“L’UNICA FORMA DI PENTIMENTO CHE ABBIA SENSO È TOGLIERMI LA VITA” – ALESSANDRO IMPAGNATIELLO, L’UOMO CHE HA UCCISO GIULIA TRAMONTANO E IL FIGLIO CHE PORTAVA IN GREMBO, NELL'INTERROGATORIO HA PAVENTATO L’IPOTESI DI SUICIDIO – BUGIARDO, NARCISISTA, MANIPOLATORE: IL RITRATTO DEL KILLER, CHE HA CONTINUATO A INVENTARE STORIE ANCHE DURANTE LA CONFESSIONE: “HO AIUTATO GIULIA SPINGENDO IL COLTELLO NEL COLLO, PER NON FARLA SOFFRIRE” – MARTEDÌ, DOPO L’OMICIDIO, HA CHIAMATO LA SUA PRIMA COMPAGNA, DA CUI AVEVA AVUTO UN ALTRO BAMBINO: “VOGLIO STARE CON LUI”. E LEI : “MA SEI PAZZO? STANNO CERCANDO IL CORPO DI GIULIA E TU VUOI CHE TI PORTI NOSTRO FIGLIO?”
1. IMPAGNATIELLO, UNICA FORMA PENTIMENTO È TOGLIERMI LA VITA
(ANSA) - "L'unica forma di pentimento che abbia un senso è togliermi la vita". Sono le parole che ha ripetuto Alessandro Impagnatiello al suo legale dopo aver confessato l'omicidio di Giulia Tramontano. Parole che oggi il legale, l'avvocato Sebastiano Sartori, ha riferito al termine dell'interrogatorio di convalida del fermo nel quale il barman ha confessato l'omicidio "aggiungendo particolari che riguardano l'ultima fase dell'accoltellamento". "Il barman ha negato la premeditazione e ha detto che ha fatto tutto da solo", ha conluso l'avvocato.
2. LA DOPPIA VITA DEL MANIPOLATORE
Estratto dell’articolo di Simona Buscaglia e Lorenzo Rotella per “La Stampa”
«Un arrogantello pieno di sé, uno di quelli di cui non ci si può fidare». A chiedere in giro, qui a Senago, oppure a Paderno, dove Alessandro Impagnatiello si trovava con gli amici, il ritratto non è esattamente quello di una bella persona: «La prima volta che l'ho visto ho pensato che fosse un cretino», racconta Emanuele, cugino della donna con cui Alessandro otto anni fa aveva avuto un figlio.
«Per fortuna la relazione non è andata avanti visto quanto successo. Giulia invece non l'avevo mai vista. La sera della confessione e del ritrovamento ho detto ai carabinieri di non farlo avvicinare perché lo avrei ucciso con le mie mani». Poi sintetizza con una di quelle parole che non si possono riferire: «Insomma, una vera m...».
Quale baco lavorasse nella testa del giovane barman dall'aria innocente, che shakerava cocktail e menzogne con disinvoltura nella Milano da bere del nuovo millennio, e che per togliersi dall'imbarazzo di una doppia relazione ha ucciso senza esitazione la sua donna con suo figlio in grembo, nessuno lo sa con precisione: non le sue ex fidanzate, che lo hanno scoperto per caso da una foto sul suo cellulare, non i genitori di Giulia che stavano per accoglierlo come un genero e adesso non riescono a darsi pace.
Impagnatiello sapeva mimetizzarsi bene nelle stravaganze eccessive della Milano by night, di cui conosceva i riti esuberanti osservati dal bancone dell'Armani Bamboo bar, in pieno centro. Lo si vede in un filmato su YouTube mentre prepara uno dei suoi intrugli tutto preso nel ruolo: il sorriso dolce di un ragazzino che non potrebbe fare male a una mosca. E invece, nelle parole della Procura, Ale […] diventa un «uomo dalla spiccata capacità manipolatoria e ingannatrice». […] era «un po' sbruffone, anche da ragazzo», raccontano gli amici di Paderno Dugnano, dove Impagnatiello si andava a rifugiare quando smetteva i panni di sacerdote alcoolico dei bar del centro.
Nato a Sesto San Giovanni, quando ormai era già da un pezzo l'ex Stalingrado d'Italia, Alessandro era cresciuto con la famiglia a Senago, uno dei paesi che costellano la cintura della grande Milano: non più campagna, non ancora città. Una grande periferia non di rado anonima: «Si muoveva con uno scooterino tutto scassato. Poi da qualche tempo si era comprato un suv, una bella macchina».
Il sigillo […] di un successo effimero che si esauriva dietro al bancone del bar del centro, frequentato da belle donne e "bella gente". Ale, soprattutto, era un bugiardo, quando raccontava a Giulia di volere un figlio, quando raccontava all'altra, la ex, che invece era tutto finito. «Prima in casa continuavo a guardare la nostra foto di Ibiza, so che non sono stato un fidanzato ideale negli ultimi mesi, dicci solo che stai bene», scrive su un WhatsApp diretto a Giulia ben sapendo di averla appena uccisa e che teneva avvolta in cellophane nel box dietro casa.
E poi, un pavido. Talmente vigliacco da non avere nemmeno il coraggio di raccontare l'omicidio, che nella sua confessione descrive quasi come accidentale: «L'ho aiutata spingendo il coltello nel collo». Ma Giulia non pensava affatto di uccidersi o flagellarsi: la sera in cui è stata uccisa, era furiosa, gli aveva scritto di non farsi più vedere e che quella non era più la loro casa. […]
Si era limitato a una flebile difesa quando i genitori di Giulia […] l'avevano preso a male parole appena arrivati a Milano. Per cercare di uscire dalla trappola psicologica in cui si era cacciato […], martedì, aveva chiamato la sua prima compagna, quella da cui aveva avuto un bambino: «Voglio stare con lui». E lei, che fino a quel momento aveva mantenuto buoni rapporti, pur sapendo che razza di bugiardo seriale fosse il suo ex, esplode: «Ma sei pazzo? Stanno cercando il corpo di Giulia e tu vuoi che ti porti nostro figlio?». I pm lo descrivono come «un narcisista». Impossibile non notarlo. […]