA SOLUZIONE PER CHI HA RICEVUTO PFIZER, MAGARI PROPRIO NEGLI EMIRATI, MA PER L'ANTIDOTO RUSSO "SPUTNIK" LA PROCEDURA SEMBRA PIÙ COMPLICATA, DATO CHE NON È MAI STATO AUTORIZZATO DALL'EMA, L'AGENZIA EUROPEA DEL FARMACO…
-Lorenzo De Cicco per "il Messaggero"
C'è chi si è fatto iniettare lo Sputnik russo per fare prima. Chi studia a Londra, senza essere residente, e ha ottenuto Oltremanica la puntura di AstraZeneca. Chi lavora all'estero e si è vaccinato lì. E ora, al rientro in Italia, per ottenere il Green pass sono guai. Una trafila burocratica dall'esito imprevedibile, tra richiami a «linee guida» finora mai pubblicate e rimpalli da un call center all'altro: la Regione che rimanda al centralino del Ministero, che rimanda alla Regione, e così via, in loop.
Secondo l'Ordine dei medici di Roma, solo nella Capitale, mille cittadini italiani vaccinati all'estero sono rimasti nel limbo. Immunizzati al 100%, ma senza possibilità di scaricare il prezioso lasciapassare, sempre più indispensabile per locali, viaggi, eventi. In tutto lo Stivale, a sentire la Fimmg (Federazione dei medici di medicina generale), lo stesso problema interessa almeno 8mila connazionali. Tutti nella terra di mezzo dei vaccinati all'estero.
I NON RESIDENTI Il Ministero della Salute è a conoscenza della questione. E sta cercando di capire come risolvere il rebus. Il problema non si pone per chi è iscritto all'Aire, l'anagrafe degli italiani residenti all'estero, spiegano dal dicastero di Speranza: per loro basta seguire la procedura del Paese di residenza, scaricare il modulo inglese, americano o russo che sia, e presentarsi con quello, come fanno i turisti. Il punto è che non sempre chi ha ricevuto la puntura fuori dai confini nazionali è registrato all'Aire. E qui cominciano le seccature.
«Quasi sempre, dopo avere chiamato senza successo i centralini del Ministero e della Regione, si rivolgono a noi. Ci dicono: dottore, ce lo stampi lei il Green pass. Ma così non possiamo», spiega Antonio Magi, il presidente dell'Ordine dei medici di Roma. In assenza di alternative, qualcuno prova a forzare la mano, alla disperata: «Un paziente che si era vaccinato a Dubai con tutta la famiglia, mi ha appena chiesto un certificato di guarigione dal Covid, senza mai essere stato malato», racconta Michele Lepore, dottore di famiglia a Vigne Nuove, Roma Nord, 1.600 mutuati.
«Nel chiedermelo, mi ha detto che il suggerimento era arrivato direttamente dalla centralinista, non so se del Ministero o della Regione, perché non sapeva come uscirne. Ma non possiamo certo prescrivere il falso. Un altro paziente, un altro imprenditore, si era vaccinato con Sputnik in Russia ed è nella stessa situazione». In realtà è anche peggio. Perché forse il Ministero della Salute riuscirà a trovare una soluzione per chi ha ricevuto Pfizer, magari proprio negli Emirati, ma per l'antidoto russo la procedura sembra più complicata, dato che non è mai stato autorizzato dall'Ema, l'agenzia europea del farmaco.
Per l'Ungheria, che ha acquistato Sputnik, è stato firmato un protocollo ad hoc, in quanto membro Ue. Ma per gli altri Stati? «Un mio paziente ha ricevuto due dosi di Sputnik in Uzbekistan, dove lavorava, e ora nessuno gliele riconosce», dice Pier Luigi Bartoletti, vice-segretario nazionale della Fimmg. Ha avuto problemi a scaricare il pass italiano perfino chi ha ricevuto Pfizer a San Marino. Così vicino, così lontano, almeno per agguantare il Green pass.