“POSSO PERMETTERMI DI FARE UN FIGLIO, MA NON LO FACCIO” – L’INTEMERATA DI SIMONETTA SCIANDIVASCI CHE HA RISPOSTO ALL’ONDATA DI POLEMICHE DOPO IL SUO ARTICOLO IN CUI ESPRIMEVA IL DESIDERIO DI NON MATERNITÀ: “DOBBIAMO ELABORARE MODI DI PROSPERARE NON PIÙ BASATI SULLA PROCREAZIONE DI TUTTI I CITTADINI” – LA CONTRORISPOSTA DI ASSIA NEUMANN DAYAN: “PERCHÉ NON HAI RIFLETTUTO SUL FATTO CHE SE TUTTI LA PENSASSERO COME TE IL MONDO FINIREBBE? NON TI PIACE IL MONDO?”
-1 - SE CHI HA SCELTO UNA VITA SENZA FIGLI NON È MINORANZA
Simonetta Sciandivasci per “La Stampa”
Il numero di Specchio in edicola ieri con La Stampa aveva un titolo forte: Questa non è una madre. È una frase che, a lungo, è stata un'accusa rivolta alle donne ritenute cattive madri (perché fumavano in casa, perché lasciavano i figli soli, perché non erano protettive, perché non smettevano di lavorare, perché non sapevano cucinare, perché divorziavano, e decine di altri perché).
Ora è diverso: il modello unico non esiste o, se esiste, è stato picconato e discusso, in favore di nuovi modelli e, meglio ancora, di nessun modello. Ma non abbiamo scelto quella frase per discutere nuovi criteri, o ruoli: lo abbiamo fatto per affrontare un tema importante, la diminuzione delle nascite, che ha altrettanto importanti matrici, molto diverse e non sempre rappresentate nella loro diversità.
Sappiamo bene che, nel nostro paese, a voler fare bambini e a non poterne fare perché le istituzioni non aiutano, perché il lavoro, per come è strutturato, non consente che di lavorare e cenare davanti a un pc e poi stramazzare al suolo prima ancora di arrivare a letto, perché crescere un figlio ha costi da tenutari di barca ormeggiata a Saint Tropez, ci sono moltissime donne e uomini (e sottolineiamo uomini, perché se c'è una insopportabile coazione culturale, che è una pigrizia che non possiamo e non dobbiamo più permetterci, è l'idea che i figli siano soltanto delle donne).
Lo sappiamo anche grazie all'Istat, che da anni fotografa con cura tutto questo e porta avanti statistiche sociali senza le quali non potremmo orientarci, non sapremmo che paese siamo. Siamo anche consapevoli, però, che tutte queste mancanze imperdonabili, specie in un paese che chiede alle famiglie di non estinguersi, non sono le uniche ragioni per cui l'Italia registra, da anni, record di non nascite.
Sappiamo che chi non fa figli viene spesso incolpato e (perdonate la parola abusata ma esatta) discriminato - dal discorso pubblico, dal costo della vita, dalla forma che hanno gli appartamenti, dalle porzioni delle conserve e pure dagli Angelus del Papa. In altri paesi meno inospitali del nostro per i bambini e i loro genitori, non si registra una demografia molto più florida e questo è qualcosa in cui guardare per dirci una delle molte verità che questa nuova fenomenologia ci mette davanti agli occhi. Per dirci, cioè, che esistono anche donne e uomini che non vogliono fare figli.
Prendo la parola in modo diretto, come ho fatto nel pezzo che ho scritto per Specchio: sono una di quelle persone. Posso permettermi di fare un figlio, ma non lo faccio. Ieri mi sono sentita dire, insieme a una serie di insulti ignobili ma pure insieme a molte riflessioni importanti, che non voglio un figlio perché ho 36 anni - «ne riparliamo quando ne avrai 46», che è un bel modo di dare torto al mio asfissiante ginecologo: me ne ricorderò, grazie.
Conosco trentenni, quarantenni e cinquantenni che di figli non ne vogliono neppure sentire parlare e non sono indigenti o nichilisti o cinici, né odiano questo paese. Temo siano un gruppo di persone destinato ad aumentare e che, quindi, è importante rappresentare con onestà . Il dovere di verità non ha bisogno di ragioni, ma in questo caso ce n'è una: poiché continuiamo a dire che il paese non reggerà un futuro in cui ci saranno più vecchi che giovani, significa che quel futuro sarà anche nelle mani di chi oggi non fa un bambino. Significa che dobbiamo elaborare modi di prosperare non più basati sulla procreazione di tutti i cittadini. Vogliamo coinvolgere i nostri lettori e chi scrive su questo giornale in una riflessione lunga e libera su tutto questo. Se viva, noi siamo qui.
2 - I NOSTRI BAMBINI SONO IL FUTURO A TE, SIMONETTA, IL MONDO NON PIACE?
Assia Neumann Dayan per “La Stampa”
Cara Simonetta ti scrivo, come se fossi Istat. Ti scrivo anche se sei minoranza, sai, noi mamme abbiamo il cuore grande e stiamo in pensiero per tutti. Nel tuo pezzo di ieri su Specchio parlavi del tuo non volere figli, o meglio, ti sei seduta sulla riva del fiume ad aspettare che noi commentatori, noi Istat, noi madri e non madri e tutte le sfumature che la modernità richiede, passassimo tra i giunchi.
Può essere poco elegante scrivere su un giornale e citare un articolo di ieri dello stesso giornale, ma con le buone maniere nessuno ha mai pagato il mutuo, o quantomeno la fibra veloce. Ho letto, ammetto molto divertita, le centinaia di commenti sui social al tuo articolo, che si dividono in diversi sottoinsiemi del grande diagramma di Venn del "adesso dico la mia", per poi unirsi in un grande cerchio d'intersezione: quello del "sì, però". Avranno letto il tuo articolo o solo guardato il video? Come sia, come non sia, leggo che tutti hanno di base molto a cuore l'estinzione del genere umano. E la pensione.
Cara Simonetta, perché non ci hai pensato? Perché non hai riflettuto sul fatto che se tutti la pensassero come te il mondo finirebbe? Non ti piace il mondo? Scrivi su una testata nazionale, suvvia, e hai deciso di fare un manifesto sulle gioie della non maternità, non ti sembra una pessima idea, non pensi ai giovani che potrebbero prenderti come esempio? Esiste una parola per definire una non madre? Donna? Nullipara? Beata lei?
Ci sono dei commenti splendidi, ma splendidi davvero, dove si insinua che, insomma, prima o poi sarai vecchia anche tu cara la mia Simonetta, e avrai bisogno di un/una badante: pensa tu la comodità di averne uno/una gratuitamente, nuda proprietà, testamento oleografo a seguire in cambio di cure, pensa tu come un figlio ti può tornare utile. Un signore commenta: «Vorrei suggerirgli che fare figli non dovrebbe servire solo alla società ma anche a se stessi... è un atto egoistico volerli avere, non volerli avere... ci serve per avere una buona vecchiaia.
Forse in questo delirio di eterna giovinezza non ci si rende più conto che a un certo punto il nostro corpo cede e avere delle persone che cercano di aiutarti in questo periodo della vita è fondamentale, specialmente se con un legame forte genitoriale. Per quanto mi riguarda non volere figli non è un atto egoistico, ma solo una esigenza per credere di non invecchiare perciò è una fuga dalla realtà (...).magari verremo sostituiti da una società robotica (...) chissà forse questa signora sta prevedendo il futuro». Scusa Simonetta, ma questo commento visionario mi sembra più lucido di qualunque cosa abbia mai letto sull'argomento.
Poi a commento di un commento c'è l'immancabile riflessione sui cani e sui bambini, e tu, cara Simonetta, ce l'hai un cane? O nemmeno i cani vanno bene? Una signora scrive: "Mi viene da portare un confronto: avere un figlio o un cane. Il figlio ti può deludere, tradire, ma il suo disamore per te è motivato, consapevole e dipende dall'amore che è circolato tra voi, non dalle crocchette che gli hai dato".
Ora, secondo me dipende anche dal numero di pacchetti di figurine che gli hai comprato nella vita, e sono sicura di non sbagliarmi. Una signora giustamente risponde: «Conosco una signora 85enne con la vita rovinata del figlio cocainomane e pensare che lei lo ha amato sempre tanto».
Forse le figurine non erano l'esempio più preciso. Cara Simonetta, tu dici di appartenere a «un misero 5 per cento», a «una florida e talvolta felice minoranza di donne che non fanno figli perché non vogliono», parli di «persecuzioni socioculturali», dici che se Mario Draghi ti portasse in dono «un milione di euro in contanti» (Simonetta, che cos' hai contro i bonifici? Forse è perché non sei madre?) per prenderti cura di un bambino declineresti l'offerta. Presidente Draghi, noi madri accettiamo anche il pos, non faccia complimenti.
Certo, ci sono commenti di appoggio, perlomeno in apparenza: «Ed è una scelta legittima e da rispettare! Ma ancora si ha la necessità di doverlo ribadire, sapendo che la mentalità comune, in parte, contrasterà questo pensiero. Noi siamo ancora culturalmente eredi dell'angelo del focolare, in questo paese, ahimè! Chi sceglie di fare figli non è migliore di chi sceglie di non farli!». 69 "mi piace" cara Simonetta, fai tu, più o meno come il tuo 5 per cento.
Cara Simonetta, adesso le mamme vengono ascoltate e lette con curiosità grazie a una tragedia di dimensioni mondiali, grazie a un disastro sanitario e umano, grazie ad una pandemia: raccontano le loro giornate, monetizzano, sponsorizzano, scrivono manuali, ma ora dimmi, cara Simonetta, ci hai pensato alla noia di una rubrica con i racconti quotidiani di una non mamma in quanto tale?
Cosa ci raccontate? I libri che avete tempo di leggere? Le mostre che avete tempo di andare a vedere? Il tempo libero di cui usufruite con arroganza? «Cari lettori, oggi non ho portato il bambino a scuola non perché è in Dad, ma perché non ho nessun bambino»: no Simonetta, così non credo tu possa vincere il Pulitzer, te lo dico con grande affetto e con grande stima.
Quello che penso io sul non volere figli è questo: non lo comprendo, perché un figlio ce l'ho, e questo esclude qualsiasi pensiero diverso dal mio. Avere un figlio ha molto più a che fare con la paura della morte che con la vita, o con la pensione, e ogni riflessione mi sembra legittima, e fragile. Cara Simonetta, scusa ma ora devo proprio andare, devo comprare qualche pacchetto di figurine, preparare la cena, e vincere il Pulitzer.