“LA NOSTRA SCUOLA VA RIFORMATA, È VERO, MA È POCO INTELLIGENTE CERCARE QUI IL MODELLO FINLANDESE” – UNA PROFESSORESSA SICILIANA RIMETTE AL SUO POSTO LA PITTRICE FINLANDESE IN FUGA DA SIRACUSA DOPO AVER CONSTATATO CHE LA SCUOLA "ERA TROPPO BRUTTA" – SE UNO SCEGLIE DI VIVERE A SIRACUSA LO FA PER LA BELLEZZA DEL POSTO, PER LA CULTURA, IL CIBO, IL MARE. SE C’E’ LA PRETESA DI AVERE UNA SCUOLA CON STANDARD FINLANDESI TANTO VALE RESTARSENE IN LAPPONIA…
-Luca Signorelli per corrieredelmezziogiorno.corriere.it
«Se c’è qualcosa che non va non tengo la bocca chiusa. Sono contenta che le mie parole abbiano aperto un dibattito e spero che il sistema scolastico italiano migliori. Quella scuola era talmente brutta che non potevo più vedere i miei figli lì». Elin Mattsson, la pittrice finlandese scappata con la sua famiglia da Siracusa, dove aveva deciso di vivere per poi cambiare idea rapidamente, torna a parlare a distanza di qualche giorno. Lo fa sui social, rispondendo così alle centinaia e centinaia di commenti ricevuti sulla sua bacheca Facebook.
Mentre resta in silenzio la preside dell’istituto Paolo Orsi di Siracusa, scuola interessata dalle lamentele della mamma finlandese, lei torna a ribadire le sue ragioni, quelle che l’hanno spinta fare di nuovo i bagagli e a spostare la sua famiglia, marito e quattro figli, in Spagna, dove già in passato aveva vissuto ricavandone una buona impressione. Una storia che è diventata un caso, sollevando diverse reazioni, come quella del sindaco di Siracusa, che ha difeso gli asili della sua città.
La pittrice finlandese: ma noi amiamo la Sicilia
La mamma finlandese spiega ora come fosse convinta che il sistema scolastico in Europa potesse essere uguale dappertutto, non rinnega la scelta di essersi trasferita ma ammette di aver avuto la «sfortuna di scegliere una scuola in una brutta posizione, senza accesso a campi sportivi» e di chiarisce di aver scritto la lettera «con l’intento di aprire gli occhi e aiutare i bambini».
Precisa poi che la sua recriminazione non ha nulla a che vedere con l’Italia e con la Sicilia: «Non abbiamo problemi ad adeguarci alla cultura e sicuramente avremmo imparato anche l’italiano, bella lingua – scrive sui social - ma nessuno a scuola dovrebbe sentirsi urlare contro e una scuola senza pause e aria fresca rende l’apprendimento più difficile per i ragazzi. I bambini dovrebbero essere bambini e imparare giocando». Elin, come la sua famiglia, ama la Sicilia, «ma la scuola era talmente brutta che non potevo più vedere i miei figli lì – sottolinea - Mi dispiaceva per il piccolo di 3 anni che doveva sedersi intorno a un tavolo, immobile e senza poter giocare all’aperto, come avrebbe dovuto.
Era molto simile alla Finlandia di una volta. Ma ora è il 2023. Tutti dovremmo sapere che i bambini imparano giocando! Quindi sono solo soddisfatta se posso contribuire a una discussione che porti a standard migliori per i bambini». Per poi chiosare: «Bisogna sempre sperimentare cose diverse per avere una prospettiva. Viviamo solo una volta e vogliamo veramente provare culture diverse. I siciliani sono persone molto calde e gentili, non è colpa loro se il sistema scolastico è così».
La prof siracusana: modello Finlandia non va bene per noi
Sul punto, sempre sui social, è arrivata la replica di un’insegnante siracusana, Mariella Lentini, che ha postato una lunga lettera indirizzata proprio alla pittrice finlandese, nella quale la ringrazia per aver stimolato questo dibattito, «dal momento che di scuola si parla sempre troppo poco, se non durante la campagna elettorale, per poi tornare a tacerne».
La prof siciliana, che ci racconta di insegnare all’istituto Verga, scuola “di frontiera”, concorda sul fatto che «la scuola italiana vada riformata, che le linee guida vadano aggiornate, che le strutture fatiscenti debbano essere ammodernate, che il tempo pieno, specie al sud, vada potenziato e registro anche io poca formazione di una parte del corpo docente».
Ma poi aggiunge: «Credo però che il modello Finlandia vada bene per la Finlandia, che in due mesi é molto difficile comprendere cosa vuol dire vivere in una città agli ultimi posti della classifica per benessere di vita e che i nostri popoli siano molto differenti per numeri, trasporti, welfare, criminalità, modalità di concepire la famiglia e i rapporti. Per questo mi permetto di aggiungere che, provare ad applicare il proprio mondo a quello di un Paese ospitante sia un modo poco intelligente di viaggiare».