“UN ALTO DIRIGENTE MEDIASET MI CHIAMÒ PER DIRMI CHE AVEVO DELLE BELLE BOCCE” – LA BOMBASTICA INTERVISTA CHE MARIA DE FILIPPI CONCESSE A CLAUDIO SABELLI FIORETTI PER “SETTE” NEL 2004. UN ESTRATTO È STATO RIPUBBLICATO NEL LIBRO “AMASCORD”: “IL NOME? NON LO FARÒ MAI. È SPOSATO, È IMPORTANTE, È UN SIGNORE. IO AGGRESSIVA? MAI STATA, NON SONO SADOMASO COME MOLTI PENSANO, TIPO FRUSTA E STIVALI NERI, ANZI SONO PROPRIO UNA PIPPA DA QUEL LATO” – LA SCENATA DI GELOSIA A COSTANZO PER LA PIVETTI (“MAURIZIO MI DISSE CHE ERO UN’IMBECILLE”), LE “GRANDI STRONZATE” IN GIOVENTÙ E…
1. MARIA, HAI PROPRIO DUE BELLE BOCCE
Estratto da “Amascord. Ispirato a fatti realmente accaduti”, di Claudio Sabelli Fioretti, ed. Compagnia Editoriale Aliberti
Per la mia quasi totale mancanza di memoria ho trovato un antidoto. Ho messo in piedi un meccanismo che mi consente di alleviare la mia sofferenza. Scrivo tutto. In realtà non è sufficiente perché stento a riconoscere la mia scrittura. Ma fortunatamente la maggior parte delle cose che ho scritto le ho anche registrate. E anche pubblicate. Le ritrovo sul mio computer.
E poi c’è Internet. Molti dei miei articoli li becco lì, tutti i piccoli editoriali che scrivevo per «Io Donna» sono lì. Molti dei miei imperdibili pensieri e delle mie fondamentali opinioni sono ancora nel mio blog, www.sabellifioretti.com. I resoconti dei miei viaggi in Argentina, in Cile, in Zambia, in Mali, in Vietnam, in Giappone, in Spagna sono lì. Le mie interviste sono quasi tutte su un sito, www.interviste.sabellifioretti.it. Ogni tanto vado a rileggerle, per motivi di lavoro o anche per curiosità. E ogni volta mi sorprendo perché non ricordo che scrivevo così bene. E non ricordo di avere avuto una vita così intensa. Non ricordo di aver fatto certe domande e di aver ricevuto certe risposte.
Non ricordavo, per esempio, che Fratello Mitra, cioè Silvano Girotto, mi avesse detto che, se avessero dato retta a lui, avrebbe fatto arrestare tutti i capi delle Brigate Rosse, non solo Renato Curcio e Alberto Franceschini. «Non mi dettero retta e vollero affrettare l’operazione. Si accontentarono di prendere loro due».
Non ricordavo nemmeno di aver fatto un grande scoop intervistando Gigi Marzullo. Rivelai all’Italia che Gigi, il quale aveva la passione per le righe bianche e azzurre, i colori della Lazio, non solo le usava per tende, divani e camicie. Ma anche per le mutande. Gigi mi confessò che indossava boxer laziali. Avevo dato un buco (così si dice fra noi giornalisti) a tutta la stampa italiana.
Ma non basta. Tanti anni fa, quando non era ancora famosa per le molteplici serie che hanno inondato la Rai, raggiunsi Anna Valle in Sicilia, nella sua casa natale, a Lentini. Limoni, aranci, cani che abbaiavano. Una mamma, una nonna, uno zio, un cuginetto. Aveva ventiquattro anni. Passai una giornata immerso nella tradizionale ospitalità siciliana, mangiai gli arancini e i cannoli e me ne andai con una borsa piena di agrumi e di dolcetti. E con una notizia che non avrei mai dovuto pubblicare. Un segreto d’amore.
Anna e Lorenzo, il suo fidanzato, avevano una passione, i piedi. «Ci piace odorarci, tutto, ci piace anche l’odore dei piedi. I piedi sono molto sensuali. Io adoro i piedi suoi e lui adora i piedi miei». Forse Lorenzo non gradì che la passione di Anna Valle per l’odore dei suoi piedi finisse sulle pagine di «Gq».
Anna mi fece sapere che se avessi evitato di raccontare proprio tutto quello che mi aveva detto, sarebbe stato meglio. I piedi, poi.
Mara Venier andai a intervistarla a Roma, nella casa dove abitava allora, a Campo de’ Fiori. Fu molto gentile. Prenotò per me una camera in un albergo dall’altra parte della piazza e mi invitò, la sera prima, a una festa caciarona in casa sua. C’era un sacco di gente che oggi non ricordo più, ricordo solo Clemente Mastella, Massimo Giletti e Rita Dalla Chiesa. Chiasso, casino, risate. Lei era seduta a capotavola e mangiava circondata da gente schiamazzante.
Tutti erano su di giri. A un certo punto sentii, come da lontano, Mara che urlava. «A Sabbé, ti ho trovato tutto, da dormì, da magnà, da stà in compagnia. Che cosa voi ancora? La fica?» Scoppiò una clamorosa risata. Tutti ridevano come matti. Io no. Da quel momento stetti zitto. E alla prima occasione me la svignai. Sono sempre stato un ragazzo timido. Quella serata, nonostante la memoria che mi abbandona, non la dimenticherò facilmente.
Avevo dimenticato invece le frasi pronunciate da due avvocati che avevo incontrato a Roma, Grazia Volo e Carlo Taormina. Gli avvocati, per quanto io conosca la loro mancanza di sensibilità, riescono sempre a sorprendermi. Mi disse Grazia Volo: «È più divertente difendere i colpevoli. L’innocente è una tragedia, una seccatura. Per un avvocato la massima soddisfazione sta nell’ottenere l’assoluzione di un reo confesso.
L’innocente è inserito in uno scenario di martirio. E quindi ha tutti i connotati di vittimismo del martire. Non è nobile ciò che le dico, però è così. Io sono affascinata dal criminale, da chi è capace di pensare e costruire un delitto».
Peggio ancora Carlo Taormina, l’avvocato prezzemolo, difensore di Craxi, Muccioli, Andreotti, Priebke e di Anna Maria Franzoni. Come prima cosa mi spiegò che la battuta di Grazia Volo non era originale. Era sua. «Non c’è gusto a far assolvere un innocente», mi disse, confermandomi nell’opinione che avvocato e cinico sono spesso sinonimi. A conclusione dell’intervista, dette il meglio di sé. Cominciò a parlare di Carlo Nordio, il giudice che aveva inquisito invano i comunisti.
«Ha avuto in mano le sorti della sinistra italiana e non ha fatto niente. Doveva investigare più a fondo». Io gli feci notare che non esistevano prove contro i comunisti. «Se capitava a me stia tranquillo che quelle prove venivano fuori. A costo di fabbricarle». Per fortuna in seguito intervistai Giulia Bongiorno che riequilibrò le cose: «Forse sono anomala», disse. «Ma se mi capita di scoprire che un imputato che ho fatto assolvere in realtà era colpevole, mi viene tristezza perché non ho capito nulla e sono stata presa in giro».
Ho intervistato anche Erri De Luca, lo scrittore, alpinista, ex capo del servizio d’ordine di Lotta Continua di Roma. Lo ho intervistato a casa di sua madre, dalle parti del lago di Bracciano, o forse a San Vigilio di Marebbe dove andava spesso per scalare le montagne. Non lo ricordo. Parte dei miei neuroni mi rimandano a un alberghetto di San Vigilio. Ma un’altra parte del cervello fa riaffiorare particolari della casa sul lago di Bracciano.
Misteri della mente. Io avevo una fissazione. Volevo che qualcuno di Lotta Continua prima o poi avesse il coraggio di ammettere le responsabilità del movimento extraparlamentare per l’omicidio del commissario Calabresi. Erri De Luca fu l’unico che non si tirò indietro pur rifiutandosi di scendere in particolari.
«Ognuno di noi avrebbe potuto uccidere Calabresi, anche io», mi disse. «Diremo come sono andate le cose quando non ci sarà più rilevanza penale». Promessa non mantenuta. Nessuno di Lotta Continua ha mai spiegato finora come sono andate le cose, a cinquant’anni di distanza. Approfittai comunque della schiettezza e delle disponibilità di Erri per fare domande non banali. «Che cosa hai fatto di illegale?»
«Claudio, tutto quello che facevamo era illegale, noi giravamo armati. Nessuno di noi era innocente. Molti sono in prigione a scontare anche per me». Continuai ad approfittare... «Hai mai fatto rapine?»
«Claudio, non esagerare!»
Alcune interviste le ricordo meglio. Ricordo per esempio Flavia Vento. La intervistai quasi venticinque anni or sono all’ultimo piano della sua casa milanese dalle parti dei navigli. Era al centro delle polemiche per la sua partecipazione a una trasmissione piuttosto stupida, ammiccante e fastidiosa che si chiamava Libero, su Rai 2. L’aveva inventata il direttore Carlo Freccero per dimostrare di essere diverso e creativo.
Una trasmissione di scherzi telefonici condotta da Teo Mammuccari nella quale Flavia, moderna e vitaminica, se ne stava ai piedi del conduttore, chiusa in un box di plexiglass trasparente.
Ogni tanto usciva, raccontava una barzelletta idiota, cantava una canzone stonata e si riaccucciava ai piedi di Mammuccari. Scandalo. Femministe e preti associati: la donna oggetto! L’intervista si preannunciava, e fu, ovvia. I temi erano scontati. Ma alla fine Flavia andò in camera e tornò con il calendario di «Boss», fotografie di Angelo Gigli, location Maldive, soggetto lei stessa, nuda dalla testa ai piedi e da gennaio a dicembre. Lo pose sul tavolo e cominciò a sfogliarlo, mostrandomi i suoi mesi preferiti.
«Vedi febbraio? Ti piace? Oppure è meglio agosto?» A me i mesi sembravano un po’ tutti uguali. Stesse tette, stesse chiappotte e stesso anche tutto il resto. «Non ti piace agosto? Vuoi vedere novembre?» Non me ne risparmiò una. Un mese dietro l’altro. Alla fine riuscii a guadagnare l’uscita. Lei mi inseguì con febbraio, giugno e settembre. Io la accontentai. «Molto, molto belle». E lei: «Nudo artistico».
Ricordo che feci una fatica incredibile per riuscire a intervistare Maria De Filippi. Anche perché era diventata famosissima, ricchissima, vippissima.
Fu una bella intervista, come quasi tutte quelle in cui protagonista è una donna. Una cosa soprattutto ricordo molto bene. Una cosa tanto bella che ci feci la chiusura dell’intervista. Mi disse Maria: «Una volta mi è arrivata una telefonata incredibile».
«Da chi?»
«Da un alto dirigente di Mediaset».
«Nome».
«Mai. È sposato, è importante, è un signore».
«E che ti ha detto?»
«Mi ha detto: “Ma sai che hai proprio due belle bocce?”». «Maria, voglio il nome!» Niente. Sposato, importante, un signore. Signore mica tanto. Comunque, quanto darei...
INTERVISTA DI CLAUDIO SABELLI FIORETTI A MARIA DE FILIPPI PUBBLICATA SU “SETTE” IL 25 MARZO 2004
Insieme fanno mezzo palinsesto. Lei, Maria De Filippi, con Amici, C’è posta per te, Uomini e donne. Suo marito, con il suo Maurizio Costanzo Show e Buona Domenica. Maria, siete una copia di tossici da lavoro?
«Potresti chiamarla anche bulimia da lavoro. Ma posso motivarla. Se si chiude una trasmissione mando a casa trenta persone. Che non guadagnavano mica quello che guadagno io».
Bulimia da altruismo?
«Dire che lo faccio solo per gli altri sarebbe una bugia perché poi il lavoro che faccio mi piace tanto ed è strapagato».
Chi è più tossico? Tu o Maurizio?
«Io mi concentro su alcune cose che mi piacciono. Non ho duemila interessi e curiosità come lui».
Non cerchi di dargli una calmata?
«Sul lavoro non interferisco. Ma ho cercato di insegnargli a volersi bene. Quando l’ho conosciuto faceva anche le serate e il tour l’estate insieme a Bracardi in giro per i paesini. Lì mi sono impuntata. In compenso adesso gli piace fare film».
[…]
Quali programmi preferisci che tuo figlio non guardi?
«Quando ho scoperto che guardava Bisturi per vedere le tette ho cercato di fargli cambiare canale. Mi spiace che guardi le tette di una che se le vuole rifare».
I programmi che non ti piacciono?
«Quello della D’Eusanio. Ma lei è brava. Al posto di Cucuzza farebbe il 40% di ascolto».
Voi vivete in funzione dell’Auditel.
«Beh, alle 10 di mattina ci precipitiamo tutti a vederli. Un punto in meno ti può rovinare la giornata. Ai tempi di Missione impossibile fu dura. Fece il 13% e ci rimasi male. Maurizio era direttore di Canale 5».
Dopo quattro settimane l’ha chiusa.
«Io l’ho saputo dal telegiornale».
Eri arrabbiata?
«Ero dispiaciuta, ma era dispiaciuto pure lui».
Il marito che chiude il programma della moglie.
«Non poteva non farlo. Se io non fossi stata sua moglie forse non mi avrebbe chiuso. Ma era un conflitto di interessi troppo evidente».
[…]
Tuo padre era severo?
«Diciamo che se mia madre si vestiva di rosso veniva giudicata troppo appariscente. Che né io né lei potevamo portare gli orecchini, giudicati troppo vistosi. Che nessuna delle due si poteva truccare».
Potevi uscire la sera?
«Sì. Ma voleva conoscere tutti i miei fidanzati. E quando andavo in vacanza con i miei amici lo sapeva solo mamma. A lui dicevamo che andavo ospite a casa dei genitori di una mia amica».
Nonostante questo in amore eri un po’ sgarzolina.
«Cioè?».
Non eri una campionessa di fedeltà e di costanza.
«Sì, sono stata sgarzolina fino alla laurea. Mi divertivo, facevo l’imbecille, collezionavo grandi stronzate che rivendico. Ma in una città di provincia tutti si devono allineare e alla fine mi ero allineata anch’io. Mi ero fidanzata con un ragazzo, Pietro, un otorino di Pavia. Dopo un paio di anni la passione era scemata, però siamo rimasti insieme altri sei anni».
Fino a quando hai conosciuto Maurizio.
«Maurizio fu il mezzo per troncare un rapporto finito».
La politica?
«Non me ne fregava niente. Mio padre era fascista. Mamma fingeva di votare Msi e poi votava a sinistra. Oppure Dc, massimo della trasgressione consentita. Anche mio fratello votava a sinistra di nascosto».
Tu per chi votavi?
«Liberale, repubblicano, Craxi. In seguito ho votato più a sinistra, anche Rifondazione comunista».
[…]
Quando hai conosciuto Costanzo?
«A Venezia, a un convegno organizzato da me. Ricordo che c’erano Orazio Gavioli, Laura Delli Colli, Giorgio Assumma. Dopo un po’ di tempo Maurizio mi telefonò per offrirmi un lavoro».
Era già cotto?
«Non credo».
Comunque ci stava provando.
«Perché?».
Perché ha offerto un lavoro a una ragazza appena conosciuta.
«È il mio lato presuntuoso. Ho pensato: ha colto la mia intelligenza».
Poiché sei intelligente avrai colto la coincidenza.
«A posteriori l’ho colta. E ci sono rimasta un po’ male».
Quando l’hai capito?
«Quando ci provò».
Ci provò subito?
«Molto presto».
E tu?
«La risposta fu no. C’era una moglie. Era tutto imbarazzante».
Che tipo è Maurizio nel corteggiamento?
«Un paraculo, veramente un gran paraculo».
Nel senso che?
«Lui sa di non essere avvenente. E allora gioca tutto sulla parola. È capace di attenzioni straordinarie. Ha la parola giusta nel momento giusto, capisce che cosa vuoi veramente, dove può colpirti. È molto intelligente. Sa come muoversi».
In ogni caso la prima volta fu un no.
«Un no molto imbarazzato».
Tipo: ma con chi credi di avere a che fare?
«No, io non sono mai stata aggressiva, non lo sono mai stata, non sono sadomaso come molti pensano, tipo frusta e stivali neri, anzi sono proprio una pippa da quel lato. Fu un no motivato, giustificato e spiegato. Un mezzo no».
[…]
Comunque…
«Ero arrivata a Roma a novembre. Quando partii per le vacanze di Natale c’era stato qualcosa, però non una cosa drammatica, molta complicità, affinità, una storiella».
Poi però…
«Quando la storia divenne impegnativa, quello che io feci, spero non me ne voglia, è fare piazza pulita intorno a lui, detto francamente, far scomparire le altre.
La moglie.
«Non solo la moglie».
Ah però. E come facevi a sapere?
«Sono imbranata ma non scema. Delle sensazioni erano diventate certezze. Ma io non volevo entrare nel novero».
La velocità della tua carriera può portare qualcuno a sospettare un certo tuo interesse.
«Siamo in separazione dei beni. La nostra casa è intestata a lui. Non ho mai chiesto nemmeno una mattonella».
Eri un’impiegata e adesso sei una star.
«Maurizio mi ha dato l’occasione di fare televisione. Capisco che qualcuno possa pensare che io mi sia messa con lui per interesse. Ma di fatto non è stato così».
[…]
Tu sei gelosa?
«In modo normale, adesso. Ma in passato lo sono stata tanto e in modo stupido».
Hai fatto scenate a Maurizio?
«Su alcune persone sì. Una volta gliene ho fatta una per la Pivetti».
Questa la devi raccontare.
«Parliamo di tanti anni fa. C’era uno strano rapporto fra i due. Lei era la presidente della Camera. Lui era il suo consulente. Una sera lei venne a cena da noi».
Foularino e tailleurino?
«Come al solito. Io risposi con la massima provocazione: mi misi un vestito da collegiale tutto blu abbottonato fino al collo, con il colletto bianco. Maurizio rimase colpito e rideva. Io poi gli facevo le facce e facevo anche la cretina. Davo corda alla Pivetti fingendo grande interesse per le cose che diceva. Raccontava che faceva footing con le guardie intorno, e io a chiederle: “A che ritmo va?”. Oppure dicevo a Maurizio: “E tu non corri mai?”».
Ti vesti più da collegiale?
«Ho smesso di fare l’imbecille».
Che cosa ti disse Maurizio, dopo la cena?
«Che ero un’imbecille, appunto. Ma si era divertito».
Parlami di Paola Barale. Se uno psicologo, in una trasmissione televisiva, avesse ammiccato a un vecchio pettegolezzo e ti avesse fatto le domande che ha fatto il dottor Mazzullo a Paola Barale a Domenica in, tu che cosa avresti risposto?
«Avrei risposto esattamente come la Barale. Ma mi sarei domandata anche il perché della domanda. Chi l’aveva ispirata? Era una domanda che arrivava da questo psicologo o da qualcun altro? E come mai uno squallido pettegolezzo metropolitano vecchio di quattro anni arrivava in tv? E perché proprio di domenica nello stesso orario in cui il mio siparietto in Buona Domenica dà una legnata alla concorrenza?».
[…] chi è il campione dell’adulazione?
«Mi viene in mente Fede, ma lui è smaccatamente adulatore».
Molti mi rispondono così. Siccome lo fa davanti a tutti, è una macchietta, non un vero adulatore.
«L’adulatore genuino non lo sgami subito, è più infido».
Dicono anche Vespa, Marzullo, Socci, La Rosa, Schifani, Bondi…
«No, no, Fede batte tutti, dovunque vada fa le sue sparate su Berlusconi. Una volta è venuto a C’è posta per te e senza che io gli avessi fatto una domanda specifica ha tirato fuori il cuoco di Berlusconi. Riesce sempre a parlare di Berlusconi anche se tu non gli domandi niente di Berlusconi».
[…] quanto guadagni?
«Sessanta milioni di lire a puntata quando faccio un programma di prima serata».
Gioco della torre. Dell’Utri o Previti?
«Non arrivo nemmeno in cima alla torre. Mi buttano giù loro prima».
Giovanna Botteri o Monica Maggioni?
«Butto la Maggioni. Ha detto che mi odia. E nemmeno ci conosciamo».
Forse ti odia come conduttrice.
«Poteva dire la detesto».
D’Eusanio o Bignardi?
«Butto la Bignardi. Con i tarocchi della D’Eusanio ci si diverte».
Ti hanno mai chiesto di fare un calendario?
«Mai. Sanno che direi di no».
Perché sei vergognosa?
«Guarda che io le metto le mie minigonne, e anche i miei bustini scollati. Una volta mi è arrivata una telefonata incredibile».
Da chi?
«Da un alto dirigente di Mediaset».
Nome.
«Mai. È sposato, è importante, è un signore».
E ti ha detto?
«Mi ha detto: “Ma sai che hai proprio due belle bocce?”».