“MI TROVO IN UNA VILLA TRASFORMATA IN PRIGIONE. NON SARÒ MAI LIBERA” - IL SOFTWARE SPIA PEGASUS SAREBBE STATO USATO DAI SERVIZI SEGRETI DEGLI EMIRATI ARABI UNITI PER IMPEDIRE LA FUGA DELLA PRINCIPESSA LATIFA AL-MAKTOUM, UNA DELLE FIGLIE DELL'EMIRO DI DUBAI – LA PRINCIPESSA VENNE FERMATA NEL 2018 MENTRE ERA SU UNO YACHT DIRETTO VERSO GOA IN INDIA – TRA LE ALTRE PERSONE SPIATE DA PEGASUS CI SAREBBERO ANCHE LA FIGLIA DEL RE HUSSEIN DI GIORDANIA, HAYA AL-HUSSEIN E PERSINO IL DALAI LAMA…
-SPIATA CON PEGASUS LA PRINCIPESSA LATIFA
Stefano Montefiori per il "Corriere della Sera"
Il software Pegasus potrebbe essere stato usato dai servizi degli Emirati Arabi Uniti per impedire la fuga della principessa Latifa Al-Maktoum, una delle figlie dell'emiro di Dubai, Mohammed Al-Maktoum. Ricchissima ma prigioniera di fatto nello Stato guidato dal padre, Latifa ha provato a lasciare la famiglia una prima volta quando aveva 16 anni, nel 2001. Arrestata alla frontiera con l'Oman, era stata riconsegnata all'emiro che - secondo una testimonianza video di Latifa - l'aveva tenuta per tre anni in una cella senza finestre, facendola picchiare e minacciandola di morte.
Il secondo tentativo, nel 2018, era quasi riuscito. L'ormai 32enne Latifa sembrava vicina al sogno di lasciare gli Emirati. La principessa si era rivolta a un ex agente dei servizi francesi, Hervé Jaubert, uomo d'affari e skipper dello yacht a vela Nostromo. Il piano di fuga era complesso e apparentemente ben congegnato: Latifa si è nascosta nel bagagliaio di un'auto e ha attraversato così la frontiera con l'Oman. Poi è salita su una jeep per raggiungere la costa, dove un gommone l'ha portata al largo.
Infine, una moto d'acqua l'ha condotta fino al Nostromo, che la stava aspettando fuori dalle acque territoriali, e che era pronto a fare rotta verso lo Sri Lanka, primo Paese di accoglienza in vista di un trasferimento negli Usa. Il primo atto della tentata evasione è stato l'abbandono del telefonino nelle toilette del ristorante La Serre, a Dubai, nella speranza di non farsi geolocalizzare.
Oggi, i risultati dell'inchiesta di sedici media internazionali coordinati dall'organizzazione non profit Forbidden Stories sul software Pegasus sembrano indicare che nelle ore successive a quel gesto il numero della principessa Latifa venne inserito nella lista di Pegasus, e che vennero messi sotto controllo tutti i suoi contatti. Conversazioni, email, messaggi WhatsApp, Telegram, qualsiasi dato presente nei telefonini nel suo entourage e quindi della squadra che la stava aiutando a fuggire: il suo coach di paracadutismo Juan Mayer, l'amica Lynda Bouchikhi, la professoressa di matematica Sioned Taylor, l'istruttrice finlandese di ginnastica, Tiina Jauhiainen.
Fu così che una notte, quando il Nostromo si stava avvicinando a Goa in India e tutti a bordo dormivano, le forze speciali indiane aiutate da quelle degli Emirati presero d'assalto lo yacht, usando fumogeni e puntando i mirini laser sui volti degli occupanti.
La preghiera della principessa Latifa - «Uccidetemi qui ma non portatemi indietro» - non venne esaudita. Il 16 febbraio 2021 in un video girato di nascosto la principessa chiede aiuto: «Mi trovo in una villa trasformata in prigione, sono chiusa in bagno, sorvegliata da cinque agenti fuori e due dentro la casa. Non sarò mai libera».
L'azienda israeliana NSO Group, in questi giorni impegnata a difendersi dalle rivelazioni di Forbidden Stories, avrebbe rotto il contratto per la fornitura di Pegasus agli Emirati nel febbraio 2021. Oltre alla principessa Latifa sarebbe stata spiata con Pegasus la principessa Haya, figlia del re Hussein di Giordania e sesta moglie dell'emiro Mohammed Al-Maktoum, che però è riuscita a fuggire in Gran Bretagna con i due figli e a denunciare in tribunale l'emiro di Dubai.
SPIATO PURE IL DALAI LAMA
Gaia Cesare per "il Giornale"
Usato per intercettare capi di Stato come il presidente francese Emmanuel Macron, ex capi di governo come Romano Prodi, giornalisti, oppositori politici e ora si scopre anche figlie e mogli in fuga dal regime autoritario degli Emirati Arabi Uniti e perfino l'entourage del pacifico ma scomodo Dalai Lama. Il software-spia Pegasus, prodotto dall'azienda israeliana Nso Group, allarma le cancellerie internazionali, ancor più dopo le ultime rivelazioni delle 17 testate internazionali che si sono occupate dell'inchiesta e hanno sfoderato nelle scorse ore nuovi nomi eccellenti finiti nella lista delle circa 50 mila utenze depredate di foto, audio e informazioni personali.
Ci sono anche la martoriata principessa Latifa, figlia del sovrano di Dubai, lo sceicco Mohammed bin Rashid al Maktoum, e l'ex moglie del monarca, Haya Al-Hussein, tra le vittime dello spionaggio selvaggio denunciato dall'indagine svolta sotto il coordinamento dell'organizzazione francese «Forbidden Stories», con l'assistenza tecnica di Amnesty International, entrambe citate in giudizio dal Marocco accusato di aver preso di mira Macron e finoto sotto accusa insieme ad Arabia Saudita, Marocco, Ungheria, Messico, India e così via.
Come centinaia di altre storie in questa vicenda, la notizia prova che introdursi nei telefoni cellulari sia stato il passatempo preferito - reso agevole da Pegagus - di Paesi e autorità che disprezzano i diritti umani. La storia di Latifa, d'altra parte, è una storia di orrore, violenza e repressione di un padre-padrone incapace non solo di elargire le più basilari libertà individuali ai suoi sudditi negli Emirati Arabi Uniti, ma avverso anche a concedere qualche ora d'aria e la minima autonomia alla propria figlia.
Proprio Pegasus sembra essere andato incontro al monarca assoluto quando Latifa tentò una fuga disperata dal Paese arabo nel febbraio 2018. La giovane allora aveva 32 anni, si era nascosta nel bagagliaio di un'auto, aveva attraversato la frontiera con l'Oman ed era salita su un gommone, poi aveva raggiunto uno yacht che l'avrebbe dovuta portare in Sri Lanka, prima di arrivare nella meta ambita, gli Stati Uniti. Unico obiettivo: sfuggire alle grinfie del padre, re degli Emirati, che la teneva segregata.
Nonostante Latifa avesse lasciato il suo telefono nel bagno di un ristorante di Dubai, ora si scopre che il suo numero finì sotto il controllo di Pegasus qualche ora dopo, rivelando le conversazioni avute con un'amica e altre persone fidate. Latifa fu portata via mentre lo yacht si avvicinava alle coste di Goa, India. Da allora la giovane non è più riuscita a liberarsi dal giogo del padre-sovrano. Ormai celebre un video girato di nascosto nel bagno di casa, e diffuso a gennaio dalla Bbc, in cui racconta: «Sono tenuta rinchiusa in una villa trasformata in prigione. Ci sono sbarre a tutte le finestre e non posso aprirle. Le guardie minacciano che potrei non rivedere il sole».
Viva ma segregata. Grazie a Pegasus. Usato per mettere sotto controllo anche la sesta moglie dell'emiro di Dubai, figlia del re Hussein di Giordania, Haya Al-Hussein, ora fuggita in Gran Bretagna. Come se non bastasse, ora si scopre che anche la stretta cerchia di collaboratori del Dalai Lama è stata spiata. Sarebbe stato il governo indiano a puntare la squadra della guida spirituale del buddhismo tibetano ed ex capo del governo in esilio dopo la rottura con la Cina.
Ecco perché ieri, mentre Macron convocava un Consiglio di Difesa eccezionale, alcuni media francesi riferivano del suo cambio di smartphone e numero di telefono, la Francia annunciava un'inchiesta e la cancelliera tedesca Angela Merkel si premurava a esortare: è «importante» che questo genere di software «non finisca nelle mani sbagliate», che «non sia venduto a quei Paesi dove la legge non può proteggere» dalle intercettazioni delle autorità.