“NON POSSIAMO PROMUOVERLI TUTTI, STIAMO BASSI” – DURANTE L’ESAME DI ABILITAZIONE DA AVVOCATO (DA REMOTO) A BRESCIA, UN COMMISSARIO A MICROFONI ACCESI ESORTA GLI ALTRI ESAMINATORI A NON PROMUOVERE TROPPO: “IO UNA DOMANDA INSIDIOSA POSSO FARLA” - IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA HA AVVIATO VERIFICHE PER VALUTARE LA REGOLARITÀ DELLA PROVA - AVETE ANCORA DUBBI SUL FATTO CHE NEI CONCORSI IL MERITO NON CONTI UN CAZZO?
-Mara Rodella per il "Corriere della Sera"
Presentarsi a un appuntamento «cruciale» con il futuro (professionale) davanti a una commissione esaminatrice, con il timore che non decida solo in base a meriti e competenze, succede quasi sempre. Ma sentire con le proprie orecchie che dietro alla valutazione si celerebbero ben altri meccanismi è tutta un'altra storia.
E pare sia successo, alla quarantina di candidati bresciani (in tutto sono 475) che venerdì mattina erano collegati sulla piattaforma Teams per sostenere da remoto la prima delle due prove orali per l'esame di abilitazione da avvocato.
A giudicarli, la quarta sottocommissione di Lecce, formata da due avvocati, di cui uno è presidente, e un magistrato: tutti in Corte d'appello a Lecce. Ed è proprio quest' ultimo ad aver commesso una «svista» che ha scatenato un putiferio: lasciare sbadatamente acceso l'audio del microfono durante la discussione sul giudizio da assegnare al candidato appena esaminato.
«Quanti ne avete promossi finora? Non possiamo promuoverli tutti, stiamo bassi». Due su due avevano già superato l'esame. Chiaro che queste parole le abbiano sentite in diretta anche tutti gli aspiranti avvocati al di là dei monitor, e che siano poi finite anche sui social, Instagram in particolare.
Quel candidato, alla fine, se l'è cavata con un 18, «ma perché i due avvocati si sono impuntati», denunciano i ragazzi in Rete. Poco prima, lo stesso magistrato che esortava gli altri commissari a non promuovere troppo, sottolineava: «Io una domanda insidiosa posso farla» (in realtà no, stando alle linee guida, perché l'esposizione dovrebbe essere un «monologo» del candidato). E ancora: «Se promuoviamo tutti quelli che arrivano alla fine poi dobbiamo bocciare».
Il ministero della Giustizia sta già conducendo una serie di verifiche per valutare la regolarità della prova «incriminata». Il presidente della Corte d'appello di Brescia, Claudio Castelli si spinge oltre: previo un confronto con il presidente dell'ordine degli avvocati bresciani e con il suo alter ego a Lecce, il giudice Lanfranco Vetrone, «chiederò se sia possibile rifare l'esame», annuncia.
«Cercherò di capire cosa abbiano intenzione di fare nei confronti del componente della commissione» a cui sono attribuite le «spiacevoli» dichiarazioni. Ma l'obiettivo più importante, dice, «è consentire ai ragazzi di sostenere l'esame in assoluta serenità». Quindi, se sarà il caso, di ripeterlo. Ha alzato il telefono anche il presidente della commissione distrettuale di Lecce, l'avvocato Ottavio Martucci - che non era presente alla prova «incriminata» - responsabile delle cinque sottocommissioni: lo ha fatto per chiamare l'avvocato Ennio Buffoli, del Foro di Brescia, che ricopre il suo stesso ruolo.
«Avvierò tutti gli approfondimenti necessari per fare chiarezza» ha anticipato al collega. Il deputato leghista Luca Toccalini annuncia un'interrogazione parlamentare al ministro Marta Cartabia, così come il collega del Pd Carmelo Miceli, in Commissione giustizia e antimafia: «Praticanti e avvocati come carne da macello per mera statistica. E il merito? E i sacrifici di anni di studio e pratica?» ha scritto su Twitter.
Non è invece convinta che le cose siano andate così Claudia Majolo, presidente dell'Unione praticanti avvocati: «Quanto asserito è infondato, invitiamo i candidati a mantenere la calma». «Tutto vero, purtroppo», dice Alessandra Nodari, presidente dell'Associazione italiana giovani avvocati di Brescia: «Sono davvero rammaricata: già l'esame è uno scoglio duro, essere pure in balia dei numeri è fuorviante. Anche a livello nazionale Aiga si muoverà per capire e non potranno non farlo il ministero e le Corti d'appello». Pausa.
«Mi dispiace per i ragazzi, non è così che ci si affaccia alla professionale, confido che sia fatta chiarezza sulla questione. Sono diventata avvocato perché ci credevo, nella giustizia. Subire simili ingiustizie all'inizio è troppo».