“A NAPOLI NON MI SONO MAI SENTITA IN PERICOLO” - TRUDIE STYLER ALLA FESTA DEL CINEMA DI ROMA CON IL DOCUMENTARIO “POSSO ENTRARE? AN ODE TO NAPLES” IN CUI SI INFILA A CASA DELLA GENTE PER RACCONTARE LE LORO STORIE: “I NAPOLETANI MI HANNO TOCCATO IL CUORE. TORNANDO PIÙ VOLTE, HO RIVISTO LE PERSONE E CONDIVISO MOMENTI DURISSIMI. IMMACOLATINA E GENNARO, I CASTAGNARI, CHE HANNO PERSO UN FIGLIO, MI HANNO ACCOLTA PERFINO DURANTE LA VEGLIA. STING? NON MI FARÀ MAI CANTARE CON LUI. NOSTRO FIGLIO POLIZIOTTO? AMO CHI VA CONTROCORRENTE…” - VIDEO
Estratto dell'articolo di Valeria Vignale per www.corriere.it
Sembra una turista come tante a spasso per Napoli, con la gonna a fiori e i capelli biondissimi che spuntano dal cappellino. E invece Trudie Styler, attrice e regista inglese, oltre che produttrice cinematografica, non è del tutto una outsider. Parla benissimo l’italiano, complici trent’anni di vacanze toscane nella tenuta acquistata con il marito Sting.
Dal 2019 ha esplorato la città partenopea bussando alle porte di chi ci vive, intervistando artisti e scrittori, parlando con chi ha creato sacche di resistenza umana e sociale nei quartieri popolari segnati dalla malavita. Il risultato è il documentario "Posso entrare? An Ode to Naples", di cui Styler firma la regia, che sarà presentato lunedì prossimo alla Festa del Cinema di Roma.
«Quando la Rai mi ha chiesto di girarlo non ero stata a Napoli se non di passaggio, ma ho accettato perché mi interessava» spiega lei in collegamento da Los Angeles. (Il film è prodotto da Big Sur e Mad Entertainment con Rai Cinema e Luce Cinecittà). «Con il mio sguardo vergine, dovevo trovare la mia strada nella città per raccontarla ad altri».
Lo ha fatto cercandone luci e ombre, lontano dalla cartolina solare tanto quanto dal rovescio più nero che il mondo ha visto nel film e poi nella a serie tv Gomorra. […] Tra le musiche mirate c’è Neapolis, canzone originale di Clementino. E chissà se ha filmato anche il marito Sting che, ad aprile, nel carcere di Secondigliano, si è esibito con gli strumenti costruiti dai detenuti con il legno dei barconi dei migranti. […]
Ci racconta il suo primo impatto con Napoli?
«Ci sono andata con Dante Spinotti, direttore della fotografia che conosco da anni, per capire cosa avrei potuto dire da straniera di una città che ha già una reputazione forte. Il documentario è il racconto della mia scoperta, dell’innamoramento. I napoletani mi hanno toccato il cuore. Tornando più volte, ho rivisto le persone e pure condiviso momenti durissimi. Immacolatina e Gennaro, i castagnari, che hanno perso un figlio, mi hanno accolta perfino durante la veglia».
Per questo ha scelto Posso entrare? come titolo?
«L’ho chiesto spesso, è stata la mia chiave per introdurmi nella vita degli abitanti che ho scelto di raccontare. Nessuno ha mai detto di no. È così facile parlare con la gente, anche nei “bassi”, e ascoltare le loro storie. Ho aggiunto al titolo Ode to Naples in omaggio a Percy Bysshe Shelley che, durante i moti del 1820, dedicò una poesia alle speranze della città».
Ha intervistato anche personaggi come lo scrittore Roberto Saviano, l’artista Jorit o l’attore Francesco Di Leva, che ha fondato il teatro Nest a San Giovanni a Teduccio. Un modo per raccontare la reazione alla malavita a chi teme di visitare la città?
«Volevo punti di vista e storie interessanti. Saviano è celebre negli Usa ma non gli ho chiesto di Gomorra, piuttosto della sua vita sotto scorta da quando è un target della camorra. Io invece non mi sono mai sentita in pericolo, Napoli ti avvolge con la generosità della gente. E non parliamo dei sapori: il cibo migliore che abbia mai assaggiato, nei posti più semplici».
[…]
Recitare era il suo sogno fin da ragazzina?
«Sì, ho avuto un’educazione classica ma ero una ribelle, volevo viaggiare e diventare un’artista, cosa che i miei non appoggiavano. A 18 anni ho fatto l’autostop fino a Stratford upon Avon, la cittadina di Shakespeare, e ho bussato alla porta di sconosciuti, trovando una donna meravigliosa che mi ha ospitata. Ho trovato lavoro e iniziato ad assistere alle prove del Royal Shakespeare Theatre, prima di ottenere una borsa di studio».
Erano gli Anni 70. I vostri quattro figli non avranno avuto bisogno di simili strappi.
«Li abbiamo sempre incoraggiati a seguire i loro desideri. Eliot (33 anni; ndr) è musicista e attrice. Mickey (39) recita, Jake (38) gira documentari e Giacomo (28) sta per diventare poliziotto».
Poliziotto? Mosca bianca, o pecora nera, in una famiglia di artisti.
«Oh no, non per me. A me piacciono gli anticonformisti».
[…]
In 40 anni di unione, lei e Sting (sposato nel 1992; ndr) non avete mai lavorato insieme, mescolando le vostre carriere. L’indipendenza reciproca aiuta a una lunga vita insieme?
«Una cosa è certa: lui non mi vorrebbe mai sul palco a cantare! Insieme però abbiamo creato la Rainforest Foundation: ho prodotto una ventina di suoi show, anche con altri musicisti, per raccogliere fondi per gli indigeni dell’Amazzonia».