“TORNARE A SANREMO? CI HO PROVATO MA MI HANNO BOCCIATO” - CHE VITA SAREBBE SENZA NICOLA DI BARI: “MAHMOOD? RISPECCHIA UNA SOCIETÀ CHE È CAMBIATA - IL RAP? NON C' È MUSICA, PERÒ CI SONO DEI MESSAGGI. OGNI GENERAZIONE HA IL DIRITTO DI AVERE IL SUO GUSTO MUSICALE - RITA PAVONE SOVRANISTA? RISPETTO PER UN'ICONA DELLA MUSICA - CHECCO ZALONE E’ L’EREDE DI BENIGNI”
-Carlo Piano per “la Verità”
Michele Scommegna, alias Nicola Di Bari, in onore del santo patrono del capoluogo pugliese. Non se ne sentiva parlare da un pezzo. Due volte trionfatore a Sanremo e autore di canzoni passate alla storia, come La prima cosa bella, adesso è tornato. Interpreta la parte dello zio di Checco Zalone in Tolo tolo, il film sui migranti che sta facendo faville. Siede davanti a noi: cappello a larghe falde, occhiali scuri, foulard al collo e la voce cavernosa che lo ha consacrato.
Maestro, a quasi 80 anni di nuovo sulla breccia?
«Dica, lei mi sta intervistando per La Verità?».
Sì
«È un segno del destino».
Perché?
«Il mio ultimo disco s' intitola La mia verità e se le mie canzoni sono riuscite a resistere nel tempo è perché si basano sulla verità. Raccontano emozioni che ho vissuto e messo in musica, non ho inventato nulla. Sa, il pubblico se ne accorge se non sei sincero. Per esempio La prima cosa bella l' ho composta quando è nata la mia prima figlia».
È la sua canzone preferita?
«Sì, anche se può essere banale. Quella notte ero a letto con mia moglie Agnese ed era appena nata Ketty: ho preso la chitarra e mi sono messo a strimpellare, intanto Agnese scriveva delle frasi per ringraziare la bambina che ci aveva cambiato la vita. In seguito Mogol la cesellò, ma l'abbiamo buttata giù in cinque minuti».
Vinse a Sanremo?
«Non quella volta, nel 1970 mi piazzai secondo ma La prima cosa bella fece il giro del mondo. Vendette milioni di dischi mentre Chi non lavora non fa l'amore di Adriano Celentano arrivò prima ma ottenne meno successo. Diciamo che in quell' edizione sono stato il vincitore morale».
Però poi ha vinto davvero
«Due volte di seguito: nel 1971 con Il cuore è uno zingaro e nel 1972 con I giorni dell'arcobaleno».
Come è cambiato il Festival?
«Prima avevano preminenza il brano e l'artista, oggi è un grande show televisivo affascinante, ma è tutto un altro Sanremo rispetto a quello dei miei tempi. Comunque a me e Agnese piace anche così. Come diceva Pippo Baudo: Sanremo è sempre Sanremo».
Ci tornerebbe all' Ariston?
«Ci ho provato per un po' di anni e mi hanno sempre bocciato. Quindi mi sono detto che basta così, lasciamo spazio ai giovani».
Cosa pensa dell'ultimo vincitore, Mahmood?
«Rispecchia una società che è cambiata».
Le piace il rap?
«Purtroppo non c' è musica, però ci sono dei messaggi. I testi di questi ragazzi fanno riflettere, anche se parlano e non cantano. Ogni generazione ha il diritto di avere il suo gusto musicale».
Ha sentito della polemica su Rita Pavone «sovranista»?
«Bisogna solo avere rispetto per un' icona della musica leggera come la Pavone, non aggiungo altro».
Parliamo di Tolo tolo: come è nata la sua partecipazione?
«Checco ha telefonato dicendo che era mio ammiratore fin da bambino. Non lo conoscevo, però avevo visto i suoi bei film precedenti. Quando l' ho incontrato mi sono reso conto che si riconosceva da sempre nella mia canzone Vagabondo, perché è un sognatore, uno che come un nomade gira in libertà il mondo. Valori che io cantavo negli anni Settanta».
E come l' ha convinta?
«Da Bari è salito a Milano per propormi di recitare la parte del parente pugliese, il suo zio cardiopatico. Un personaggio che tribola, rischiando la morte, a ogni notizia che rimbalza dall' Africa sulla sorte del nipote. Mi sono sentito onorato, siamo andati a mangiare in un ristorante pugliese di pesce e gli ho detto subito di sì».
Com'è Checco?
«Non è un'artista qualsiasi, è un ragazzo colto e un geniaccio, sa fare comicità trattando temi umani di altissimo livello. Secondo me è l'erede di Roberto Benigni e di Massimo Troisi».
In Tolo tolo ha un ruolo anche sua figlia terzogenita.
«Arianna è un' attrice di teatro e sta portando per l' Italia Misery, tratto dal libro di Stephen King. Penso che Checco l' avesse notata quando era andata al Petruzzelli e così l' ha voluta in Tolo tolo».
Lei non è un novellino, di esperienze cinematografiche ne aveva già avute.
«Negli anni Settanta, Carlo Lizzani mi chiamò per Torino nera, storia impegnata che raccontava di un errore giudiziario. Io facevo l'avvocato che cercava le prove dell'innocenza di Bud Spencer».
Ha mai pensato di fare cinema sul serio?
«Non sono mai stato e mai sarò un attore. Però noi cantanti quando saliamo sul palco recitiamo e siamo per forza un po' attori. Sennò in certe situazioni non te la cavi».
Com'era Checco sul set?
«Abbiamo trascorso insieme due settimane tra Altamura, Gravina e Spinazzola. È un ragazzo molto intelligente, attento, colto e preparato. Secondo me il successo se l' è proprio meritato».
Si aspettava un simile successo?
«Di Tolo tolo sì, ma non mio personale. È stata una manna dal cielo, non credevo che voi giornalisti sareste tornati a occuparvi di me, che alla fine faccio una piccola parte e non sono neppure un granché».
Non si butti giù.
«Come cantautore ho contribuito a un pezzetto della storia della musica italiana, questo sì. Ma recitare nei film è un' altra cosa».
Non la pensa così il pubblico e anche Checco le ha fatto i complimenti
«Mi ha sorpreso e mi ha fatto un gran piacere».
Ha apprezzato il film?
«Moltissimo, un' opera d' arte. L' ho visto in anteprima al cinema Adriano di Roma: si ride e si pensa».
Cosa dice Zalone del risultato al botteghino?
«Non lo poteva prevedere neppure lui, è al settimo cielo. Questo film parla del sogno dell'umanità, tratta di problemi che ci riguardano da vicino anche se lo fa in modo ironico e leggero».
È questo il segreto?
«La capacità di tirare fuori valori altissimi facendo ridere. Gli italiani lo adorano perché c'è della verità, sempre questa parola che da sempre mi accompagna lungo il cammino».
Cosa pensa del tema del film, il fenomeno delle migrazioni?
«Se scappano da dove sono nati, un motivo ci sarà. Noi italiani siamo stati i primi migranti nel mondo e non dobbiamo dimenticarlo. Mi metto nei loro panni, sono nostri fratelli in fuga dalla fame e dalla guerra, dobbiamo aiutarli e accoglierli, però».
Però?
«Bisognerebbe controllare e registrare chi sbarca in Italia, perché tra tante persone oneste arrivano anche dei delinquenti».
Lei è per i porti chiusi?
«Non ha senso parlare di porti chiusi, io sono per tenerli aperti ma anche per un'immigrazione controllata. E poi c'è un altro grosso problema».
Quale maestro?
«L' Europa deve aprire gli occhi e darsi una regolata, non può pretendere che l' Italia affronti da sola l' ondata delle migrazioni».
Ma esiste l' Unione europea?
«Purtroppo finora l'Europa non c' è stata e probabilmente, io che ho una certa età, non riuscirò mai a vederla. Mi auguro di sì con tutto il cuore, ma è difficile perché siamo un vecchio continente in cui ogni Paese ha la sua cultura millenaria e interessi che non coincidono con quelli degli altri. E allora come facciamo a stare assieme?».
Anche lei è stato un migrante.
«Negli anni Sessanta ho lasciato la Puglia per trasferirmi a Milano. All' inizio fu parecchio dura e mi arrangiai lavorando come muratore e carpentiere. Fortunatamente il successo arrivò quando registrai il mio primo 45 giri e questa voce piena di sale e di sabbia conquistò il pubblico».
Torna mai nella sua Puglia?
«Non mi faccia più questa domanda, non potrei farne a meno. Vado ogni anno a Zapponeta, il Gargano è splendido e poi per ricaricare le batterie devo tornare alle origini».
Scrive ancora canzoni?
«A metà febbraio parto per il Sudamerica a promuovere l' album La mia verità, laggiù sono molto amato da almeno mezzo secolo».
Sua moglie Agnese dice che sta lavorando a un nuovo pezzo
«Farebbe meglio a tacere, Agnese, anche se ne sono innamorato da sempre, porta male parlarne finché non è terminato. Comunque sì, è vero, ma c' è ancora parecchio da fare».
Qual è la prima cosa bella del 2020?
«Che la gente vuole cambiare e chiede che l'Italia abbia il posto che merita nel mondo. Abbiamo fatto la storia dell' arte e della cultura e adesso siamo l' ultima ruota del carro, ridotti in una situazione economica e sociale inconcepibile. In questo 2020 gli italiani esigono risposte dai politici, che siano di destra o sinistra».
Ha un sogno nel cassetto?
«L'unico mio sogno lo sto vivendo. Desidero stare accanto a mia moglie, ai miei quattro figli e ai nipotini. Non pretendo altro, la vita mi ha già abbastanza privilegiato».
Ma non le manca il mare a Milano?
«Quello sì e mi piacerebbe tornare a vivere sull' Adriatico, dove sono nato. Ma so anche che resterà un' utopia, perché preferisco avere vicino la mia numerosa famiglia. Comunque sa una cosa?».
Dica, maestro.
«È sempre bello sognare, anche alla mia età».