“DAVANTI CASA DI GIORGIA MELONI, QUELLA SERA, C’ERO IO” – “IL FATTO” INTERVISTA UNO DEI DUE UOMINI BECCATI IL 30 NOVEMBRE SCORSO AD ARMEGGIARE NELLA PORSCHE DI ANDREA GIAMBRUNO. MA LA SUA VERSIONE NON CONVINCE: “ERO CON UNA PERSONA CHE AVEVO APPENA CONOSCIUTO E NON HO MAI PIÙ RIVISTO, MA NON FACEVAMO NULLA DI MALE. È STATO UN EQUIVOCO” – “IL TESSERINO FINTO MOSTRATO ALLA POLIZIA? HA PARLATO L’ALTRO UOMO, IO ERO IN MACCHINA. PER QUANTO NE SAPEVO, NON ERA UN COLLEGA”. QUINDI LUI È UN POLIZIOTTO? UN AGENTE DEI SERVIZI, COME SEMBRAVA ALL’INIZIO? E PERCHÉ SI TROVAVA CASUALMENTE, INSIEME A UNO SCONOSCIUTO, “NEL POSTO SBAGLIATO AL MOMENTO SBAGLIATO”?
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SOTTO CASA DI MELONI C’ERO IO”. MA RIMANE IL MISTERO SUL 2° UOMO
Estratto dell’articolo di Valeria Pacelli per “il Fatto quotidiano”
Il mistero del secondo uomo che la notte del 30 novembre scorso si trovava davanti la casa di Giorgia Meloni è tutt’altro che risolto. E a confermarlo al Fatto è uno dei protagonisti di questa storia.
“Davanti la casa della premier – è in sostanza la sua versione – c’ero io quella sera. Ero con una persona che avevo appena conosciuto e che non ho mai più rivisto. Ma non facevamo nulla di male, non volevamo mica rubare le ruote della Porsche parcheggiata lì davanti. È stato tutto un equivoco: ero nel posto sbagliato al momento sbagliato”.
“Mai più rivisto” e – stranamente – “mai conosciuto”, dice l’uomo finito al centro di quello che la stampa ha raccontato come il mancato furto dell’auto di Andrea Giambruno, l’ex compagno della premier. […] senza questo tassello sarà difficile azzerare per davvero gli scossoni che, a Natale scorso, si sono sentiti fin dentro Palazzo Chigi con Giorgia Meloni convinta di uno spionaggio ai suoi danni.
[…] Tutto comincia il 30 novembre 2023. La premier è all’estero e davanti la casa dove abitava fino a poco fa, in zona Roma Sud, c’è la Porsche di Giambruno. Verso le 3 di notte, una poliziotta […] nota due uomini vicino all’auto. Si avvicina e i due, secondo quanto scritto dal Domani che ha rivelato settimane fa la vicenda, “si presentano come ‘colleghi’, mostrano frettolosamente un distintivo o qualcosa di simile”. La poliziotta così li lascia andar via: non appunta né le generalità, né il numero del presunto distintivo, né la targa dell’auto. Poi stila una relazione che finisce alla Digos e in Procura a Roma.
La poliziotta, una volta convocata, delinea i tratti dei due uomini. Ed è proprio in questo momento che a Chigi partono i sospetti di spionaggio. Pensando che si trattasse di due della scorta, un funzionario della Questura le sottopone alcune foto. La poliziotta inizialmente riconosce due agenti dell’Aisi (non dunque l’uomo con il quale abbiamo parlato) che, però, avevano fatto richiesta di trasferimento al reparto “cugino”, l’Aise.
Qui i due sono diventati operativi il 12 dicembre 2023, quindi dopo l’episodio, ma la loro richiesta di trasferimento sarebbe precedente. E dunque: come è possibile che siano stati identificati proprio loro due? […] Il Corriere il 29 aprile aveva scritto che il team di Meloni ne aveva chiesto l’allontanamento. È realmente così?
Alla fine un’indagine amministrativa dell’Aisi […] ricostruisce però che quella sera non c’erano gli 007 davanti la casa della premier, ma altre due persone, a bordo di una Mercedes. Secondo le prime ricostruzioni si stavano muovendo con una lucina vicino alla Porsche. Uno di questi due uomini è stato identificato e interrogato dagli investigatori. Il Fatto lo ha raggiunto per capire come è andata […].
Lo chiameremo Claudio […]. “Io ero lì quella sera – racconta – , ma non facevo nulla di male”. Non fornisce dettagli sull’uomo che era con lui. Non lo ha raccontato neanche alla Digos che lo ha interrogato settimane fa. E infatti la Procura di Roma che ha aperto un fascicolo, sta cercando di identificarlo. “Non lo conosco, – spiega Claudio al Fatto – l’ho conosciuto quel giorno e non l’ho mai più rivisto”.
È, dunque, questa storia del tesserino finto mostrato e del fatto che vi siete presentati come “colleghi”? “Ero in macchina quando è successo – spiega –, non ci ho parlato io (con la poliziotta, ndr).
Ci ha parlato quest’altro che se avesse detto ‘guardi non stiamo a fa’ niente, siamo qua di passaggio’, quelli avrebbero risposto: ‘Qua non ci puoi stare…’. Sarebbe finita così”.
Dunque è stato questo secondo uomo a dire di essere un “collega” della poliziotta? “L’ho saputo durante l’interrogatorio, però le posso assicurare che quello, per quanto sapevo io, non era un collega. Lui gli ha detto ’ste stronzate e ha creato tutto ’sto casino”.
Nella versione di Claudio quindi quella sera lui e l’altra persona erano solo di passaggio. “Io non sapevo né chi fosse Giambruno, né che fosse casa di Meloni – assicura –. Di tutta ’sta storia, politica, servizi, non so nulla. Ero nel posto sbagliato al momento sbagliato. È stato un equivoco”.
Claudio non rischia nulla: non può essere indagato per un furto che non è stato neanche tentato. Ma l’uomo che era con lui, che avrebbe mostrato un tesserino, se confermata questa ipotesi, qualche grana potrebbe averla. Vedremo come finirà l’inchiesta dei pm romani.