“NON ERA IN GRADO DI AUTOREGOLARE I PROPRI IMPULSI SESSUALI” – LA PROCURA DI BENEVENTO TRACCIA UN RITRATTO DELLA PROFESSORESSA ARRESTATA PER ABUSI SULL’ALLIEVO 12ENNE: “LO AVEVA IRRETITO CON UN’OPERA DI PERSUASIONE SOTTILE E SUBDOLA” – GLI FACEVA CREDERE CHE FOSSE IL SUO ALUNNO “PREDILETTO”: PRIMA HA COMINCIATO CON I MESSAGGI HOT (PIÙ DI CENTO IN DUE MESI), POI SI È LASCIATA ANDARE ANCHE A SCUOLA. FINO A QUANDO…
-Dario del Porto per www.repubblica.it
Lo aveva irretito in classe con «un’opera di persuasione sottile e subdola». Gli aveva fatto di credere di essere il suo alunno «prediletto» e aveva cominciato a inviargli messaggi hot sempre più insistenti. Più di cento in due mesi. A tutte le ore, fino a notte fonda. E tutti di «esplicito contenuto sessuale». Poi si era lasciata andare ad abusi anche dal vivo, a scuola.
Fino a quando la vittima, un ragazzino di appena 12 anni che frequentava la seconda media in un istituto comprensivo della provincia di Benevento, non si è confidato con i genitori, rivelando di non riuscire a sopportare le sempre più pressanti “attenzioni” della sua professoressa, una 38enne a sua volta madre, che adesso è agli arresti domiciliari con l’accusa di violenza sessuale aggravata ai danni di un alunno minorenne. Anzi, poco più che un bambino, per giunta coetaneo del figlio.
La donna, scrive la Procura sannita diretta da Aldo Policastro, è «apparsa non in grado di autoregolare i propri impulsi sessuali». Gli inquirenti hanno chiesto e ottenuto dal giudice la misura cautelare ritenendo che la sospensione dall’incarico, pur tempestivamente disposta dal ministero dell’Istruzione, «non sia sufficiente a prevenire il rischio di contatti personali e telematici con minori» da parte dell’indagata.
È una storia dolorosa e amara, quella descritta dalle indagini condotte dai carabinieri e partite alla fine dello scorso mese di marzo. Dopo aver ascoltato il racconto del figlio, comprensibilmente turbati, i genitori del dodicenne si sono precipitati a scuola e hanno riferito il fatto a un’altra insegnante la quale, a sua volta, ha immediatamente investito del caso la dirigente scolastica che ha subito avvisato i carabinieri.
Come previsto dalla legge, sono scattate le procedure d’urgenza previste dal “codice rosso” in casi di violenze commesse ai danni di “fasce deboli”. I genitori hanno formalizzato la querela e la vittima è stata ascoltata con l’assistenza di una psicologa, mentre il ministero disponeva la sospensione dell’insegnante.
Le indagini sono state veloci: ad aprile, la Procura ha disposto il sequestro del cellulare dell’indagata e dall’analisi della memoria del dispositivo sono emersi gli elementi che hanno portato la Procura ad ipotizzare il reato di violenza sessuale. I pm parlano di «un’intensissima comunicazione telematica via whatsapp, in tutte le ore del giorno e soprattutto la sera fino a tarda notte».
La professoressa, «approfittando della contiguità fisica in classe nonché dello stato di soggezione del proprio alunno», avrebbe prima instaurato con il giovanissimo studente «un rapporto di “predilezione” in classe», seguito da «un intenso rapporto telematico» che sarebbe stato scandito da «plurime comunicazioni via whatsapp: messaggi, video e audio».
La professoressa avrebbe inviato all’alunno e chiesto a lui di inviare a sua volta «fotografie a contenuto esplicitamente sessuale», avviando conversazioni dello stesso tenore, fino ad «indurre il minore a compiere e subire atti sessuali», accusano gli inquirenti, non solo virtualmente, ma addirittura anche in classe, in almeno un’occasione.
«Stiamo leggendo le copie degli atti e forniremo la nostra versione all’interrogatorio fissato per mercoledì 14 settembre», afferma l’avvocato Angelo Leone, che difende l’insegnante. La famiglia della vittima è assistita dall’avvocato Paolo Abbate. Dalle indagini non sono emersi al momento indizi per contestare all’indagata comportamenti analoghi nei confronti di altri minorenni. Ma per i magistrati il pericolo, almeno in astratto, esiste. Per questo, con il provvedimento di arresti domiciliari, il giudice ha disposto nei confronti della donna anche il «divieto assoluto di ogni forma di comunicazione con i minori con qualsiasi mezzo ivi compreso il telefono cellulare, internet e social network».