“SULL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE NON BISOGNA RIPETERE GLI ERRORI FATTI CON INTERNET, SERVE UNA REGOLAMENTAZIONE” – MAURO MASI, TRA I MASSIMI ESPERTI ITALIANI DI IA: “LA POSSIBILITÀ CHE ALCUNI SISTEMI DI IA SFUGGANO DI MANO AI CREATORI E SIA IMPOSSIBILE CONTROLLARLI È UN RISCHIO REMOTO. IL VERO NODO NELL’IMMEDIATO È CHE LA GRANDE COSTRUZIONE DEL ‘MACHINE LEARNING’ HA MESSO SU UNA GIGANTESCA MACCHINA PER IL PLAGIO…” – E DA EX DIRETTORE GENERALE DELLA RAI, MASI PROPONE: “ALCUNI CANALI POTREBBERO FARE SOLO SERVIZIO PUBBLICO CON I PROVENTI DEL CANONE, ALTRI SOLO IL SERVIZIO COMMERCIALE FINANZIANDOSI ESCLUSIVAMENTE CON LA PUBBLICITÀ...”
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Presidente, lei è uno dei maggiori esperti italiani di Internet e IA; anche dopo i moniti del Papa, il grande pubblico è confuso, non sa se sull’IA bisogna nutrire speranze o timori.
Beh, un po’ tutti e due in realtà. L’Intelligenza Artificiale è ormai la chiave della nostra modernità, come negli anni ’90 è stato Internet: in molti pensano che sia la promessa di una nuova età dell’oro. Forse lo sarà, ma ad oggi è innegabile che apra problematiche e crei timori.
Quello principale è, per semplificare, che alcuni sistemi di IA (in particolare quelli autogenerativi, di “machine learning”) possano sfuggire di mano ai creatori e una volta attivati sia poi impossibile controllarli. Francamente, allo stato delle attuali conoscenze, mi sembra un rischio piuttosto remoto: una cosa più da “Terminator movie” che da scienza applicata.
Quello che si vede nell’immediato è, più prosaicamente, che la grande costruzione del “machine learning” ha messo su una gigantesca macchina per il plagio; infatti questi sistemi IA autogenerativi si addestrano quasi esclusivamente con materiale protetto da copyright, senza peraltro tenerne alcun conto. E questo non è un piccolo problema, ma rischia di minare alcuni diritti basici del nostro vivere civile, dalla privacy allo stesso diritto di proprietà intellettuale e non solo intellettuale.
Quello che invece deve aprire tutti noi all’ottimismo è la consapevolezza dei grandi del Mondo (ribadito anche nel G7 di Borgo Egnazia) che sul caso IA non bisogna ripetere gli errori fatti con Internet negli anni ’90, allorché si decise (prima gli USA, poi gli altri a seguire) che una regolamentazione della Rete non era necessaria. Questo a posteriori, e lo vediamo chiaramente ogni giorno, ha causato la creazione di posizioni monopolistiche e di potere mediatico (nonché di potere “tout court”) che sovrastano quelle degli Stati, con tutto quello che ne consegue.
Da Presidente della Banca del Fucino come vede la situazione dell’economia della nostra Regione?
Intanto mi lasci dire che per la Banca del Fucino il 2023 è stato un anno chiave, e non solo perché ha festeggiato cento anni di vita; è stato un anno in cui siamo riusciti a restituire ad un marchio storico del panorama finanziario della Capitale tutta la sua forza, con risultati che parlano chiaro; in termini di rafforzamento patrimoniale, di crescita degli impieghi alla clientela, di raccolta, di prodotto bancario complessivo, che ora supera i 6,5 miliardi di euro (+22% rispetto all’anno precedente).
Per quanto attiene al dato regionale, proprio pochi giorni fa la Banca d’Italia ha reso noto il suo studio sull’economia del Lazio, dal quale si evince che nel 2023 l’attività economica nel Lazio ha continuato a crescere, sebbene in misura molto più contenuta rispetto all’anno precedente. Il rallentamento ha riflesso un indebolimento della domanda interna per consumi e investimenti e una riduzione di quella estera di beni. I primi dati relativi al 2024, sempre secondo Bankitalia, seguono un trend analogo a quello dell’anno precedente.
E da ex Direttore Generale della RAI in turbolenti anni berlusconiani come vede la situazione attuale di Viale Mazzini?
Non ho conoscenze diverse da quelle che leggo sui giornali e in Rete: mi sembra peraltro che i dati degli ultimi anni, a partire cioè da quando con la riforma Renzi il canone è diventato obbligatorio, siano tutti abbastanza coerenti. A mio avviso, tuttavia, c’è un tema strutturale che si pone e si porrà in maniera sempre più cogente, ed è quello della duplice natura della RAI: gestore del servizio pubblico radiotelevisivo e in contemporanea grande player sul mercato commerciale.
L’esplosione della Rete, della multicanalità e ora dell’IA rende questa natura di “Giano bifronte” (che è stata negli anni caratteristica peculiare dell’azienda anche nel confronto internazionale) sempre più difficile da mantenere. Per stare su un mercato divenuto, per i motivi detti, ultraconcorrenziale, flessibilissimo e superdinamico devi andare a caccia di ascolti (assecondando i gusti prevalenti del pubblico, anche quelli più trash), pagare le star il prezzo fissato dalla concorrenza e farlo rapidamente etc.; se fai servizio pubblico devi cercare la qualità, le nicchie di ascolti diventano importanti; devi spendere avendo presente la Corte dei Conti, perché è giusto che sia così se usi denaro pubblico (appunto il Canone).
In questo scenario, non troverei niente di scandaloso se alcuni dei canali e Reti dell’Azienda facessero solo servizio pubblico utilizzando solo i proventi del Canone mentre altri solo il servizio commerciale finanziandosi esclusivamente con la pubblicità. Questo è tecnicamente possibile in diversi modi, anche ipotizzando diversi rami d’azienda che fanno capo ad una Capogruppo con funzioni simili a quelle di una holding.