GLI ITALIANI NON SONO IMMUNI AL CAZZEGGIO – DOPO SETTIMANE DI PIPPE MENTALI SULLA PRIVACY E L’APP IMMUNI, SONO BASTATI QUATTRO VIP PER CONVINCERE LE PERSONE A REGALARE I PROPRI DATI PRIVATISSIMI AI RUSSI DI FACEAPP PER SCOPRIRE LE LORO FACCE DI BRONZO IN VERSIONE SCAMBIO DI SESSO
-Francesco Malfetano per “il Messaggero”
FaceApp è tornata. Da qualche giorno l'app russa diventata virale lo scorso anno imperversa nuovamente sugli smartphone degli italiani. Stavolta però non invecchia le immagini degli utenti aggiungendo qualche ruga o i capelli bianchi. Il nuovo filtro di FaceApp, sfruttando la stessa intelligenza artificiale diventata celebre, addolcisce i tratti degli uomini per trasformarli nella loro versione femminile, oppure per aggiungere barba e baffi alle donne curiose di specchiarsi nel proprio alter ego maschile.
In pratica l'app permette di cambiare sesso, da uomo a donna o viceversa. Il risultato è spesso molto credibile e migliaia di utenti, tra l'ilarità generale dei propri follower, giurano di assomigliare ai propri fratelli o sorelle. Così i vari social network, complici i Vip che hanno iniziato a diffondere la moda, si sono riempiti - è il caso di dirlo - di foto del genere.
A guidare l'invasione è ovviamente la curiosità. Per gli italiani sembra impossibile resistere al richiamo di una versione diversa e giù pronta di se stessi. Senza pensarci troppo infatti, nonostante le polemiche sulla privacy che l'anno scorso avevano travolto l'app, in migliaia l'hanno scaricata sul proprio smartphone.
Una corsa al download che ha suscitato l'indignazione di molti che hanno confrontato il fenomeno con il caso di Immuni. In pochi giorni l'app per il tracciamento in ottica anti-contagio è stata superata in vetta alle classifiche sugli store digitali di Android e iOS. Una beffa se si pensa alle settimane di discussioni sulla privacy che hanno accompagnato l'applicazione sviluppata dalla software house milanese Bending Spoons su indicazioni del ministero per la Salute, del dipartimento per l'Innovazione e dell'autorità garante per la Privacy.
LE POLEMICHE
FaceApp invece è stata realizzata da Wireless Lab. Si tratta di una società con sede a San Pietroburgo e guidata da Yaroslav Goncharov, ex dirigente di Yandex (il principale motore di ricerca in Russia) che l'anno scorso era finita al centro di una lunga serie di polemiche senza fine. La principale accusa mossa all'app riguardava la gestione delle informazioni raccolte.
FaceApp infatti, per poter modificare le nostre immagini, richiedeva - e richiede ancora - di accedere all'intera galleria dello smartphone e quindi a tutte le foto scattate. Una prassi per le applicazioni di questo genere che però aveva fatto saltare sulla sedia gli esperti dato che l'app russa non forniva alcun dettaglio su come venissero conservate le informazioni.
Il timore quindi era che le foto venissero vendute a società che usano l'Intelligenza Artificiale per apportare modifiche al riconoscimento facciale. In sostanza gli utenti stavano fornendo un database molto vasto con le proprie immagini ad una società con sede in un Paese non propriamente affidabile in tal senso e che avrebbe potuto utilizzare le foto per fini sconosciuti o pericolosi.
LE SPIEGAZIONI
Timori che in realtà FaceApp pensava di aver fugato già l'estate scorsa quando, proprio in risposta a queste polemiche, aveva assicurato che i dati degli utenti non solo non vengono condivisi con terze parti ma non neppure vengono trasferiti in Russia. Inoltre, dal 4 giugno, sul sito dello sviluppatore si legge che tutte le informazioni vengono cancellate entro 48 ore dall'uso.
Garanzie confermate anche da Fabio Assolini, analista senior della sicurezza in Kaspersky, che ha assicurato che l'applicazione non contiene elementi dannosi. Allo stesso modo però, poiché il riconoscimento facciale è una tecnologia utilizzata soprattutto per accedere in sicurezza ai dispositivi digitali, l'utente dovrebbe fare molta attenzione quando condivide la propria immagine con terze parti. «Dobbiamo trattare queste nuove forme di autenticazione come password, poiché qualsiasi sistema di riconoscimento facciale ampiamente disponibile può finire per essere utilizzato sia nel bene che nel male».
Al di là delle polemiche sulla privacy però, a FaceApp va riconosciuto il merito di aver in minima parte riaperto un'altra questione fondamentale: quella del gender pay gap italiano. Come si legge in un'immagine diventata virale sui social e dedicata agli uomini che hanno utilizzato il filtro di genere dell'app: «Siete davvero belli in versione femminile, ora decurtatevi lo stipendio del 30%». Ma questa purtroppo è un'altra storia.