“LE NOSTRE PROTESTE SI FERMANO, NON VEDIAMO PIÙ SPERANZA DI SUCCESSO. IL NOSTRO PAESE VUOLE RESTARE NELL’IGNORANZA” - MARINA HAGEN-CANAVAL, LEADER DEL COLLETTIVO ECO-ATTIVISTA “ULTIMA GENERAZIONE” IN AUSTRIA, CHIUDE BARACCA: “I FONDI CHE CI RESTANO LI USEREMO PER COPRIRE LE SPESE LEGALI: C’È UNA SERIE DI MULTE CHE OGNUNO DI NOI DEVE SALDARE. ABBIAMO MESSO A RISCHIO TUTTO PER FAR CAPIRE CHE IL METEO PAZZO PEGGIORERÀ MA LA SOCIETÀ È PIGRA O IGNORANTE. LE PERSONE GUARDANO AL LORO GIARDINETTO E MAI OLTRE - ERRORI DA PARTE NOSTRA? FORSE UNA COMUNICAZIONE ALGIDA, ANTICAPITALISTA, ASTRATTA, CHE CI HA FATTO PERCEPIRE COME ELITARI, STACCATI DALLA REALTÀ”
Estratto dell'articolo di Irene Soave per www.corriere.it
Hanno alterato le immagini del Tirolo su Google Maps, mostrandolo desertificato dal global warming. Si sono incollati con le mani all’asfalto di autostrade e zone pedonali, in musei e atenei, hanno installato piscine davanti al Parlamento e imbrattato opere d’arte.
Lo scopo: attirare l’attenzione sull’urgenza della questione climatica. Ma ora gli attivisti austriaci di Ultima Generazione, movimento fondato nel 2022 che ha rami anche in Italia e Germania, gettano la spugna.
«Si fermano le nostre proteste», recita un comunicato diffuso nei giorni scorsi, «perché non vediamo più speranza di successo. Il nostro Paese vuole restare nell’ignoranza». Tant’è. «I fondi che ci restano li useremo per coprire i costi della nostra criminalizzazione», cioè le spese legali, spiega Marina Hagen-Canaval, classe 1996, volto e portavoce del movimento.
A quanto ammontano?
«Abbiamo un processo penale per organizzazione criminale e danni alla proprietà, e per questo ci servono 80mila euro di spese legali. Li abbiamo. Poi c’è una serie di multe per illeciti amministrativi che ognuno di noi deve saldare, e sono l’aspetto più preoccupante.
Sono individuali, e c’è tra noi chi deve anche 40mila euro. Se non li hai c’è la detenzione amministrativa. Sei di noi ci sono già stati e ne sono usciti disperati e con la scabbia, due ci andranno a breve, sei rischiano».
Lei?
«Io ho diecimila euro da pagare e dovrei farcela».
Ma i soldi del movimento da dove arrivano?
«In parte dal Climate Emergency Fund (una non profit internazionale, ndr) e in grandissima parte da donazioni di privati. Gente che non se la sente di incollarsi con le mani all’asfalto, per esempio, ma vuole dare una mano».
Perché due anni e mezzo di Ultima Generazione non hanno funzionato?
«Eravamo qualche centinaio, diciamo trecento in prima linea e quattrocento dietro le quinte. Abbiamo messo a rischio la vita, la fedina penale, la salute per far capire che stiamo morendo di caldo, che il meteo pazzo di cui tutti soffriamo peggiorerà, che abbiamo tutto da perdere. Siamo stati al massimo maltollerati. La società è pigra o ignorante. Guardano al loro giardinetto e al loro lavoretto al quale vanno con la loro macchinetta, e mai oltre». […]
Cosa non ha funzionato, da parte vostra?
«Forse una comunicazione troppo algida, anticapitalista, astratta, che ci ha fatto percepire come elitari, staccati dalla realtà». […]
Lei che lavoro fa?
«Più nessuno. Ho due master in ambito informatico, e ho lasciato l’ultimo lavoro da project manager perché avevo preso ferie per protestare, e il mio capo mi sgridò. Ho poi trovato un altro lavoro, ma da ultimo non l’ho preso. Per ora c’è più bisogno di me nella protesta».
E ora, però, cosa farete?
«La disobbedienza civile prevede due strade se una protesta non funziona. Aumentarne l’intensità: anziché bloccare autostrade, bloccare aeroporti. O protestare più spesso. Noi fonderemo un nuovo movimento, e potremmo fare entrambe le cose».