“SIAMO SICURI CHE SIA LUI?” – L’INCIDENTE DEL BROKER BOCHICCHIO E LA LUNGA SCIA DI MISTERI INTORNO ALLA SUA MORTE CHE SI PORTA DIETRO SEGRETI INCONFESSABILI - I RAGGIRI AI VIP (CONTE, LIPPI, EL SHAARAWY), I SOLDI NON SEMPRE PULITI E QUELLI CHE NON AVEVANO POTUTO FARGLI CAUSA PERCHÉ “C'HANNO UN TALLONE D'ACHILLE”: IL SOSPETTO È CHE GLI AVESSERO AFFIDATO CAPITALI ESTERI NASCOSTI AL FISCO - LE CASE A CORTINA, LE OPERE DI WARHOL E SCHIFANO, I LEGAMI CON SAMIR ASSAF, EX CANDIDATO ALLA BANCA CENTRALE DEL LIBANO, LA FUGA E L'ARRESTO A GIACARTA - IL RITRATTONE DEL BROKER…
Emiliano Bernardini per “il Messaggero”
La notizia è corsa veloce. Di bocca in bocca. Di messaggio in messaggio. «Hai saputo? È morto Massimo Bochicchio. Dicono un incidente...», «È morto bruciato». Passano ore prima del riconoscimento della salma tanto che molti si chiedono: «Siamo sicuri che sia lui?».
Tanti non vogliono proprio crederci. È pomeriggio quando nei salotti della Roma bene ma soprattutto nei circoli sportivi la triste notizia deflagra come una bomba. A quell'ora c'è chi sta giocando a padel e chi è a pranzo. Per un istante però tutti si fermano e non si parla d'altro. Serpeggia sconcerto e paura tanto che la giornata, nonostante un sole rovente e un cielo terso, diventa grigia per tutti. Qualcuno piange.
Nessuno vuole parlare apertamente ma è l'unico argomento di conversazione. Diversi amici sono corsi sotto la sua casa che si affaccia su via di Priscilla nel quartiere Trieste. Parlano tra di loro a bassa voce. Non vogliono rilasciare commenti. In casa ci sono la moglie e il fratello e i militari del nucleo della polizia valutaria della Guardia di Finanza (che hanno avuto una delega della Procura di Roma) che dopo aver perquisito l'appartamento, a caccia di documenti, bigliettini o indizi, escono con uno scatolone di documenti. Malore o altro? In pochissimi credono ad un incidente. Una morte che si porta dietro i segreti inconfessabili della Roma bene.
I soldi, forse non proprio sempre puliti, e gli interessi che si incrociano nei salotti chic della capitale. Probabilmente gli stessi che non avevano potuto fargli causa perché, come ironizzava in una intercettazione del 28 luglio 2020, «c'hanno un tallone d'Achille»: il sospetto è che gli avessero affidato capitali esteri nascosti al Fisco. Massimo Bochicchio, il broker che secondo l'accusa, aveva truffato centinaia di persone per milioni di euro era conosciutissimo nei circoli sportivi romani.
L'Aniene, dove però si vedeva di rado, e soprattutto il tennis club Parioli erano i suoi terreni di caccia preferiti. Qui tra i campi di tennis (ai tempi delle sue truffe il padel non era ancora di moda) e i tavoli del ristorante a bordo piscina stringeva contatti e si procacciava clienti. Nella sua rete sono finiti vip dello sport (tra cui l'allenatore dell'Inter Antonio Conte e l'ex Marcello Lippi), imprenditori e professionisti ma soprattutto personaggi del «generone» romano.
E, secondo l'accusa, grazie alle due società, la Tiber capital e la Kidman Asset Management, registrata alle Isole Vergini Britanniche e con una serie di schermi offshore riusciva a far sparire centinaia e centinaia di milioni di euro raccolti in Italia, ma non solo. Migrazioni di soldi rese possibili anche grazie a una rete di amici molto importanti nella Capitale.
QUADRI E MACCHINE Bochicchio aveva una passione sfrenata per il lusso e la bella vita. Possedeva un attico a Miami, una casa a Cortina sulle piste più chic d'Italia, una residenza a Londra, dove probabilmente gestiva la maggior parte dei suoi affari e poi ancora Roma e Capalbio. Tutte case impreziosite, come raccontano i bene informati, da due opere di Castellani da 700 mila euro ciascuna, due litografie di Marilyn Monroe di Andy Wahrol, sette quadri di Mario Schifano nell'ufficio londinese, foto di Avedon. Oltre a bonifici a persone a lui vicine, viaggi su aerei privati e una Mercedes da collezione del valore di 200 mila dollari. A marzo scorso sui telefoni delle vittime era circolata una sua foto che lo ritraeva, probabilmente a Dubai, con due persone.
«Sta lì alla faccia nostra» i messaggi che si scambiano le vittime dei suoi raggiri. «Tanto prima o poi lo pizzicano» scrive profeticamente qualcuno. E infatti pochi mesi dopo, esattamente il 7 luglio viene arrestato in Indonesia su mandato della procura di Milano. La sua difesa aveva chiesto e ottenuto i domiciliari e il gip li ha concessi ritenendo «serie e fondate» le sue proposte di restituzione del denaro. Gli era stata concessa anche un'ora per la libera uscita. Tempo che spesso usava per andare a correre a Villa Ada o per incontrare amici nei bar di Roma nord. Ma soprattutto per andare a mangiare gli amati tagliolini al tartufo. Ieri la sua ultima ora di libertà.
ASCESA E CADUTA DEL FINANZIERE
Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”
Brillante, intelligente, viveur, una marcia in più. Eppure anche tra i tanti che glielo riconoscevano, c'erano quelli che poi avevano finito per fargli causa a Londra, o che erano parti lese in Tribunale a Roma nel processo per abusivismo finanziario, perché gli avevano affidato leciti guadagni, come l'ex allenatore dell'Inter Antonio Conte (24 milioni), l'ex allenatore della nazionale Marcello Lippi e suo figlio Davide, i calciatori El Shaarawy ed Evra, l'ambasciatore in Gran Bretagna, Raffaele Trombetta, o tanti imprenditori del «generone» romano acquartierato al Circolo Aniene del presidente Coni Giovanni Malagò.
E c'erano invece altri che non avevano potuto fare causa a Massimo Bochicchio perché, come ironizzava intercettato il 28 luglio 2020, «c'hanno un tallone d'Achille»: gli avevano cioè affidato capitali esteri nascosti al Fisco. Proprio come i sei clienti i cui movimentati capitali erano costati nel febbraio 2021 a Bochicchio il sequestro dal gip milanese Chiara Valori delle case di Cortina e Roma, e di opere d'arte come un vaso di Picasso o quadri di Balla e Schifano.
Così, mentre a Milano (prima del passaggio del fascicolo a Roma per competenza territoriale) i pm Romanelli-Filippini-Polizzi cercavano di raccapezzarsi nel «centinaio di clienti» dai quali Bochicchio (a fronte della golosa promessa di rendimenti anche del 10 per cento) aveva «ricevuto 300 milioni sul fondo Tiber e almeno altri 200 milioni sulla società Kidman» fatta passare con carte false per una entità mascherata del colosso bancario Hsbc, Bochicchio aveva iniziato una peregrinazione in giro per il mondo, interrotta nel luglio 2021 da una sorta di mezza costituzione-mezzo arresto in un suo scalo aereo a Giacarta, che aveva messo fine a cinque mesi di latitanza di lusso tra Messico, Dubai, Hong Kong e Singapore.
Tre mesi fa il restante versante milanese si era risolto per lui positivamente con l'archiviazione dell'ipotesi di corruzione (insieme a Malagò, al banchiere Gaetano Micciché e all'ad Sky Andrea Zappia) per il travagliato iter dei diritti tv del calcio italiano assegnati nel 2018 per 973 milioni dalla Lega Calcio a Sky dopo la rescissione dell'iniziale contratto a MediaPro.
Ma ora con lo schianto in moto del 56enne Bochicchio - che impietrisce la moglie e i due figli adolescenti - non si saprà mai più se articolazioni della Hsbc fossero state millantate da Bochicchio ai suoi clienti come sponda in realtà inesistente; oppure se il nocciolo del rebus fosse la reale natura dei suoi rapporti con il franco-libanese n. 3 della seconda più grande banca del mondo, Samir Assaf, ex candidato alla Banca centrale del Libano, nel 2020 a fianco del presidente Macron nella delegazione francese a Beirut.
E quanti avevano affidato a Bochicchio i propri soldi ora avranno postuma - solo dal tempo nel processo romano che proprio oggi ha in agenda una udienza - la risposta alla domanda se concreta o velleitaria fosse anche la complicata operazione di rientro dei soldi dall'estero che Bochicchio giurava di stare organizzando d'intesa con i magistrati romani, promettendo di restituire alle parti civili sino al 90 per cento dei loro capitali, e asserendo che al rientro almeno dei primi 150 milioni mancasse soltanto attendere lo smobilizzo allo scadere delle vorticose operazioni finanziarie che aveva montato in mezzo mondo.