“MASSIMO D’ALEMA MI GUARDÒ SCHIFATO DICENDO: ‘LO SA CHE LA SANITÀ PESA PER IL 70% SUL BILANCIO REGIONALE?’” – LA DUCHESSA OLIVA SALVIATI, EREDE DEL FONDATORE DELL’OSPEDALE SAN GIACOMO DI ROMA (CARDINALE ANTONIO MARIA SALVIATI), RACCONTA DI ESSERE STATA PRESI A PESCI IN FACCIA DA "BAFFETTO" D’ALEMA QUANDO ANDÒ A PROTESTARE PER LA CHIUSURA DELL’OSPEDALE NEL 2008: “IL MINISTRO DELLA SALUTE, FERRUCCIO FAZIO, MI DISSE: ‘GLI OSPEDALI NON SERVONO PIÙ'
-Estratto dell’articolo di Patrizia Floder Reitter per “La Verità”
Ha dovuto aspettare 15 anni perché la Cassazione ponesse fine alla causa contro la Regione Lazio, stabilendo che l’ospedale pubblico San Giacomo, un intero isolato lungo quasi 500 metri in pieno centro storico a due passi da piazza del Popolo, debba essere riconsegnato alla città di Roma e ai suoi cittadini, secondo la volontà testamentaria del cardinale Antonio Maria Salviati, che lo donò nel 1593.
Per tutto questo tempo, la duchessa Oliva Salviati ha combattuto con i suoi legali una battaglia durissima, contro quella che definisce una «palude vergognosa» di interessi e speculazioni, perché fosse rispettata la volontà del suo antenato e l’edificio restasse un ospedale pubblico. […]
Partiamo dall’agosto 2008, quando l’allora presidente della Regione Lazio, il piddino Pietro Marrazzo, decide di chiudere l’ospedale.
«Una delibera assurda dopo che, per un anno e mezzo, la Regione aveva finanziato circa 30 milioni di euro di ammodernamento. Ogni due mesi, Marrazzo e la sua giunta inauguravano un reparto, a luglio si svolse la grande cerimonia di conclusione lavori, trenta giorni dopo decidono che la struttura va sacrificata per contenere il deficit sanitario». […]
Lei seguiva le vicende dell’ospedale?
«No, ero occupata nell’azienda in Toscana. Quando ho saputo che veniva chiuso, mi sono profondamente indignata e da quel momento ogni mio minuto è stato speso per ridare a Roma il suo ospedale».
Quali furono le sue prime mosse?
«Andai a protestare con i politici. Chiesi perché buttare via denaro per poi chiudere un’eccellenza che era stata data in dono. Massimo D’Alema mi guardò schifato dicendo: “Lei lo sa che la sanità pesa per il 70% sul bilancio regionale?”. Anche quando, l’anno dopo, andai a parlare con il ministro della Salute Ferruccio Fazio, mi disse: “Gli ospedali non servono più. La sanità moderna non ne ha bisogno”. Zingaretti, mi fece chiamare chiedendo che gli presentassi io, un progetto di nuovo ospedale. Intanto, stavo scoprendo che cosa era stato macchinato dall’amministrazione».
Cioè?
«Mentre l’ospedale veniva ammodernato, i tecnici facevano rilievi ovunque. Per l’obiettivo finale, ovvero trasformarlo in un residence di lusso, nulla doveva sfuggire di quei 32.000 metri quadrati dell’immobile».
Chi era il proprietario dell’ospedale?
«La San.Im, società il cui capitale sociale è interamente posseduto dalla Regione Lazio. Cinque anni prima era stato inserito in un maxi processo di cartolarizzazione per rientrare dal deficit della sanità laziale. Venduto, ma con il divieto di cambiare la destinazione d’uso».
Invece era quello che si voleva fare.
«Non hanno potuto andare fino in fondo, in quella grossissima speculazione immobiliare da almeno 500 milioni di euro, perché ho detto chiaro che, se non veniva rispettato il vincolo, allora avrei fatto battaglia per tornarne in possesso dell’immobile».
L’ospedale fu chiuso il 31 ottobre 2008.
«Venne inscenata una protesta dei centri sociali, polizia e carabinieri entrarono e mandarono via tutti i pazienti in ambulanza in altri centri, chiudendo i reparti. Ero all’interno, ho visto tutto. Il giorno dopo, sono arrivati i camion che hanno distrutto attrezzature, macchinari, posti letto perché il San Giacomo non potesse più essere riutilizzato». […]