“QUEL CLIENTE ESISTE MA NON SO CHI SIA” – LE PAROLE MESSE A VERBALE DELLA RISTORATRICE SUICIDA GIOVANNA PEDRETTI. NEL RIBADIRE L’ESISTENZA DEL CLIENTE AUTORE DI UNA RECENSIONE CONTRO GAY E DISABILI, LA DONNA NON AVEVA AGGIUNTO DETTAGLI IN GRADO DI AGEVOLARE UN ABBOZZO DI IDENTIKIT. IN CASERMA LA VOCE E I COMPORTAMENTI DELLA PIZZAIOLA AVEVANO TRADITO UN PROFONDO MALESSERE. ERA PERSEGUITATA DA PERIODI CRITICI A LIVELLO PSICO-FISICO. PER ESEMPIO, FATICAVA A DORMIRE…
-Andrea Galli per milano.corriere.it - Estratti
Davanti ai carabinieri che l’avevano chiamata a deporre (come potenziale vittima in un fascicolo contro ignoti), sabato mattina Giovanna Pedretti, titolare di una pizzeria, aveva messo a verbale la sua verità. Ma nel ribadire l’esistenza del cliente autore di una recensione contro gay e disabili alla quale lei aveva risposto con decisione e saggezza guadagnandosi il plauso sui social, pur raccontando di averlo avuto al tavolo in due occasioni, in primavera e la scorsa settimana, non aveva memorizzato particolari di quell’uomo tali da agevolare un abbozzo di identikit.
Il locale è piccolo e la clientela abituale, in larga prevalenza formata da abitanti dello stesso paese, Sant’Angelo Lodigiano, dove prima dell’alba di domenica Giovanna si è lasciata morire entrando nel fiume Lambro, senza aver in precedenza lasciato messaggi oppure spiegazioni, e senza aver preparato un «congedo» dai propri cari e dalle incombenze quotidiane (risposte urgenti a email, bollette da pagare, ordini da inviare). Certo non era tenuta a rammentare nei dettagli le singole persone che hanno pranzato e cenato da lei: eppure il totale vuoto potrebbe risultare un’anomalia nella veridicità del resoconto.
Il dubbio è fisiologico e viene coltivato dagli inquirenti nel doppio filone investigativo che mira a verificare, nell’«altra» inchiesta per istigazione all’odio, aperta dopo il decesso, eventuali responsabilità nella tragica scelta di Giovanna. Perché, dopo le ricostruzioni di noti e meno noti, su Internet era subìto arrivata la sentenza: quella recensione era un falso per ottenere agevole e gratuita pubblicità. Da eroina nazionale, la ristoratrice, della quale i conoscenti insistono a elogiare il buon cuore, era diventata oggetto di insulti.
In quella caserma, la voce e i comportamenti della donna, sposata con Nello, che l’aiutava al ristorante, e con un’unica figlia, Fiorina, avevano tradito un profondo malessere. Un crescente nervosismo in una persona che, molto seguita dal medico di base, da dieci anni, quando l’adorato fratello era deceduto sempre suicidandosi, era perseguitata da periodi molto critici a livello psico-fisico. Per esempio faticava a dormire.
L’ultima sera, nemmeno si era coricata: aveva dapprima avuto una conversazione con il marito che l’aveva invitata a dimenticare gli attacchi; poi era uscita di casa, nella bassa palazzina di via XX Settembre che ospita la pizzeria. Non era anomalo che Giovanna raggiungesse a bordo della Fiat Panda gli argini del Lambro: aveva l’abitudine di camminare prima dell’alba, a lungo, in solitaria. Per Nello, quell’assenza non era affatto un segnale di preoccupazione, infatti la sua chiamata d’allarme ai carabinieri è datata ore dopo.
Giovanna ha cercato di incidersi con una lametta; era scesa dalla macchina, aveva raggiunto le sponde del fiume, era discesa per un breve declivio che conduce alle acque. Dalle iniziali analisi documentali, nessuna noia economica nei conti del ristorante; nessuna crisi in famiglia. Niente. Il che però non esclude zone d’ombra, magari anche con «importanti» uscite economiche, pista setacciata dagli inquirenti.
Indagando per istigazione all’odio, un’ipotesi di reato scelta dalla Procura di Lodi anche per consentire i mai facili rilievi tecnici (il telefono o il pc fonte di quella recensione, i riscontri condotti da Google), bisogna arrivare a individuare, provandone le responsabilità, un soggetto che abbia impresso una decisiva svolta nella decisione suicidaria.
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