DA “NON SI AFFITTA AI MERIDIONALI” SIAMO PASSATI A “NON SI AFFITTA AGLI AFRICANI” – PARLA LA 24ENNE ITALIANA, FIGLIA DI MIGRANTI MAROCCHINI, CHE CERCA CASA A REGGIO EMILIA E SI È VISTA RISPONDERE VIA MAIL: “NON VOGLIO AFRICANI NELL'APPARTAMENTO” – “UN MIO COLLEGA ALBANESE HA DOVUTO VIVERE UN ANNO IN ALBERGO PERCHE' VENIVA RIFIUTATO. ANCHE LE PERSONE DEL SUD HANNO DIFFICOLTÀ A TROVARE CASA...”
-Estratto dell’articolo di Franco Giubilei per “La Stampa”
Condizioni per trovar casa a Reggio Emilia: appartenenza al gruppo etnico caucasico, pulizia dell'appartamento e pagamenti regolari. Nero su bianco, ma in termini più crudi, è quanto si è vista rispondere per iscritto una ragazza di 24 anni nata in Italia e di origini marocchine, quando ha chiesto informazioni per un alloggio nel capoluogo emiliano: «Non affitto il mio appartamento agli africani», ha scritto letteralmente la proprietaria nella mail.
A farne le spese è Mouna Bour, di Guiglia, nel primo Appennino modenese: vorrebbe tanto avvicinarsi al luogo di lavoro, uno studio di architettura e allestimenti a Cadelbosco, nel Reggiano, a cento chilometri dal suo paese. Ha un lavoro stabile, è nata in Italia, ha tutte le carte in regola, eppure sono tre mesi che cerca casa in affitto senza risultati.
[…] a sentire il suo racconto vicende del genere sono per niente isolate: «Anche le persone del sud hanno difficoltà a trovare casa. Un mio collega albanese poi ha vissuto per un anno in albergo perché nessuno a Reggio Emilia ha voluto affittargli casa, mentre una mia amica di Milano si è sentita dire più volte dai proprietari che non affittavano a stranieri». Tanto più difficile da mandare giù quando, oltre tutto, si è cittadini italiani figli di cittadini italiani, dal momento che anche i genitori, arrivati in Italia all'età di vent'anni, hanno la cittadinanza del nostro Paese: «Per me tutto questo è sconvolgente», commenta con amarezza.
Una storia che ci riporta indietro di sessant'anni, alla grande immigrazione dal sud al nord Italia, quando a Torino appendevano i cartelli «Non si affitta ai meridionali».
Che succeda di nuovo, nel 2023 e a Reggio Emilia, dove un abitante su cinque è di origine straniera e la mescolanza dovrebbe essere un fatto acquisito, dimostra quanto siano diffuse le sacche di resistenza allo straniero di pelle nera.
A Mouna, pur abituata per sua stessa ammissione «a farsi scivolare addosso» certi commenti, la condizione di non essere africana per poter entrare in un'abitazione ha fatto l'effetto che si può immaginare: «Sono nata e cresciuta a Modena – ha detto alla Gazzetta di Reggio -, ma in momenti come questi mi chiedo a che cosa appartengo. Vorrei sentirmi a casa perché questa è casa mia, e non abituarmi a sentirmi discriminata. Faccio parte di una seconda generazione (di immigrati, ndr), ma ci saranno terze, quarte e quinte generazioni, questa è la realtà».
A questo punto viene anche il dubbio che i mesi di ricerca infruttuosa non siano conseguenza del caso, ma di una diffidenza frequente verso lo straniero: «Sto guardando ovunque, a Reggio ma anche in provincia: Cadelbosco, Sesso, Rubiera, Massenzatico, Bagno, Bagnolo in Piano…». Finora tutto inutile, l'appartamento resta un sogno e la ragazza continua a farsi ogni giorno duecento chilometri andata e ritorno per raggiungere l'ufficio.
Neanche la circostanza che il suo impiego sia a tempo indeterminato è sembrato una garanzia sufficiente, c'è questa faccenda dell'essere africana a tagliarla fuori, in una riedizione casereccia delle corsie preferenziali riservate a chi ha la pelle bianca.
Più Alabama Anni 60 che Emilia 2023, il che risulta particolarmente indigesto a chi, come la ragazza italiana ma africana, non si rassegna neanche agli stereotipi più diffusi: «Generalizzazioni come quella che i marocchini spacciano mi danno molto fastidio – dice Mouna -, perché certo ci può essere il marocchino spacciatore, ma così come c'è l'italiano spacciatore. O il marocchino sporco come l'italiano sporco, tornando in tema di casa da tener pulita. La nazionalità non racconta una persona». […]