“SONO STATA MOLESTATA E LA PRESIDE HA SMINUITO. MI HA DETTO: 'SEI UNA BELLA RAGAZZA, TI CI DEVI ABITUARE'...” – IL RACCONTO DELLA 18ENNE DI ASTI CHE È STATA PALPEGGIATA DA UN UBRIACO DURANTE LA GITA SCOLASTICA A BERLINO: “TREMAVO, LE MIE COMPAGNE HANNO RACCONTATO TUTTO AI PROFESSORI, MA MI HANNO DETTO CHE NON AVEVA SENSO DENUNCIARE. UNA VOLTA IN ITALIA SONO STATA CONVOCATA DALLA PRESIDE. IO PIANGEVO E NEMMENO MI HA DATO UN FAZZOLETTO…”
-Estratto dell’articolo di Valentina Moro per “la Stampa”
«Sul pullman al ritorno vedevo ancora la faccia di quell'uomo». Anna, 18 anni, lo ricorda quel viaggio di ritorno dalla gita a Berlino. E quell'uomo che le ha palpato il sedere. Un episodio che il liceo di Asti da dove si è appena diplomata ha sminuito. Rientrata in Italia, Anna l'ha raccontato alla preside ricevendo per tutta risposta una frase che l'ha raggelata: ti ci devi abituare, denunciare non serve a niente. Una frase che ieri il questore di Asti, Marina Di Donato, ha stigmatizzato: ragazze, denunciate sempre.
Una reazione, quella della preside, che ha sconvolto Anna al punto da indurla a raccontare pubblicamente la sua vicenda.
Cosa ricorda di quel giorno?
«Era l'ultima sera. Avevamo finito di cenare, ero fuori, all'ingresso dell'ostello. C'era un clima poco rassicurante: il posto era pieno di uomini adulti ubriachi, non c'erano famiglie».
Era da sola quando è successo?
«No, con due amiche. Dalla hall vedevamo uomini più grandi che facevano festa.
Faceva freddo, ero in tuta. A un certo punto mi sento una mano sul sedere».
Come ha reagito?
«Mi sono girata e gli ho urlato in italiano: "Che cosa hai fatto?"».
E lui?
«Ridendo si è messo le mani in tasca chiedendomi in inglese se volessi un accendino. Le mie compagne mi hanno subito portato via, da uno dei professori che ci accompagnavano».
Cosa gli avete raccontato?
«Inizialmente ha parlato una delle mie amiche: io tremavo, non riuscivo a dire niente. È intervenuta anche la guida che ci accompagnava e la guardia di sicurezza dell'ostello. Io ho indicato l'uomo».
Cosa hanno fatto a quel punto?
«Niente. Mi hanno detto che non si poteva fare niente e non aveva senso denunciare, visto che saremmo partiti il giorno dopo».
E lei?
«Ero arrabbiatissima: stavano completamente sminuendo il fatto. Sono scoppiata a piangere e sono andata nella mia stanza […] ».
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Una volta tornati in Italia cosa è accaduto?
«Ne ho parlato con i miei genitori che hanno chiesto un appuntamento alla dirigente scolastica, ma la segretaria ha risposto che non c'era. Noi siamo tornati il venerdì; il martedì dopo mi convoca la preside nel suo ufficio».
Non c'erano i suoi genitori?
«No, ero sola. La preside mi ha subito detto: "Sei maggiorenne, sei responsabile delle tue azioni". C'erano anche altri tre insegnanti tra cui quello che ci ha accompagnati in gita. Sempre la preside mi chiede: "Cosa vuoi ottenere?". Io volevo solo parlarne».
Ci è riuscita?
«Pochissimo. Continuavano a interrompermi. La dirigente diceva che ci aveva messo mesi per organizzare una gita che andasse bene. Mi ha detto: "Sei una bella ragazza, ti ci devi abituare"».
Come si è sentita?
«Piangevo, non mi hanno neanche dato un fazzoletto. Continuavano a sminuire la cosa. Mi hanno solo voluto spaventare con quell'incontro, eppure la preside è sempre in prima linea nelle manifestazioni contro la violenza sulle donne».
La dirigente sostiene che non si tratti di violenza, «al massimo di un apprezzamento per la gonna corta».
«Non è vero. E io non avevo la gonna ma un giaccone e i pantaloni lunghi».
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