“PERCUOTEVA LA MOGLIE METTENDOLE ANCHE LE MANI AL COLLO” – C’È L’OMBRA DELLA VIOLENZA DOMESTICA DIETRO IL SUICIDIO DI RAFFAELLA MAIETTA, LA MAESTRA DI 55 ANNI CHE SI È LANCIATA SOTTO UN TRENO A MARCIANISE: A FINIRE SUL REGISTRO DEGLI INDAGATI È IL MARITO 65ENNE CHE LA VESSAVA A TAL PUNTO DA CREARLE “UNO STATO DI SOGGEZIONE” – ERA POSSESSIVO, LE IMPEDIVA DI ANDARE IN PALESTRA, LA ACCUSAVA DI SPENDERE TROPPI SOLDI ED ERA GELOSO DEL SUO LAVORO: “TU E QUESTO POSTO SCHIFOSO CHE HAI PRESO SE NO IO TI AVREI SCHIACCIATA SOTTO I MIEI PIEDI…”

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Piero Rossano per il "Corriere della Sera"

 

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La vita di Raffaella Maietta era diventata un inferno. Da quando i figli Tommaso e Katia si erano trasferiti altrove, lontano da casa, per lavoro, la convivenza con suo marito era diventata sempre più difficile. Vessazioni e, scrivono oggi i magistrati, «reiterate aggressioni fisiche e psichiche tali da determinare nella persona offesa uno stato di soggezione».

 

Raffaella, 55 anni, insegnante, avrebbe quindi deciso di farla finita perché indotta dall'atteggiamento violento dell'uomo. È questo il quadro indiziario che emerge a carico di Luigi Di Fuccia, di dieci anni più grande di lei, iscritto sul registro degli indagati della Procura di Santa Maria Capua Vetere per il reato di maltrattamenti in famiglia. La svolta nell'inchiesta a circa cinque mesi dal suicidio di lei.

 

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Teatro della vicenda è Marcianise, popoloso centro alle porte di Caserta. Raffaella Maietta, la mattina del 5 maggio scorso esce di casa per andare a scuola. Come ogni giorno è diretta alla stazione ferroviaria per salire sul treno delle 7 che la condurrà a Napoli, dove insegna in un istituto a due passi da piazza Garibaldi. Su quel treno la maestra, però, non salirà mai

 

Le telecamere di videosorveglianza della stazione, le cui immagini saranno acquisite dalla polizia, filmano invece gli attimi in cui la donna si lancia sotto un altro convoglio in transito. Impietriti, i viaggiatori presenti sulle banchine non riescono a fermarla. Pochi istanti prima, Raffaella aveva chiuso una telefonata con il figlio Tommaso. Proprio il cellulare della donna, con la lettura delle chat conservate, assieme ad una serie di accertamenti condotti nei giorni e nelle settimane a seguire, serviranno a chiarire i contorni di una storia amara finita nel peggiore dei modi.

 

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I figli di Raffaella, ascoltati in Procura, chiedono di accendere ulteriore luce sull'episodio subito dopo i fatti: «Questo non è solo un caso di suicidio», sostengono. Il marito, sentito in disparte, tende ad allontanare ogni sospetto dalle sue condotte e insiste: «Indagate anche in altre direzioni». Il fascicolo è nelle mani della pm Gerardina Cozzolino.

 

A Santa Maria Capua Vetere non esiste un vero e proprio pool per i reati contro le donne ma molte inchieste sui reati di genere finiscono sulla sua scrivania. Il sospetto che dietro la scelta di Raffaella possa esserci una storia di sopraffazioni e violenze subite è subito forte se è vero che già a metà maggio comincia ad emergere che tra le mura di quella casa dissapori e liti erano all'ordine del giorno. Il magistrato ascolta anche le sorelle della donna, con le quali si confidava quotidianamente, che confermano lo stato di soggezione in cui era caduta e le aggressioni che subiva. La polizia giudiziaria raccoglie altri elementi e testimonianze. Ora i contorni della vicenda sono più delineati.

 

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Due giorni fa, l'avviso di garanzia nei confronti di Luigi Di Fuccia, un manovale tratteggiato nell'atto notificatogli come una persona violenta: «Percuoteva la moglie mettendole anche le mani al collo». L'uomo era geloso di tutto. «Possessivo», scrive il magistrato, «sentimento che manifestava anche nei confronti del di lei lavoro (frequentemente le diceva: "tu e questo posto schifoso che hai preso se no io ti avrei schiacciata sotto i miei piedi")».

 

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Le impediva addirittura di iscriversi in palestra. L'accusava di spendere troppi soldi per sé e «di levarli ai figli». Forti discussioni erano nate intorno alle parcelle saldate dalla moglie a dentisti per protesi costate 8.000 euro. Quindi, l'uomo - è scritto ancora nell'atto - «si disinteressava della di lei persona e salute», e viene riportato che non si era mai recato a farle visita in una clinica privata convenzionata quand'era ricoverata a seguito di un'ablazione elettrica. Tutti fatti e circostanze ricostruiti nel corso dei mesi

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