“IL GREEN PASS NON ELIMINA IL RISCHIO, MA È SERVITO PER FAR VACCINARE LA GENTE” – MATTEO BASSETTI È TORNATO DALLE VACANZE E RIPARTE CON LA GUERRA AL BOLLETTINO: “I TAMPONI AI VACCINATI CI DANNO UN NUMERO FUORVIANTE SUL CONTAGIO E CREANO SOLO BUSINESS. A ME INTERESSA SAPERE QUANTA GENTE VA IN OSPEDALE. GLI ALTRI NUMERI SERVONO AL BOLLETTINO DEL TERRORISMO. IL GREEN PASS LO AVREI MESSO SUBITO PER ALCUNE CATEGORIE. SE NON SI ARRIVA A COPERTURE VACCINALI ADEGUATE CON UNA CAMPAGNA PERSUASIVA LO STATO DEVE METTERE L'OBBLIGO…”
-Francesco Borgonovo per “la Verità”
Matteo Bassetti, direttore della clinica di malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova e professore ordinario di Malattie infettive all'Università di Genova, nelle ultime settimane ha spesso criticato l'atteggiamento della destra italiana sul green pass e sui vaccini. Fosse per lui, tutti gli italiani dovrebbero vaccinarsi senza se e senza ma. E se il lasciapassare serve alla causa, ben venga. La sua posizione (che sotto certi aspetti non condividiamo) è comunque molto coerente. E, soprattutto, molto diversa da quella di chi continua a insistere sul numero dei contagi.
Lei ha detto nei giorni scorsi che bisognerebbe smettere di fare i tamponi ai vaccinati asintomatici. Per quale motivo?
«Un conto è chi presenta dei sintomi, in quel caso il tampone serve. Ma continuare a tamponare chi è vaccinato con doppia dose no. Ci fornisce semplicemente dei numeri che ci dicono che c'è il virus nel naso, e probabilmente non è nemmeno contagioso è un esercizio che porta ad avere un numero di contagiati molto probabilmente fuorviante».
Quindi lei immagina una situazione in cui sono tutti vaccinati e si può smettere con la psicosi dei contagi.
«In un mondo ideale in cui tutti sono vaccinati non ha più senso fare i tamponi. L'obiettivo principale del vaccino - di tutti i vaccini della Storia - è quello di evitare che venga la malattia grave. Non esiste un vaccino che elimini il 100% dei casi, il vaccino può ridurre la circolazione e limitare i casi gravi. Ebbene, in una società in cui si arriva a una copertura molto elevata il tampone a chi è vaccinato con due dosi finisce per essere inutile. Questo vale a livello di contesto generale, poi certo se mi viene uno in ospedale faccio il tampone per vedere se è positivo e decidere dove collocarlo Ma nel contesto generale i tamponi ai vaccinati non servono se non a creare un business».
A Milano un tampone costa sui trenta euro. Un po' caro, no?
«Io so che il tampone molecolare è abbastanza costoso. Per un tampone rapido trenta euro mi sembra un po' troppo, credo che questi test costino 5-6 euro l'uno».
Mi pare che la sua idea di fondo, su cui si basa questo ragionamento sui tamponi, sia sempre la stessa: un contagiato non è un malato.
«Non ho mai cambiato la mia visione. Ai miei studenti lo dico da subito. Un conto è un malato, che ha la presenza del virus o del batterio e ha i segni e i sintomi della malattia. Ma un vaccinato che ha il virus nel naso e non nei polmoni e non ha segni della malattia non è un malato».
E questa considerazione come dovrebbe cambiare il nostro approccio al Covid?
«Le faccio un esempio. Se in una giornata i dati ci dicono che abbiamo 6.000 contagiati, ma 4.500 sono vaccinati senza sintomi, vuol dire che stiamo fornendo dati che non hanno senso. A me interessa sapere quanta gente va in ospedale, quanta può andare in terapia intensiva, quanti sono ventilati Gli altri numeri servono al bollettino del terrorismo. Abbiamo passato l'estate a far vedere i contagi. Ma poi in ospedale quanta gente ci finisce? Il numero dei decessi, in una estate piena di contagi, è molto limitato. Se guarda i contagi di oggi e quelli del passato, si rende conto che mesi fa a parità di positivi avevamo 5-6 volte più ricoveri e più decessi. E questo è l'effetto dei vaccini».
Provo a seguire il suo ragionamento. A queste condizioni, anche un non vaccinato positivo e asintomatico non è un malato.
«Sì. Un non vaccinato con tampone positivo ma senza sintomi non è malato. Ma la sua capacità di trasmettere il virus è N volte superiore rispetto a quella del vaccinato. Se guardiamo i lavori scientifici fatti bene, vediamo che il vaccinato, anche se positivo, non trasmette o trasmette veramente poco. Se parliamo del non vaccinato con tampone positivo, probabilmente trasmette di più».
Però esiste un lavoro del Cdc americano secondo cui la carica virale è la stessa tra vaccinati e non vaccinati.
«C'è uno studio fatto nel Massachusetts in cui si esaminano soggetti vaccinati e non vaccinati e si nota che la carica virale nel tampone è simile. Però il discorso in cui Anthony Fauci ha citato questo lavoro dura 12 minuti, e allo studio sono dedicati venti secondi».
Quindi non è valido?
«Non dico che fossero dati da non riportare. Però fotografano una singola realtà. Ci sono anche fior di lavori scientifici che dicono cose diverse. Ci sono studi che dicono che la carica virale è uguale ma la durata del virus nel naso del vaccinato è di due giorni, contro i dieci del non vaccinato. Non si può guardare la singola esperienza».
Giusto. Però mi pare ormai assodato che anche i vaccinati contagino.
«Il vaccinato contagia in misure molto minore di un non vaccinato. Anzi, le dico che per me il soggetto vaccinato, in pratica, non ha capacità di trasmettere».
Beh, ci sono casi di contagi addirittura su navi militari in cui tutti erano vaccinati
«Sì, certo, i casi ci sono sempre, ma non dobbiamo guardare alla singola esperienza Dobbiamo guardare al beneficio per la maggioranza della popolazione».
Capisco. Però qui si arriva a dire che un non vaccinato è socialmente pericoloso, mi sembra un po' eccessivo, oltre che decisamente stigmatizzante.
«Un non vaccinato è pericoloso per sé stesso. Io in rianimazione vedo arrivare quasi esclusivamente non vaccinati di tutte le età. A ottobre non ci possiamo permettere di avere il 20% di non vaccinati, questo sì che sarebbe pericoloso per il sistema».
Quel che lei dice è molto coerente. Invece mi pare decisamente contraddittorio, se non sbagliato, dire che il green pass serve a eliminare il rischio di contagio.
«Guardi, del green pass non mi piace molto parlare. Mi limito a dire che se entro in uno stadio o a un concerto o in un ristorante con cento coperti sono più contento se so che tutti gli altri sono vaccinati o hanno fatto la malattia o hanno un tampone negativo. Il rischio è zero? Evidentemente no. Diciamo che il rischio si riduce. Penso che sia uno strumento per evitare nuove chiusure».
Con i tamponi a tutti si avrebbe la stessa sicurezza.
«A me, da medico, interessa soprattutto l'impulso che il green pass dà alla campagna vaccinale. L'ho detto anche in televisione: il fine giustifica i mezzi. Grazie al green pass abbiamo vaccinato molte persone. A me dispiace solo che sui vaccini si siano create posizioni così conflittuali e distanti, anche nella parte politica a cui mi sento più vicino. Vedremo che cosa succederà a ottobre, può darsi che qualcuno cambi opinione»
Lei sostiene l'opportunità di far vaccinare anche i più giovani. Ci sono studi, finanziati dalle case produttrici dei vaccini, secondo cui nella fascia 12-17 lo 0,12% dei soggetti ha reazioni gravi. Non è un po' rischioso?
«I vaccini possono avere anche importanti effetti collaterali, li possono avere anche i 10 vaccini attualmente obbligatori nella scuola. Con i ragazzini non dobbiamo mettere sulla bilancia tanto il fatto che possa morire o meno di coronavirus. Dobbiamo pensare a che cosa fa nella vita di tutti i giorni, se costituisce un problema per il suo ambiente e la sua comunità, se va a scuola e diffonde il contagio e poi contagia il nonno, il genitore, lo zio Non dobbiamo pensare solo al beneficio del singolo».
Resto convinto che, in questo caso, se i genitori e i nonni sono vaccinati restano comunque protetti. Però seguo di nuovo il suo ragionamento e le chiedo: a questo punto non sarebbe stato più coerente mettere l'obbligo vaccinale?
«Questo lo deve chiedere ai politici. Io per alcune categorie avrei messo da subito l'obbligo. Sanitari, docenti anche universitari, corpi di polizia Ma anche altre categorie.
Ad esempio: che senso ha che mi venga richiesto il green pass per entrare al ristorante ma a quello che sta in cucina non viene richiesto? In un Paese che ha pagato quel che abbiamo pagato noi, credo che se non si arriva a coperture vaccinali adeguate con una campagna persuasiva lo Stato debba mettere l'obbligo. Se so che se hai più di 50 anni e ti ammali, in un caso su 8 si va all'ospedale e di questi il 50% va in rianimazione. Chi non ha ancora prenotato il vaccino sbaglia, e di grosso».