“SENTIVO L’ARIA USCIRE DALLA FERITE, HO PENSATO DI MORIRE” – BRUTTA AVVENTURA PER UN 34ENNE DELLA PROVINCIA DI TREVISO, FERITO DA UN’AGUGLIA CHE GLI HA PERFORATO UN POLMONE MENTRE SURFAVA IN INDONESIA: CON IL LUNGO BECCO IL PESCE LO HA COLPITO SOTTO L’ASCELLA , PROVOCANDOGLI UN’EMORRAGIA INTERNA – “PROVAVO A TENERE IL BRACCIO STRETTO AL TORACE, MA SUL MOMENTO L'ADRENALINA NON MI FACEVA PERCEPIRE IL DOLORE. AL PRONTO SOCCORSO MI HANNO SOLO SATURATO LA FERITA E VOLEVANO LASCIARMI ANDARE, MA…”

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Estratto dell'articolo di Mauro Giordano per www.corriere.it

 

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[…]Alberto Marcon, 34anni, surfa sulle onde della memoria e rivive l'incidente che poteva costargli la vita in Indonesia: un'aguglia, un pesce simile a un piccolo pesce spada lo ha colpito con il suo «becco» ferendolo gravemente sotto l'ascella e perforandogli un polmone. 

 

«Sentivo l'aria uscire dalla ferita e a un certo punto ho pensato di morire, forse sarebbero bastati pochi centimetri per avere conseguenze peggiori - racconta Marcon -. Adesso sto bene, il peggio è passato, forse potrei avere dei problemi in futuro quando dovrò andare sott'acqua ma diciamo che io preferisco stare sopra (ride, ndr)». Ora sta trascorrendo la convalescenza nella casa di famiglia a San Pietro di Feletto (Treviso), tra visite mediche ed esami

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[…]

 

Cosa è successo in acqua? 

«Non ero ancora in piedi sulla tavola, in realtà stavo "remando" per andare al largo e raggiungere il punto dove si "rompe" l'onda. Improvvisamente ho visto spuntare dall'acqua l'aguglia che mi stava per colpire, ho provato a schivarla ma sono solo riuscito a coprirmi il volto. Nello sbilanciarmi sono però stato ferito sotto al braccio». 

 

Si è subito reso conto della gravità della sua situazione?

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«Ho sentito l'aria uscire dalla ferita, quindi ho capito che c'era stato qualcosa di grave e provavo a tenere il braccio stretto al torace, ma sul momento l'adrenalina non mi faceva percepire il dolore. Ho subito chiamato il mio amico spiegandogli cosa fosse successo, chiedendogli di accompagnarmi in spiaggia e da lì in ospedale. Fortunatamente non sono un tipo che va nel panico perché in momenti simili si può svenire, è molto rischioso e tutto può andare decisamente peggio». 

 

Da quel momento per lei è iniziato anche un «tour» negli ospedali indonesiani durato ben 12 ore. Una complicazione nell'emergenza. 

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«Sì inizialmente ho raggiunto un pronto soccorso dove mi hanno solo saturato la ferita e volevano lasciarmi andare. Io però chiedevo di avere ulteriori analisi e controlli, anche perché quando andavo sotto sforzo o tossivo continuavo a sentire l'aria uscire dal punto dove mi aveva colpito l'aguglia. In un secondo ospedale hanno effettivamente riscontrato che il polmone era stato perforato e che avevo un'emorragia interna».   

 

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Quali sono stati i momenti peggiori che ha vissuto?

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«Sono sempre stato cosciente e riuscivo a camminare ma prima di arrivare nell'ultimo ospedale ho iniziato a temere il peggio. Quando mi hanno detto "a Bali non arrivi dobbiamo trasferirti in una clinica più vicina" e avevo il drenaggio attaccato ho pensato "ecco è finita". Anche le sette ore di trasferimento in ambulanza sono state dure, di fatto ho passato 12 ore in condizioni non buone e alla fine ero veramente stremato. Non perdevo sangue copiosamente ma il versamento era tutto interno». 

 

Aveva mai vissuto incidente gravi a causa della sua passione per il surf?

«Qualche piccolo incidente ma nulla di così grave, dei taglietti o delle ferite». 

 

Dopo un po' di giorni in ospedale finalmente il rientro in Italia. 

«Sì, sono stato ricoverato fino al 18 dicembre, così ho potuto prendere il volo che avevo già prenotato per il 21 dicembre e rientrare così in Italia per trascorrere le vacanze di Natale con la famiglia in Veneto. Ho subito effettuato delle ulteriori visite pneumologiche e ho avuto qualche complicazione con la ferita che si era infettata. […]».

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