Da il "Corriere della Sera"
A casa, quel tipo, oggi settantenne, lo chiamavano tranquillamente «zio». Come si fa con le persone di famiglia, affidabili e sicure: alle quali poter lasciare un bambino, per comprargli un gelato o per accompagnarlo al parco giochi. Peccato, però, che quello stesso «zio» si sarebbe trasformato in pochissimi istanti nel rapitore di Mauro Romano, scomparso nell'estate del 1977, la sera del 21 giugno, a Racale, nel Leccese.
Dov' è Mauro e chi può averlo prelevato dalla casa dei nonni, al numero 19 di vico Immacolata (i suoi genitori in quelle ore si trovavano nell'Avellinese per un funerale di un parente)? Nessuno ha mai parlato o detto qualcosa. «Ma adesso è come se alcuni improvvisamente avessero recuperato la memoria.
Dopo ben 43 anni», osserva Antonio La Scala, l'avvocato della famiglia Romano, colui che sta riuscendo a ridare una speranza a papà Natale e a mamma Bianca Colaianni, ormai settantenni. La stessa età del rapitore e di un altro personaggio coinvolto in questa vicenda - ad un certo punto delle indagini -, come il probabile assassino. Parliamo di un accanito pedofilo, in carcere dal dicembre scorso, il quale si divertiva ad attirare ragazzini minorenni in un casolare delle campagne di Taviano.
Non solo. Era stato lo stesso pedofilo, soltanto pochi giorni dopo la scomparsa di Mauro, a telefonare a casa dei Romano, chiedendo un riscatto di 30 milioni di vecchie lire in cambio della verità. Sciacalli a parte, la speranza è che l'uomo individuato, l'altro settantenne, colui che si sarebbe recato tranquillamente a casa dei Romano, anche anni dopo la scomparsa del piccolino, possa almeno raccontare come sono andati i fatti. Ieri sera, la mamma di Mauro, è intervenuta alla trasmissione televisiva, «Chi l'ha visto?».
Straziante la sua testimonianza: «Se fosse quella stessa persona che i miei figli, da piccolini, chiamavano zio, la delusione sarebbe doppia: ha frequentato casa nostra. Era uno di famiglia. Ora, però, vogliamo soltanto sapere che cosa è accaduto a nostro figlio: quel tipo, tranquillamente in giro per Racale, nel nostro paese, lo ha venduto o l'ha ucciso, mio figlio?». Una risposta che, a livello penale, purtroppo, non costerebbe nulla al rapitore: «Se confessasse di essere stato lui a rapirlo, il reato andrebbe, trascorsi ormai 43 anni, in prescrizione», dice l'avvocato dei Romano, al quale si deve la riapertura delle indagini di ciò che ancora oggi è considerato un cold case.
In questi ultimi sei mesi, nel corso dei quali la Procura di Lecce, tramite il pm Stefania Mininni, e i Carabinieri del Nucleo operativo di Lecce, hanno setacciato qualsiasi pista possibile pur di venire a capo del caso, sono state interrogate diverse persone. Soprattutto famigliari di Mauro. Gli stessi genitori del bambino scomparso sarebbero stati ascoltati almeno un paio di volte. Inoltre, alla fine dello scorso anno, c'era stata addirittura la «soffiata» del pozzo, nelle campagne di Taviano, un paese a due passi da Racale, nel quale sarebbero state occultate le ossa di Mauro.
Un gran dispiegamento di Forze di polizia, ma nessuna svolta. «Da quando abbiamo chiesto la riapertura delle indagini, siamo sempre stati convinti che la verità andasse trovata tra chi era stato in compagnia di Mauro, in quelle ultime ore del maledetto 21 giugno», ricorda La Scala. «Pur cadendo in prescrizione il reato del sequestro di persona, nulla impedirebbe alla famiglia Romano di agire civilmente per risarcimento danni nei confronti del sequestratore».
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