“PENSAVO DI ESSERE IMMUNE. POI UNA MATTINA HO APERTO UNO YOGURT, SAPEVA DI CALCE. E HO CAPITO CHE AVEVO IL COVID” – PARLA NINO MAZZONE, PRIMARIO (DA REMOTO) ALL'OSPEDALE DI LEGNANO: QUESTA È UNA MALATTIA SUBDOLA, CATTIVA. MA L’HO SFANGATA. MI HANNO AIUTATO I MIEI POLMONI DA NUOTATORE. GLI OSPEDALI VICINO AL LIMITE? LO ABBIAMO GIÀ SUPERATO. COSÌ POSSIAMO RESISTERE SOLTANTO ALTRI DIECI GIORNI”

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Lorenzo Salvia per corriere.it

 

«Ha presente la canzone di Ligabue?».

Quale?

nino mazzone ospedale legnano

«Una vita da mediano».

Bella, sì. Ma che c'entra?

«In questi giorni mi sono sentito proprio così, un mediano che corre di qua e di là per tenere su la squadra. Ogni tanto la canticchiavo, per tenermi su pure io. A un certo punto dice "lavorare sui polmoni", se lo ricorda?».

 

Antonino Mazzone ha la saggezza preziosa di chi riesce a sdrammatizzare sempre, nonostante tutto. Eppure questo simpatico signore che naturalmente si fa chiamare Nino, primario di medicina interna all'ospedale di Legnano, arrivato dalla sua Sicilia ai tempi dell'università, di motivi per drammatizzare ne avrebbe eccome. Sul lavoro e anche personali.

 

Lui ci tiene a cominciare dal lavoro, anche se in questo momento è in isolamento, e non c'è bisogno di spiegare il perché.

nino mazzone ospedale legnano

 

«Se l'andamento dei contagi e dei ricoveri resta questo, possiamo reggere al massimo altri dieci giorni. Poi non so cosa potrebbe succedere».

 

 

 

L'ospedale di Legnano è in rete con altre tre strutture: Magenta, Abbiategrasso e Cuggiono. Si sono divisi i compiti. «Cuggiono è un ospedale pulito, come diciamo noi: zero pazienti Covid, solo altre patologie. Abbiategrasso è a bassa intensità, pazienti Covid ma non gravi. A Legnano e Magenta abbiamo i casi più seri e infatti in corsia abbiamo anche i caschi, fino a 120».

 

covid legnano

In tutto i pazienti ricoverati nella cosiddetta area medica sono adesso 450. Quanti posti liberi avete ancora?

«In realtà nessuno. Per fare posto ai pazienti Covid ci siamo già allargati occupando un reparto di chirurgia e uno di otorinolaringoiatria. Ci salviamo solo perché ogni giorno c'è qualcuno che esce: dimissioni se va bene, morte se va male. Per questo mi fa un certo effetto quando leggo che gli ospedali sono vicini al limite. Noi il limite l'abbiamo già superato e non solo per il Covid».

 

In che senso? 

«Le visite in ambulatorio sono sospese. Gli interventi programmati sono sospesi. Sono garantite solo le urgenze, in sostanza oncologici e cardiovascolari. Avete idea di che prezzo pagheremo nei prossimi mesi, anche senza considerare il Covid?».

 

E qui torna alla canzone di Ligabue, con i dottori di medicina interna, come lui, che sono i mediani, «anche se quando accendi la televisione senti parlare solo di terapie intensive, dove ci sono i centravanti. Ma in una buona squadra bisogna coprire tutti i ruoli».

 

Nella prima ondata il dottor Mazzone ha curato e gestito 1.281 malati. Nella seconda ondata ha perso il conto.

 

«Sono sempre stato molto attento, pensavo di essere immune. Poi una mattina mi sono alzato per fare colazione. Ho aperto uno yogurt, sapeva di calceho capito subito di essere passato dall' altra parte, quella dei malati».

 

Dopo i primi momenti difficili, Mazzone ha continuato a seguire il suo reparto anche da casa, in isolamento.

covid legnano

 

Ha avuto paura?

«Sì, perché questa è una malattia subdola, cattiva. Ma adesso posso dire di averla sfangata. Credo mi abbiano aiutato i miei polmoni da nuotatore. Nuotatore di mare aperto, della mia Sicilia, mica da piscina».

 

Al telefono non si vede ma il dottor Mazzone ora sta sicuramente sorridendo. Il sorriso più grande però l' ha fatto l' altro giorno quando è arrivata la notizia del vaccino: «Credo sia una svolta. Come per gli anticorpi monoclonali che serviranno soprattutto per i pazienti più fragili, gli anziani. Abbiamo bisogno di una luce in fondo al tunnel».

 

E anche nei reparti, tra i letti dei malati. Dove ogni giorno passano il dottor Nino e gli altri medici che, nonostante tutto, riescono a sorridere.