“TAMPONI E TEST? UN'ARLECCHINATA ALL'ITALIANA” - L’INFETTIVOLOGO MASSIMO GALLI: “REGIONI IN ORDINE SPARSO, RITARDI CLAMOROSI, SCELTE INCOMPRENSIBILI. LA MOLTIPLICAZIONE DEI TAMPONI E DEI TEST CI AVREBBE AIUTATO E ANDAVA FATTA PRIMA DELLA RIAPERTURA. INVECE SI SONO MOLTIPLICATI I LETTI D'OSPEDALE A SCAPITO DELLA DIAGNOSTICA. PESANO UNA VISIONE MIOPE E ANNI DI TAGLI DELLA MEDICINA SUL TERRITORIO - IL CONTAGIO È ANCORA ELEVATO SERVE MAGGIORE PRUDENZA PRIMA DEL VIA LIBERA AL NORD"
-Francesco Rigatelli per “la Stampa”
Massimo Galli, 69 anni, primario di Malattie infettive al Sacco e professore ordinario alla Statale di Milano, non rinuncia a un bilancio sul finire del lockdown: «Bisogna uscirne gradualmente, mentre invece il segnale è di un liberi tutti».
Le Regioni scalpitano per la riapertura delle attività commerciali, esagerano?
«È un po' avventato, ma non si può fare un discorso nazionale. In alcune regioni il rischio è minimo, perché il contagio è stato poco diffuso. Mentre in Lombardia e in Piemonte servirebbe maggiore prudenza. Non ce ne rendiamo conto, ma stiamo vivendo un grande esperimento collettivo».
Cosa intende?
«Non esiste nella letteratura scientifica mondiale l' uscita da una pandemia ancora in corso solo con mascherine e distanziamento sociale, per questo la gradualità impostata dal governo ha senso».
Teme che le protezioni non bastino?
«In situazioni affollate esiste la possibilità che qualcosa vada storto. Capisco che si debba riaprire anzitempo per ragioni economiche, ma con una strategia e una verifica periodica».
E le messe?
«Io non ce l' ho con la chiesa, ma con qualsiasi attività che porti una concentrazione di persone e che non abbia urgenza assoluta. Mettere sullo stesso piano le messe, le partite e i concerti è brutto, ma dal punto di vista tecnico va fatto. Dunque, prudenza».
Rischiamo davvero un ritorno dei contagi?
«Non ho la sfera di cristallo, ma sono preoccupato. Il pericolo di nuovi focolai esiste, perché il virus è in grado di girare senza essere riconosciuto e l' unica barriera sono mascherine e distanze, ma non si sa quanto servano».
Si parla del caldo e del mutamento o indebolimento del virus, che ne pensa?
«Non credo a nessuna di queste ipotesi. È un virus nuovo con una prateria di gente da infettare. Questo è l' aspetto prevalente e se ora si è arginato lo dobbiamo solo alle chiusure».
Ma i nuovi contagiati non sono meno gravi?
«Sì, ma non c' entra il virus. Gli anziani più deboli sono già morti e i sopravvissuti si proteggono di più che all' inizio, inoltre noi medici per quanto non abbiamo una cura ne sappiamo di più».
E la seconda ondata?
«Potrebbe esserci in autunno con un virus un po' diverso da questo. Bisogna prepararsi, ma non è certa».
Tamponi e test?
«Un' arlecchinata all' italiana.
Regioni in ordine sparso, ritardi clamorosi, scelte incomprensibili. La moltiplicazione dei tamponi e dei test ci avrebbe aiutato e andava fatta prima della riapertura. Invece si sono moltiplicati i letti d' ospedale a scapito della diagnostica e dell' intervento territoriale. Pesano una visione miope e anni di svalutazione e tagli della medicina sul territorio».