“CI MANCA SOLO L’INVASIONE DELLE CAVALLETTE” - A VENEZIA MANCA MENO DI UNA SETTIMANA DAL CARNEVALE MA TRA L’ACQUA ALTA DI NOVEMBRE E IL CORONAVIRUS LE PRENOTAZIONI LANGUONO: GLI ALBERGHI SONO PRENOTATI AL 40% NEI GIORNI INFRASETTIMANALI – IL MERCATO DEI CINESI VALE MEZZO MILIONE DI PRESENZE ALL’ANNO, MA IL PROBLEMA NON SONO SOLO LORO. È CHE CON L’EPIDEMIA LE PERSONE NON HANNO VOGLIA DI VIAGGIARE...
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Alberto Mattioli per “la Stampa”
Dopo l' acqua granda, il coronavirus. «Manca solo l' invasione delle cavallette», commenta un ristoratore dando un po' sul biblico. In effetti, per chi vive di turismo a Venezia, tutti, l' allegria è più o meno quella del profeta Geremia.
L' ambiente non si era ancora ripreso dall' acqua alta del 12 novembre che è arrivata anche l' epidemia "made in China", con tutto il corollario di voli sospesi, frontiere chiuse, allarmi, allarmismo e panico global. A una settimana dal Carnevale, che inizia sabato prossimo, i numeri sono sconfortanti: per ora, gli alberghi sono prenotati al 70% nei week-end carnascialeschi e molto meno, sul 40, nei giorni infrasettimanali. Un 10% in meno rispetto al 2019. «Basta fare un giro su Booking: per i giorni di Carnevale si trova una camera in un hotel di medio livello per 50-60 euro. Pochissimi», sospira Carlo Scarpa, direttore dell' Associazione albergatori.
Il problema non sono tanto i cinesi, «che sono i clienti del futuro, quindi importantissimi, ma per ora rappresentano poco più del 3% dei turisti a Venezia», dopo americani, britannici pre-Brexit, francesi e tedeschi. E tuttavia anche i soli cinesi, circa mezzo milione di presenze all' anno, non sono da sottovalutare: spendono poco per gli alberghi, perché viaggiano per lo più in comitiva e magari scendono a Mestre, ma moltissimo nei negozi. Sul fatturato del turismo veneziano, indotto compreso, pesano per circa il 4%: 60 milioni all' anno che, su un miliardo e mezzo totale, non è moltissimo. Il guaio vero è che, a causa dell' epidemia e più ancora del panico che ha generato, la voglia di viaggiare sta passando in tutto il mondo.
Specie verso i luoghi affollati, e pochi lo sono tanto come le calli veneziane durante il Carnevale. «Dal 5 al 7 - racconta Scarpa - avremo ospiti 50 giornalisti internazionali per mostrare loro che sull' acqua alta i media hanno molto esagerato e a Venezia è tutto aperto e funzionante. L' epidemia in Cina proprio non ci voleva».
Il paradosso Piove sul bagnato, volendo fare una battuta. E si constata per l' ennesima volta il paradosso dei veneziani, almeno quei pochi che ancora abitano qui, che si lagnano di vivere a Disneyland ma scoprono che, se il turismo va in crisi, non c' è altro. Spiega Jan Van der Borg, che insegna Economia del turismo a Ca' Foscari: «Venezia è un luogo monotematico. Vive di turismo e solo di turismo.
Ma succede come in certi Paesi africani interamente dediti alla monocultura. Se produci, poniamo, soltanto tabacco e a un certo punto il mercato del tabacco va in crisi, sei nei guai.
Bisognerebbe diversificare, ma manca ogni visione sul futuro della città. Figuriamoci con Brugnaro, che è uno dei peggiori sindaci degli ultimi decenni».
È un coro. Si lamenta della rarefazione di stranieri il bangla che vende la sua paccottiglia turistica, si lamenta la barista (cinese, ironia della sorte), si lamenta il titolare del negozio di maschere (veneziano, almeno lui). In effetti, passeggiando per Venezia non si viene soffocati dalla solita ressa.
Sotto i portici di piazza San Marco si riesce perfino a camminare normalmente invece che incolonnati e pressati come al solito. E ci sono perfino i cinesi, arrivati da altri Paesi europei o prima del blocco dei voli. Come l' ingegnere di Pechino e signora "nel commercio", attività che in Cina ha una quantità di possibili significati, intercettati sul ponte dell' Accademia. Sono in Italia da una settimana, hanno già "fatto" Roma e Firenze, dovrebbero proseguire per Milano, non capiscono bene l' allarme ("Wuhan? Noi viviamo a Pechino, sono almeno mille chilometri") e sono solo preoccupati per il rientro, visto che i voli dall' Italia alla Cina non ci sono più, e dovranno studiare complesse triangolazioni.
Ma almeno la gente non si scosta se passano né dà in escandescenze se starnutiscono, quando invece le cronache locali sono piene di episodi sconcertanti, dalla baby gang di ragazzini che alla Giudecca ha inseguito e insultato una coppia di orientali alla ragazza italiana di origine cinese cui i soliti ignoti hanno sputato sul Venezia-Padova.
Di meglio, anzi di peggio, ha fatto Niclo Scomparin, fratello d' Italia e consigliere comunale a Casier, Treviso, che ha delirato su Fb: «Mancavano gli onti cinesi per impestarci", dove "onti" in dialetto sta per sudici ma in italiano ricorda gli untori (dopo le proteste il tizio ha cancellato tutto, e così il post di Scomparin scomparì).
Resta che a Venezia ci sono troppe camere d' albergo non occupate e troppe sedie vuote nei ristoranti per colpa di una malattia misteriosa a sette fusi orari dall' Italia. Anche la paura è diventata globale.