“BAFFINO” MA A CHI TI AFFIDI? - UN RUOLO IMPORTANTE DELLA TRATTATIVA DI D'ALEMA CON I COLOMBIANI PER LA VENDITA DI ARMI LO HA RICOPERTO GIANCARLO MAZZOTTA, A PROCESSO PER ESTORSIONE AGGRAVATA DAL METODO MAFIOSO - FU LUI A FARE A D’ALEMA IL NOME DELLO STUDIO ALLEN PER CHIUDERE L'ACCORDO SULLE ARMI E A PORTARE NELL'OTTOBRE SCORSO DUE BROKER (FRANCESCO AMATO ED EMANUELE CARUSO) NELLA SEDE DI ITALIANIEUROPEI - L’AUDIO DI MAZZOTTA DAL CONTENUTO CONTROVERSO: “HA DETTO QUALCOSA COME "SE VOLETE CONTINUARE A CAMMINARE CON LE VOSTRE GAMBE DOVETE RISPETTARE IL PRESIDENTE"”
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Giacomo Amadori Fabio Amendolara per “la Verità”
Il Colombia-gate approda in Senato, in commissione Difesa nell'ambito di una rapida serie di audizioni sull'esportazione di armi italiane all'estero. Lo ha annunciato ieri sera il senatore Maurizio Gasparri: «Ovviamente informazioni e chiarimenti vanno chiesti anche al governo. Ma sarà interessante sentire Profumo, e non solo, sulla questione esportazioni e sulla vicenda Colombia in particolare. Come si è letto e sentito in alcune registrazioni nella questione colombiana, che riguarda la vendita di aerei, navi e altro, sarebbe stato in qualche modo attivo e presente anche l'ex presidente del consiglio Massimo D'Alema».
A proposito della trattativa per 2 fregate, 2 sommergibili e 24 caccia da addestramento verranno sentiti con ogni probabilità l'amministratore delegato di Leonardo Alessandro Profumo, a cui si rivolse D'Alema, e l'ad di Fincantieri Giuseppe Bono. Ma a quanto risulta alla Verità verrà chiamato anche il generale Luciano Portolano, segretario generale della Difesa e direttore nazionale degli armamenti.
«Le audizioni», ha sottolineato Gasparri «ci consentiranno di capire come procede questo export in generale, regolato da chiare norme, ma anche cosa sia successo con la Colombia. Profumo ci dovrà rispondere anche su fatti e circostanze che abbiamo letto sui giornali e sentito in tv. Profumo non ha voluto rispondere alla stampa, ma non potrà non farlo in Senato dove presto lo aspettiamo».
Chissà se verrà convocato sotto gli occhi dell'ex ministro della Difesa Roberta Pinotti (Pd) anche un altro dei protagonisti della trattativa per le armi alla Colombia Giancarlo Mazzotta, ex sindaco pugliese dalle tribolate vicende giudiziarie. Sarebbe stato lui a portare nell'ottobre scorso due broker (Francesco Amato ed Emanuele Caruso) nella sede di Italianieuropei, fondazione presieduta da D'Alema. E sempre Mazzotta si sarebbe presentato nell'ufficio del sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè per capire se nel filo diretto tra il governo colombiano e quello italiano si potesse inserire anche D'Alema: «Il presidente è nei paraggi del ministero.
Se c'è bisogno lo faccio salire» avrebbe detto al sottosegretario prima di essere messo alla porta. L'ex premier italiano in questi giorni è sotto un treno. Con le persone a lui più vicine, con la stessa difficoltà che aveva Arthur Herbert Fonzarelli, detto Fonzie, a dire «ho sbagliato», ha ammesso di aver commesso un grave errore ad affidarsi a personaggi su cui non aveva fatto fare nessun tipo di controllo e che lo hanno messo in contatto anziché con il ministro della Difesa colombiano con un ex paramilitare condannato a 40 anni di reclusione per crimini di guerra.
Ma D'Alema ha passato il cerino a Mazzotta sulla questione più scabrosa, ovvero la mediazione multimilionaria che il gruppo Leonardo avrebbe dovuto affidare allo studio legale di Robert Allen a Miami e in particolare al collaboratore Umberto Claudio Bonavita. Ebbene a fare il nome dello studio Allen a D'Alema sarebbe stato proprio Mazzotta. E l'ex segretario del Pds lo avrebbe indicato a Profumo.
Una segnalazione che avrebbe portato l'azienda a preparare un contratto che, però, non è stato firmato. Insomma a far partire la valanga che sta travolgendo l'ex primo ministro, oggi consulente di Ernst & Young e advisor con una propria società, sarebbe stato proprio Mazzotta. Che in questi giorni si è inabissato come uno di quei sommergibili che provava a far vendere con l'aiuto di D'Alema alla Marina militare colombiana. I due broker ci hanno parlato anche di un audio di Mazzotta dal contenuto controverso.
«Ha detto qualcosa come "se volete continuare a camminare con le vostre gambe dovete rispettare il presidente"» ci ha raccontato Amato, promettendoci l'invio del file. Caruso ha negato: «È un audio personale, ma non minaccioso, in cui Mazzotta parla anche dei suoi rapporti con D'Alema». Ricordiamo che Mazzotta è stato sindaco di Carmiano, un municipio sciolto per infiltrazioni mafiose. È stato primo cittadino per due mandati, il secondo dei quali interrotto dal ministero dell'Interno il 5 dicembre 2019, cosa che non gli ha impedito, un anno fa, di presentare la sua lista per concorrere per il terzo incarico risultando, però, sconfitto per un centinaio di voti.
Era andato a casa perché avrebbe, stando alla ricostruzione degli ispettori ministeriali, «istigato un esponente di spicco della locale organizzazione criminale, suo stretto parente, affinché, con metodi mafiosi, costringesse un consigliere comunale ad assicurare il suo appoggio politico al primo cittadino, facendolo così desistere dal proposito di dimettersi». Una questione finita al centro di un'indagine giudiziaria ribattezzata «Cerchio», che proprio nel 2019 ha portato al rinvio a giudizio di Mazzotta, che ora sta affrontando un processo per estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Durante l'ultima udienza, il 14 febbraio scorso, è stato ascoltato in aula un pentito della Sacra corona unita che ha confermato ai giudici di aver avuto un incontro con l'ex sindaco in un bar, durante il quale gli fu chiesto appoggio per la campagna elettorale. «Ma non se ne fece nulla», ha spiegato il collaboratore di giustizia, «perché nel frattempo venni arrestato».Ma nel corso di quelle ispezioni al Municipio sarebbe emerso pure «un condizionamento criminale nel settore degli appalti di lavori e servizi pubblici».
La relazione della Prefettura inviata al ministero lo definisce un «sistema», caratterizzato «da un diffuso ricorso a procedure irregolari e da una costante frammentazione degli interventi che, in elusione della normativa di settore, hanno favorito sempre le stesse ditte».Il Prefetto di Lecce ha inserito nella black list cinque delle società riconducibili all'ex sindaco e alla sua famiglia (misura poi sospesa dal Tribunale), mentre la Guardia di finanza stava ricostruendo quella che gli investigatori hanno definito una «frode carosello» realizzata grazie a false fatture per una presunta evasione fiscale milionaria.
Il prossimo 18 marzo ci sarà l'udienza preliminare per Mazzotta e i suoi tre figli. L'ex sindaco è stato rinviato a giudizio anche per aver violato i sigilli di un lido di cui era custode giudiziario dopo che era stato sequestrato per abusi edilizi. I magistrati gli contestano anche la frode processuale e l'istigazione alla corruzione. Un comportamento che avrebbe adottato di fronte a un comandante e a un tenente della polizia provinciale di Lecce, per fargli ritardare le operazioni in corso o fargli compiere atti contrari ai propri doveri.
E avrebbe pronunciato frasi da commedia all'italiana: «In questa struttura se volete siete i benvenuti anche con le vostre signore noi abbiamo sempre delle tessere a disposizione per i nostri clienti e comunque anche quando lo stabilimento è pieno, ci sono sempre dei posti in prima fila riservati». Ma Antonio Arnò e Alessandro Guerrieri, anziché cedere, hanno mandato alla sbarra il presunto furbacchione. Che avrebbe continuato con le sue proposte, anche dopo la stesura del verbale da parte dei due poliziotti: «Nella mia struttura c'è sempre un posto in prima fila per le personalità di spicco come prefetti e procuratori e anche per voi posso riservare lo stesso trattamento».