“GOOD SAVE THE QUEER” – IL FLUIDISSIMO FINTO MATRIMONIO “IN ARTICULO MORTIS” DI MICHELA MURGIA, CHE (NON) È CONVOLATA A NOZZE CON LORENZO TERENZI - TUTTI GLI OSPITI (TRA CUI ROBERTO SAVIANO, CHIARA VALERIO, TERESA CIABATTI) INDOSSAVANO ABITI BIANCHI DIOR, STILE TOGA PARTY, DISEGNATI PER L’OCCASIONE. IL MOTIVO? “ROMPERE LA SACRALITÀ DEL VESTITO DA SPOSA” – INOLTRE TUTTI I PRESENTI HANNO RICEVUTO DUE ANELLI, UNO DA INDOSSARE ALL'ANULARE SINISTRO E L’ALTRO... – VIDEO
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Estratto dell’articolo di Roberta Scorranese per “il Corriere della Sera”
Quando Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa di Dior, le ha detto «Voglio disegnarti l’abito da sposa», Michela Murgia sapeva benissimo che non si sarebbe vista arrivare veli, strascichi e romantici pizzi. Chiuri è una capace di trasformare le parole di Chimamanda Ngozi Adichie («Dovremmo essere tutti femministi») in una collezione glamour. E così i bozzetti che ha disegnato per le nozze queer della scrittrice con Lorenzo Terenzi sono un vero e proprio manifesto politico.
Come politico è il matrimonio di Murgia: non c’è un legame tradizionale con Lorenzo, ma «lo abbiamo fatto – ha detto – in articulo mortis perché ogni giorno c’è una complicazione fisica diversa, entro ed esco dall’ospedale e ormai non diamo più niente per scontato. Lo abbiamo fatto controvoglia: se avessimo avuto un altro modo per garantirci i diritti a vicenda non saremmo mai ricorsi a uno strumento così patriarcale e limitato».
Il punto, ripete da mesi Murgia, è che qui non c’è un semplice matrimonio tra due persone, ma un rito che ufficializza una diversa idea di famiglia: la famiglia queer, dove convivono i figli dell’anima (quei ragazzi e quelle ragazze che la scrittrice ha sostenuto e quasi allevato), i legami spirituali con altre scrittrici come Chiara Valerio, Teresa Ciabatti e Chiara Tagliaferri, la convivenza con uomini e donne che a volte possono esserci e altre no.
Insomma, «un altro modo per stare insieme, un modo che il governo vorrebbe ridurre a stranezza sociale da perseguitare e invece è già la vita normale di tante persone», dice Murgia in una serie di post su Instagram.
Ed è per questo che «l’abito da sposa» di Chiuri è la perfetta tessitura di questo manifesto di vita e d’amore: non c’è una sola sposa, non c’è un solo sposo, non c’è un abito fatto su misura per quella che nelle nozze tradizionali è la regina della festa, la futura moglie. È una mini-collezione familiare, che include uomini, donne, no-gender.
Tutto è bianco, dunque con questa idea si rompe la sacralità dell’abito da sposa classico, la purezza celebrata dalla letteratura di tutti i tempi e di tutti i paesi si allarga a tutti e a tutte. Ogni pezzo - i pantaloni o la blusa - è intercambiabile, in uno stile fluido che sta bene a lui e a lei, come a ribadire che in queste nozze il vestito nuziale possono indossarlo tutti i membri della famiglia queer.
Che, per inciso, possiedono tutti un anello matrimoniale, indossato all’anulare sinistro, assieme a un altro anello che riproduce la rana. «Il primo – precisa la scrittrice – non va spiegato: tutt3 sappiamo che una fede nuziale rappresenta il vincolo e le sue promesse. Il secondo esprime invece la queerness della nostra esperienza familiare allargata.
La rana è un animale transizionale, che nella sua vita cambia stato molte volte, da uovo a girino per svariati stadi prima di raggiungere la maturità, ed esiste dentro a un continuo processo di mutamento». […]