1 – PER SALA I NUMERI NON TORNANO "A MILANO 150 MILA CONTAGIATI"
Fabio Poletti per “la Stampa”
La guerra sui numeri dei contagiati al Covid-19 va avanti dall' inizio della pandemia.
Quelli ufficiali a Milano, forniti nel report quotidiano di Regione Lombardia, sono diventati 7221 con un incremento di 105 positivi al Coronavirus rispetto al giorno prima. Per capirne di più il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha scritto una lettera al Governatore lombardo Attilio Fontana per chiedergli conto dei conti.
Il contenuto della missiva l' ha spiegata lui stesso nel quotidiano messaggio sui social: «Abbiamo buone notizie ma c' è anche una grande incertezza sui contagi. Mi trovo in imbarazzo perché ho dei dati sulla progressione dei contagi e il numero è 7116, poi ho degli scienziati che mi dicono altri numeri. Come dice il professor Carlo Lo Vecchia (è un epidemiologo, ndr) i contagiati a Milano sono tra i 150 mila e i 300 mila. Capite l' incertezza e l' imbarazzo. Per questo sto chiedendo al presidente Fontana di avere maggiore chiarezza su questi numeri, ovvero capire da dove nasce questa misurazione».
Spiegano meglio da Palazzo Marino: «Siamo vicini alla fase 2, quella della riapertura. Sapere il numero dei contagiati vuol dire conoscere quanti tamponi sono stati fatti a Milano e soprattutto a chi. Perché se fossero stati fatti solo ai medici e al personale sanitario, vuol dire che c' è una marea di cittadini potenzialmente in movimento tra pochi giorni di cui non sappiamo nulla, soprattutto se hanno sintomi e sono contagiosi».
Ad una lettera ufficiale il Governatore Attilio Fontana risponderà nei prossimi giorni con un' altra lettera ufficiale al sindaco di Milano. Dove non solo saranno dettagliati i numeri dei contagi, ma pure la quantità e il metodo scientifico con cui vengono eseguiti i tamponi. Si sa che fino a ieri in Lombardia sono stati effettuati 302 mila e 715 tamponi, con un incremento di 12 mila e 16 in un giorno solo. Di questi 70 mila e 165 sono risultati positivi, 1073 in più dal giorno prima.
GIUSEPPE CONTE ATTILIO FONTANA
Dalla Regione hanno sempre spiegato che il numero dei contagiati nasce da chi è finito nelle strutture sanitarie e chi è stato sottoposto a tampone. Al punto che veniva spiegato con l' aumento dei numeri dei tamponi processati, la curva di discesa troppo lenta dei positivi al virus. Ma già i dirigenti dell' Ats di Milano parlavano nei giorni scorsi di 60-70 mila casi in più in Lombardia, considerando chi ha i sintomi del Covid-19 ma non è stato sottoposto a tampone. Per non parlare del virologo del Sacco Massimo Galli che da sempre parla che i numeri vanno moltiplicati per 10, considerando chi ha i sintomi, è a casa in quarantena, ma non viene sottoposto a tampone perchè le sue condizioni non sono così gravi da rendere necessario il ricovero.
Anche i medici di base che hanno il polso delle situazioni famigliari, parlano di una quantità di persone sintomatiche molto al di sopra delle classifiche ufficiali. Altri virologi assicurano che il computo dei casi è difficile, avendo disomogeneità nelle modalità di effettuazione dei tamponi. L' assessore lombardo alla Sanità Giulio Gallera invita a guardare con ottimismo alla curva epidemica, piuttosto che ai numeri assoluti dei contagiati: «Non sono dati che evidenziano criticità di carattere sanitario. Il dato degli ospedali dove si stanno liberando posti letto non ci fa ipotizzare una zona rossa».
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2 – LO SCANDALO RSA QUANTI MALATI HAN TRASFERITO? I CONTI LOMBARDI NON TORNANO
Maddalena Oliva, Natascia Ronchetti e Valeria Pacelli per “il Fatto quotidiano”
milano non si ferma lo spot di sala sul coronavirus 1
Siccome sono un amministratore per cui l' unico obiettivo è salvare le persone, per il bene dei miei cittadini la delibera sulle Rsa la rifarei, ma forse sarebbe stato meglio lasciare che 150 persone non trovassero posto in ospedale oggi io sarei meno sotto le polemiche". È l' assessore alla Sanità e al Welfare della Regione Lombardia che parla, intervistato ieri a 7Gold. Un Giulio Gallera che non mostra autocritica - ancora una volta - sulla gestione dello tsunami che ha travolto la Lombardia e soprattutto le strutture per anziani, dove per Covid-19 si contano migliaia di morti. Ma, a due mesi dalla scoperta del "caso Mattia" e del primo focolaio di Codogno, è proprio la comunicazione della Regione a mostrare, sulla "strage dei nonni", le prime crepe.
La polemica sulla famosa delibera regionale dell' 8 marzo, è nota. Così come la linea di difesa della Regione che, a più riprese, ne ha ridimensionato l' impatto: nessun contagio in Rsa da pazienti trasferiti; non c' è mai stata "contaminazione" tra i positivi e gli altri ospiti anziani; "erano le Ats ad avere il compito di verificare le condizioni delle strutture che hanno accolto pazienti"; i contagi (e i decessi) sono imputabili a un periodo precedente, a quando il virus era libero di circolare a febbraio.
"Non c' è stata alcuna pressione - ha ribadito due giorni fa il governatore Attilio Fontana al Corriere - solo una lettera per chiedere di ospitare pazienti ma solo nel caso di disponibilità di spazi separati e personale dedicato. Sa quante strutture hanno risposto? 15 su oltre 700". Per un totale di 147 pazienti. Segnatevi questo numero, 147, perché, sorprendentemente, quasi magicamente, tornerà spesso.
È la prima settimana di aprile quando Gallera per la prima volta parla di "147 pazienti accolti in 15 strutture: quelle che hanno accettato, un numero ristretto che ci ha consentito di salvare vite umane, perché in quel momento l' obiettivo era di liberare posti letto negli ospedali". Passano i giorni, molti anziani nelle Rsa muoiono, e continuano a morire. Molti altri si stabilizzano e vengono dimessi.
conferenza stampa inaugurazione ospedale fiera milano 3
Eppure, quel numero resta sempre lo stesso: 147. Abbiamo chiesto quotidianamente aggiornamenti alla Regione su questo numero. Sempre 147. Abbiamo chiesto per giorni anche l' elenco delle strutture che hanno accolto, a partire dall' entrata in vigore della delibera dell' 8 marzo, pazienti Covid.
Solo qualche giorno fa, siamo riusciti a ottenere dalla Regione l' elenco delle località dove hanno sede le famose 15 case di cura interessate dai trasferimenti.
GUIDO BERTOLASO ATTILIO FONTANA
"San Pietro, Martinengo, Scanzorosciate, Cologno al Serio, Bergamo città, Sabbioneta, Ostiano, Vailate, Maleo, Codogno, Darfo Boario Terme, Mortara, Morbegno", ci hanno comunicato dal Pirellone. Possiamo sapere il nome delle strutture? Nessuna risposta. Così località per località, territorio per territorio, Ats per Ats, abbiamo chiamato le diverse Rsa, chiedendo i numeri effettivi di tutti i pazienti Covid a bassa intensità lì trasferiti. La storia è tutta un' altra. C' è chi ci ha risposto, e chi non ha voluto farlo "perché non autorizzato".
Ci sono poi strutture che abbiamo rintracciato, ma che non erano presenti tra le località indicate dalle Regione. E alcune di quelle indicate che invece non hanno Rsa che abbiano accolto casi Covid. Alla fine i numeri non tornano: ne abbiamo contati almeno 225. Il che significa che ancora una volta nella gestione dell' emergenza alla Regione sfugge il controllo di molte cose.
Ecco cosa abbiamo scoperto. Ats Bergamo: solo qui 156 pazienti trasferiti In una delle province più colpite dai contagi sono 7 le case di riposo che hanno risposto all' Sos della Regione. Solo su questo territorio sono 156 i pazienti trasferiti nelle strutture per anziani. Abbiamo chiesto ufficialmente all' Ats Bergamo che non risponde. Non tornano i numeri e nemmeno le località che, stando all' elenco della Regione, hanno accolto in questo territorio pazienti Covid.
Otto pazienti sono stati trasferiti nella struttura della Fondazione Ponte di San Pietro, un paesino di poco più di 11 mila abitanti. C' è poi la Fondazione Balicco di Martinengo che ha ospitato nella propria Rsa "15 pazienti Covid positivi dimessi dall' ospedale - come spiegano dalla Fondazione - in un reparto completamente vuoto e indipendente al piano terra della struttura, e con personale dedicato. Sono pazienti clinicamente stabili, in attesa degli esiti dei tamponi per poter rientrare al domicilio".
A Scanzorosciate, invece, la struttura che ha risposto alle delibere regionali è la Fondazione Piccinelli , dove sono arrivati 20 pazienti. Spiega il direttore generale Enrico Madona: "I nuovi arrivati sono stati posti nel 'reparto Cure intermedie (ex post acuti)', che esiste dal 2013, con 15 posti letto e in cui presta servizio personale apposito. Il primo paziente Covid da altri ospedali è arrivato il 24 marzo". C' è poi la struttura dedicata agli anziani della Fondazione Vaglietti di Cologno al Serio che ne ha accolti 11. E poi ci sono i 22 malati "dimessi" ospitati nella struttura Casa Honegger (Albino), dove - spiegano i dirigenti - è stato predisposto un reparto isolato. Ma non è finita.
Nella città di Bergamo ci sono altre due case di riposo, la Santa Maria Ausiliatrice della Fondazione Carisma e la Residenza Anni Azzurri , che si sono rese disponibili all' accoglienza. Nella prima sono stati ospitati finora almeno 80 pazienti, di cui 45 ancora presenti. Non si conoscono invece i dati della Residenza Anni Azzurri: nessuno ha riposto alle nostre domande.
Ats Val Padana: altri 41 L' Ats Val Padana, che comprende le province di Mantova e Cremona, spiega al Fatto: "I pazienti dimessi Covid positivi e accolti nelle nostre Rsa sono stati 41, 26 dei quali su posti letto di Rsa in due strutture, i restanti 15 in un nucleo di cure 'post-acute' ubicato presso una terza Rsa". Tra le strutture in questo territorio, in provincia di Cremona c' è la Fondazione Ospedale Caimi di Vailate che ha accolto 10 pazienti e la Bruno Pari di Ostiano dove ne sono arrivati altri 12.
A Sabbioneta (Mantova), nella Rsa Giuseppe Serini ne sono arrivati altri 14. C' è poi la Fondazione Benefattori cremaschi di Crema. "Abbiamo accolto 20 pazienti Covid provenienti dagli ospedali. Non si poteva scegliere, la delibera di fatto lo impone a tutte le strutture con determinate caratteristiche", ha raccontato nei giorni scorsi al Fatto Gianpaolo Foina, direttore generale.
Dall' Ats Pavia nessuna informazione, tutto tace Nonostante mail e telefonate, non è arrivata alcuna risposta dall' Ats di Pavia. Stando alla lista ottenuta dalla Regione, ci sarebbe una sola Rsa che avrebbero messo a disposizione posti letto. Si trova a Mortara. Abbiamo contattato due case di riposo del posto che ci hanno spiegato di non aver ospitato alcun paziente. Abbiamo chiesto anche alla Fondazione Alceste Cortellona : "Il Consiglio di Amministrazione non rilascia dichiarazioni, precisando che l' organo a cui deve rendicontare è l' Ats", è stata la loro risposta.
Ats Milano: 28 trasferiti Ma il dato è parziale Quanto alla città metropolitana di Milano, stando ai dati forniti dall' Ats (che ha competenze anche sulla provincia di Lodi), tre strutture hanno accolto 28 persone. È una cifra che - spiegano dall' Ats - non tiene conto di tutti coloro che sono stati trasferiti sì in Rsa, ma in reparti dedicati "alle cure intermedie". È il caso della Fondazione Don Gnocchi . In Lombardia, l' unica struttura della Fondazione che ha risposto alle delibere regionali è l' Istituto Palazzolo, dove sono stati messi a disposizione 36 posti letto. Di questi, secondo quanto risulta al Fatto, sono stati 33 quelli effettivamente occupati da pazienti Covid provenienti dagli ospedali.
La Fondazione ha messo a disposizione altri 74 posti in tutta Italia. Quanti di questi poi sono stati effettivamente occupati, e dove? Non abbiamo ottenuto alcuna risposta. Sotto la competenza dell' Ats Area metropolitana Milano, c' è anche la Rsa San Giorgio di Codogno che ha ospitato 10 pazienti a "bassa intensità", spiegano dalla struttura, e dopo il loro arrivo, assicurano, non si sono registrati decessi.
Altro mistero: dalle griglie fornite dalla Regione ci sarebbe anche una casa di riposo di Maleo (Lodi) che avrebbe risposto alle delibere. Abbiamo contattato le strutture di questo piccolo paesino e nessuna di loro avrebbe accolto pazienti da altri ospedali.
Per quello che riguarda il resto dei territori, l' Ats Insubria e l' Ats Brianza confermano di non aver accolto pazienti Covid. L' Ats Brescia, invece, rifiuta di rispondere: ha fornito tutte le informazioni già alla magistratura.
La Regione ora risponda Ieri, l' Organizzazione mondiale della sanità ha parlato di "tragedia inimmaginabile": in Europa, la metà delle persone morte di Covid erano anziani residenti in case di cura. Era stato proprio l' Oms a chiedere conto all' Italia del "perché del massacro avvenuto nelle Rsa". La magistratura sta indagando. Ma è doveroso che intanto la Regione renda disponibili tutti i dati e le informazioni relative alle Rsa. Per chiarezza. E per giustizia.