“LA MUSICA È DIVENTATA UN BORDELLO” – LA SVELENATA DI DOLCENERA CHE ENTRA DI DIRITTO NEL CLAN DEI ROSICONI: “LE RADIO MI HANNO CONDIZIONATA. IO PENSAVO CHE CHIUNQUE SCRIVESSE QUALCOSA DI VALORE AVESSE LA POSSIBILITÀ DI ESSERE TRASMESSO. HO CAPITO TARDI CHE ESISTEVANO ALTRI POTERI. LA MIA INTENSITÀ NEI LIVE CE L’HANNO IN POCHI. L’INDIE? NON È PIÙ INDIPENDENTE PERCHÉ STANNO NELLE MAJOR. I MANESKIN? HANNO AVUTO CORAGGIO, MA…” - VIDEO
-Estratto dell’articolo di Daniele Priori per “Libero quotidiano”
«Nera che non si vedeva da una vita intera cosí dolcenera...». Emanuela Trane è un fiume in piena, proprio come la canzone di Fabrizio De André dalla quale, due decenni fa, ha preso il nome d’arte: Dolcenera. […] festeggerà il suo primo ventennio di carriera […]
C'è stato invece in questi primi vent’anni qualcosa che l'ha condizionata?
«Le radio. Io pensavo che chiunque scrivesse qualcosa di valore avesse la possibilità di essere trasmesso. Ho capito tardi che esistevano invece altri poteri. Al punto che oggi la musica è diventata un bordello. Tutti i ragazzini che fanno musica il sogno quasi non ce l’hanno più. Sono troppo consapevoli dei meccanismi».
I talent in questo che ruolo hanno?
«Al momento mi sembrano essere un po’ decaduti. X Factor è rimasto solo in Italia. Per un periodo hanno fatto lo scouting che un tempo facevano più le case discografiche, poi è arrivato il web a prendere il posto dei talent. Adesso c’è Tik Tok e chissà cos’altro dovremo aspettarci...»
Ci vediamo a casa torna d’attualità, undici anni dopo il Sanremo 2012, per un disco di platino...
«In realtà l’avevo già maturato ma non l’avevo mai ritirato...»
E perché?
«Perché ogni successo è già successo e io vivo sempre proiettata nel futuro, nei pezzi nuovi da scrivere, senza mai dare nulla per scontato».
Qual è oggi la casa artistica (e non solo) di Dolcenera?
«[…] La mia intensità nei live ce l’hanno in pochi. Sono stata tanto sul palco, al punto che oggi sono in giro con tre concerti: uno con la band, uno recital piano solo e uno con l’orchestra sinfonica. Questo mi fa pensare che nella vita magari potrà capitarmi di sentirmi appesantita e non più libera di scrivere ma la sensazione del palco, quella, non credo che la perderò mai».
Assieme alla sua voglia di contaminarsi addirittura coi “ragazzacci” della trap. Come ci è finita in mezzo?
«Un po’ per gioco e per fare ricerca musicale. Volevo capire come costruiscono le canzoni a livello armonico, di accordi e di melodia. Suonare una canzone al piano vuol dire renderla nuda e capirne l’essenza. Quando uno è nudo capisci se è fico o non è poi così fico...»
E come ha trovato la trap?
«Come il resto dei generi musicali. Alcuni brani valgono, hanno istinto e ispirazione abbastanza puri, altri no. Semmai inviterei a suonare in acustico tantissime altre canzoni che oggi vivono solo grazie al sound design...»
La sua anima è anche rock. I Maneskin sono davvero dei grandi o sono un bluff?
«Penso che abbiano avuto un coraggio enorme ad andare a Sanremo con quella canzone, Zitti e buoni. Andavano incontro a morte certa. Il loro credere in quello che fanno è bellissimo e, sicuramente anche per il fatto che manca gente che nel mondo suona il rock dal vivo, con loro è successo una sorta di miracolo. Ora per restare inattaccabili dovranno mettere il blues nelle loro canzoni. Il rock and roll non può prescindere dal blues. E la loro unica pecca, se così si può dire, è nel loro essere nati in Italia, dove il blues non sappiamo nemmeno cosa sia...»
Senta recentemente ha dichiarato: “L’indie, fenomeno prettamente italiano, non mi ha mai convinta”. Non le sembra un po' incoerente?
«Ma l’indie italiano oggi si chiama urban e non è più indipendente perché stanno nelle major. I termini cambiano di significato». […]