“FAUSTO È NATO, CRESCIUTO E VISSUTO POVERO. GLI HO INSEGNATO A GUADAGNARSI I SOLDI ONESTAMENTE” – IL RISCATTO DI VERONICA IBI, 49 ANNI, MAMMA DI FAUSTO DESALU, UNO DEI QUATTRO RAGAZZI D’ORO DELLA 4X100: “NON CE LA PASSAVAMO BENE. NON AVEVA VESTITI BELLI O SCARPE NUOVE. IO AL MASSIMO POTEVO DARGLI DUE EURO A SETTIMANA DA SPENDERE. MI AVEVA PROMESSO CHE MI AVREBBE RESO ORGOGLIOSA” – “QUANDO ERA PICCOLO PENSAVO FOSSE MALATO, MA …” - VIDEO
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Andrea Sorrentino per “Il Messaggero”
Dopo 29 anni in Italia e una vita in apnea, al ritmo di sacrifici e fatiche, il bilancio di Veronica è in attivo: «Sono una donna fortunata». E mica solo perché ha appena visto suo figlio alla premiazione di Tokyo, Faustino che le sorride in mondovisione con la medaglia d'oro della 4x100 al collo, lei a casa a Casalmaggiore, bassa cremonese che digrada verso Parma, il Po sotto la finestra.
«Sono fortunata perché in Italia ho incontrato tante persone che mi hanno voluto bene. E mi hanno aiutato a crescere mio figlio». Poi esplode in una di quelle magnifiche risate africane, tonanti e contagiose: «Ci crede che da bambino l'ho portato dal dottore, perché credevamo che fosse malato? Correva sempre, scappava da tutte le parti!».
Veronica Ibi, 49 anni, nigeriana, mamma di Eseose Fostine Desalu, per lei Faustino. L'emozione della vittoria è stata violenta. «Mammamia Ho visto la gara a casa della famiglia presso cui lavoro, assisto un anziano come badante. Abbiamo esultato, ci siamo baciati e abbracciati. Non sono riuscita a dormire, né a mangiare. La felicità mi fa questo effetto».
Ha cresciuto da sola Faustino, e in un paese straniero. Quando arrivò in Italia?
«Ventinove anni fa. Nel 1994 a febbraio nacque mio figlio. Quando aveva due anni, il papà è sparito dalla nostra vita. Boh, mai più saputo niente. So che è in giro da qualche parte, con un'altra donna, tempo fa mi dissero che era in Italia. Ha un fratello che vive in Inghilterra, lui a volte chiama. Ma sempre stati soli, io e Faustino. Abbiamo vissuto a Sabbioneta, poi a Breda Cisoni, poi a Casalmaggiore».
Lei ha lavorato parecchio, in un sacco di posti.
«A Sabbioneta, in un'azienda che produce formaggio grattugiato. Poi a Viadana, stavo in un posto dove si facevano i salamini, io addetta al lavaggio dei budelli. Poi a Rivarolo, conserve di pomodori. E nei ristoranti, nei bar. Infine nelle case di riposo, e ora faccio la badante degli anziani a casa».
E come faceva col bambino?
«Lo lasciavo a una baby sitter che ne teneva tanti, italiani e stranieri. Ma a me ha dato un aiuto particolare. Loredana, e suo marito Battista. Senza di loro non ce l'avrei fatta. Sono persone brave. Per loro Faustino è uno di famiglia. L'altro giorno mi hanno telefonato, erano felici».
Era un bambino molto vivace?
«Appena ha iniziato a camminare, bum, è partito. Correva e correva. Per strada mi faceva spaventare, perché se non lo tenevo stretto mi scappava via e lo dovevo rincorrere, a volte cadeva, o andava a sbattere sulle persone. Pensavo fosse malato. Con un mio amico italiano lo portammo dal dottore, gli fecero esami e analisi, ahahah. Invece per fortuna non era niente. A 8 anni già correva in una squadra, e sa che a 11 anni fu campione nazionale di quelli della sua età? Ma non era italiano.
Poi a 18 anni ha avuto il passaporto ed è andato in Nazionale. E' sempre stato un bambino bravo, solo qualche marachella come tutti. Gli piace la musica, suona la batteria, adora l'heavy metal. E pure gli anime giapponesi. Non ce la passavamo bene. Lui è nato, cresciuto e vissuto povero, non aveva i vestiti belli o le scarpe nuove degli altri. Io al massimo, quando era un po' più grande, potevo dargli due euro a settimana da spendere. Ma gli ho insegnato il rispetto degli altri, e a guadagnarsi i soldi onestamente. Mi aveva promesso che mi avrebbe reso orgogliosa: mamma vedrai che diventerò qualcuno».
Veronica, la sua esperienza in Italia com' è stata?
«Sono fortunata. L'Italia è stato un paese accogliente con me. Ho trovato più persone buone che persone cattive. Certo, il razzismo esiste e lo sappiamo, ma quando accadevano certe cose io preferivo chiudere gli occhi e pensare alle persone belle che mi volevano bene. Agli italiani che diffidano degli stranieri, dico di guardare al loro cuore, non alla pelle.
Veniamo in Italia col cuore buono, con la voglia di trovarci un lavoro e mettere su famiglia per crescere dei figli, che poi sono le cose più importanti della vita, e ce la facciamo. Ma lo so bene, c'è una minoranza che pretende di venire in un paese che non è il suo e di essere accettato, pure se di giorno sta in giro e non ha voglia di lavorare. Ecco, quelli non vanno bene, ma lo dico senza cattiveria o polemiche».
Lei pensa di tornare in Nigeria, prima o poi?
«Quando mio figlio avrà una famiglia, una donna e dei figli, allora tornerò a casa a riposarmi. Adesso ha soltanto me, anche se a Parma ha una fidanzata. Vengo da Abuja, la nuova capitale, è abbastanza tranquilla rispetto al resto del paese, dove ci sono tanti matti che fanno la guerra. Ma adesso voglio che mio figlio sia felice, e che col premio per la medaglia d'oro possa provare a comprarsi casa, fare la sua vita. Ha sofferto tanto, ora è il suo momento. Se vorrà farmi un regalo, bene. Ma i soldi a me non interessano: ho quello che mi serve, grazie al mio lavoro».