“ERO COME SOSPESO IN UN MONDO STRANO, GELIDO E BUIO” – PARLA IL 53ENNE FULVIO GIOVANNINI, SEPOLTO PER 50 MINUTI SOTTO LA VALANGA: “CAPIVO POCO, POI MI SEMBRAVA DI VEDERE UN BAGLIORE DAVANTI A ME. AVEVO LE MANI SCHIACCIATE SOTTO LA PANCIA, RIUSCIVO APPENA A MUOVERE LE DITA. I PIEDI ERANO COME NEL CALCESTRUZZO. HO PENSATO 'MADONNA, CHE COSA HO FATTO' E POI…”
-Enrico Martinet per “la Stampa”
Valle d' Ultimo, ai confini tra Trentino e Alto Adige, sabato, fine mattinata. Cima Tovo, qualcosa più di 3.100 metri. Tre scialpinisti dopo la lunga salita cominciano il divertimento della discesa, ma staccano una valanga gigantesca, a lastroni. Uno di loro, chi faceva la prima traccia, Fulvio Giovannini, 53 anni, geometra e esperto alpinista, con alle spalle l' attraversata invernale dell' Alaska con l' amico Maurizio Belli (1.100 chilometri, 55 giorni), rimane sepolto da 70 centimetri.
I suoi amici non riescono a trovarlo, nonostante fossero attrezzati con l' Arva, apparecchio radiotrasmittente.
Fulvio resta per 50 minuti sotto la neve. Neanche un graffio, soltanto freddo. Eccezionale, anche se non un record, c' è chi è riuscito a sopravvivere in valanga perfino per un giorno. Lui, Fulvio Giovannini, ci pensa un po', poi dice: «Fortuna, gli altri mi hanno detto miracolo».
Ha pensato, questa sarà la mia tomba?
«Beh, un' ombra mi ha sfiorato. Attimi di confusione, di agitazione, ero bloccato non riuscivo a muovere niente. Capivo poco, poi mi sembrava di vedere un bagliore davanti a me. Avevo le mani schiacciate sotto la pancia, riuscivo appena a muovere le dita. I piedi erano come nel calcestruzzo.
Ho pensato "Madonna, che cosa ho fatto" e poi ho messo tutta la mia forza per muovermi.
Niente».
Terrore?
«La paura se n' è andata quando il mio cervello mi ha detto "respiri". Già, respiravo, aria nella direzione di quel bagliore. Era una valanga di lastroni, quello mi continuava a tormentare perché faccio scialpinismo da trent' anni, ne ho visto tante, mi hanno sfiorato.
So che sono terribili, ti fanno a pezzi. Ma io non avevo male da nessuna parte, dopo un po' ho sentito freddo. Riuscivo a ruotare di qualche grado la testa, tutto lì. A un certo punto però ho avuto un attimo di panico...».
Perché?
«Perché fino a qual momento non riuscivo a sentire nulla e poi ho sentito dei boati. E ho pensato a un' altra valanga, avrebbe voluto dire essere sepolto. Ma dopo qualche minuto ho capito che erano raffiche di vento. Ci avevano già sorpreso mentre salivamo.
Ho fatto un respiro, ma cominciavo a tremare per il freddo».
E i suoi compagni?
«Aspettavo che qualcuno mi trovasse perché avevo con me l' Arva e sapevo che anche Federico e Michele lo avevano.
Speravo non fossero stati travolti. E poi ricordavo che al mattino avevo visto altri scialpinisti salire verso l' altra punta, l' Orecchio della lepre, quindi qualcuno avrebbe visto la valanga e sarebbe venuto a cercarmi».
E invece il tempo passava
«No, non per me, non mi rendevo conto del tempo. Ero come sospeso in un mondo strano, gelido e con una tenue luce. Quando mi hanno tirato fuori un soccorritore mi ha chiesto da quanto tempo ero lì e io ho risposto dieci minuti. Erano 50. Incredibile».
Ricorda come è stato travolto?
«Ricordo tutto. Conoscevo l' itinerario, lo avevo già fatto altre tre volte. Lo avevamo scelto perché era nevicato poco in quella zona, ma non abbiamo fatto i conti con il vento. Non mi sono accorto che aveva accumulato la neve, sembrava pendio...».
Lei dov' era?
«Ero davanti e mentre scendevo ho visto con la coda dell' occhio la neve che si muoveva dietro di me, ma a decine di metri. Ho avuto il tempo di gridare "parte" che l' avevo addosso perché i lastroni fanno effetto domino e in un attimo sei travolto. Sono riuscito a galleggiare poi come un' onda è salita al mio fianco, ho sentito una botta e sono stato travolto. Come in un vortice... il silenzio, il buio».
E il bagliore?
«L' ho visto davanti a me, come un filo di luce. Ho pensato di liberarmi in fretta, ma in realtà ero fra neve e ghiaccio, immobilizzato. E dopo l' agitazione, gli inutili tentativi di muovermi ho capito che potevo respirare. E mi sono calmato. Ho avuto fortuna di non capire quanto tempo passava, quindi l' attesa non è stata affannosa. Avessi saputo che i miei compagni mi stavano cercando 300 metri più lontano da dove ero io avrei avuto davvero paura. Non riusciamo a capire che cosa possa essere successo, un segnale fasullo».
Ma i soccorritori, che hanno anche visto un suo sci uscire poco lontano l' hanno subito individuata.
«Meno male, certo. Sono stati bravissimi, vorrei ringraziarli tanto. Così come i medici dell' ospedale di Merano. Mi hanno fatto due ecografie all' addome perché temevano che potessi avere ferite interne. Grande professionalità e umanità, grazie».
Attacca gli sci al chiodo?
«No, certo che no. Questa valanga mi ha insegnato molto. E oggi (ieri, ndr) sono tornato là, ai piedi di quella massa di neve e ghiaccio. L' ho guardata per un po', memorizzata».