“LI HO UCCISI IO, SONO UN MOSTRO” - ALESSANDRO MAJA AVEVA PREMEDITATO LA STRAGE: LA SERA PRIMA DEL MASSACRO AVEVA AVVICINATO LA FIGLIA (POI UCCISA) CHIEDENDOLE SCUSA. L’ARCHITETTO ASSASSINO INSISTEVA NEL PARLARE DI GRAVI PROBLEMI ECONOMICI E INVITAVA A CONTENERE LE SPESE DOMESTICHE: LA MOGLIE PENSAVA AL DIVORZIO. I MISTERI SUL GIRO DI SOLDI IN NERO, LA MESSINSCENA DEL TENTATO SUICIDIO E L'URLO DOPO IL MASSACRO: “FINALMENTE CI SONO RIUSCITO"
Andrea Galli per milano.corriere.it
Come messo due volte a verbale, in principio con un resoconto approssimativo e nella seconda fase fornendo più dettagli, Giulio Pivetta aveva raccolto dalla nipote Giulia una confidenza che confermerebbe la premeditazione della strage. Lunedì sera, il giorno prima del massacro nella villetta a due piani di Samarate, in provincia di Varese, Alessandro Maja aveva avvicinato la figlia, le aveva chiesto scusa senza altro aggiungere, e se n’era andato.
L’indomani, Giulia, 16 anni, uccisa dallo stesso Maja insieme alla mamma 56enne Stefania (il fratello Nicolò, 23 anni, è ricoverato in gravi condizioni), ne aveva appunto parlato col signor Giulio, il nonno, domandandogli un parere sui motivi del gesto. Nessuno dei due era riuscito a dare una risposta plausibile, né purtroppo a presagire scenari d’orrore.
In psichiatria
Mancavano poche ore alla strage, iniziata alle quattro della notte tra martedì e mercoledì, della durata di forse pochi secondi, e condotta con armi casalinghe quali un cacciavite e un martello. Una strage dai numerosi punti ignoti, in attesa dell’interrogatorio di garanzia del gip: considerando le condizioni del 57enne Maja, ricoverato in psichiatria, la cui azienda ha sede sui Navigli a Milano (ristrutturazioni e interior design specie di locali, e sembra in misura maggiore di commercianti cinesi), il giudice ha posticipato l’incontro con l’assassino.
Che in famiglia insisteva nel parlare di gravi problemi economici e invitava, sovente degenerando nei toni e nei modi, a contenere le spese domestiche, che avevano ormai stancato sia la moglie, che pensava al divorzio, sia i figli, che difendevano la donna.
Il giro del denaro
Eppure al momento, il medesimo legale di Maja, l’avvocato Enrico Milani, non ha traccia documentale di disastri societari. Il che non esclude che vi fossero, anche contando, come scoperto dagli inquirenti, il voluminoso giro di denaro in nero che caratterizzava gli affari. Già ricostruito dal Corriere , l’ultimo bilancio depositato, ammesso che non fosse stato falsificato, contempla 200mila di euro accantonati per le emergenze, un ammanco di 16mila euro, riferito alla morosità di un inquilino in un immobile di proprietà, presto sanato, infine un’esposizione non pericolosa con le banche.
Ma si tratta, conviene ribadirlo, delle carte ufficiali: infatti è mistero su cos’altro ci fosse dietro, magari nel mondo oscuro di prestiti in contante esterni agli istituti di credito, se non spregiudicate operazioni prive di copertura. Insomma, una doppia esistenza di Maja, forse popolata da soggetti che l’avevano minacciato e rivolevano ogni singolo centesimo. A causa di questa ipotetica situazione contingente (gli inquirenti non hanno ancora scoperto una traccia), l’assassino sconfinava nella disperazione presagendo un futuro di povertà per sé e la famiglia.
«Sono un mostro»
A meno che, certo, siano tutte esclusive falsità, costruzioni mentali, invenzioni di un uomo poco loquace, facile all’ira improvvisa per inezie, ossessionato dalla pianificazione della vita, col perenne terrore delle novità e delle incertezze. Compiuto il massacro, Maja ha realizzato la messinscena del tentato suicidio (lievi ferite e un sopracciglio bruciacchiato), per poi uscire al balcone, in mutande, e urlare «finalmente ci sono riuscito».
Negli accompagnamenti tra ospedale e carcere, ha mormorato: «Li ho uccisi io, sono un mostro». L’arresto è stato convalidato. Al termine del ricovero in psichiatria, Maja tornerà in cella. Sorvegliato a vista nel timore concreto che provi a togliersi la vita.