“IL VERO OBIETTIVO DI KWONG ERA L’AREA PILI, DI PROPRIETÀ DEL SINDACO” – PARLA CLAUDIO VANIN, IL MANAGER CHE HA SCOPERCHIATO LO SCANDALO MAZZETTE A VENEZIA: “SECONDO ME È STATO BRUGNARO A CHIEDERE AL MAGNATE DI SINGAPORE CHIAT CHING KWONG DI COMPRARE PALAZZO PAPADOPOLI E IL DONÀ. LUI NON LI VOLEVA. L’OBIETTIVO ERA L’AREA PILI, DOVE C’ERANO PROGETTI PER 430MILA METRI QUADRATI. UN’OPERAZIONE DA 1,8 MILIARDI. GLI INTERESSI CONVERGEVANO”

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Estratto dell’articolo di Andrea Pasqualetto per il “Corriere della Sera”

 

CLAUDIO VANIN

Ogni indagine penale ha il suo grande accusatore. Nel caso di Venezia si tratta di Claudio Vanin, dirigente aziendale trevigiano di 56 anni che a un certo punto della sua vita ha deciso di rompere gli argini e denunciare questa storia di malaffare.

 

[…] L’ha urlato al mondo: una denuncia in procura, un’altra ai politici dell’opposizione, infine il botto in tivù, Report. Dietro a tutto c’è un uomo che ha rappresentato per lui il sogno di ricchezza per poi diventare simbolo della sua rovinosa caduta.

 

CHING CHIAT KWONG

È Chiat Ching Kwong, il magnate di Singapore che aveva scelto Venezia come fiore all’occhiello del suo impero e che ora è finito indagato nell’inchiesta dei pm lagunari per la vicenda dei 73 mila euro versati all’assessore Renato Boraso per l’acquisto di Palazzo Papadopoli […].

 

Dottor Vanin, per l’accusa quei 73 mila euro sono stati versati da lei su indicazione di Luis Lotti, il manager di Kwong in Italia. È così?

«Sono stato io a raccontarlo. Lo scopo di Kwong era forse quello di risparmiare sull’acquisto dei palazzi veneziani, oltre al Papadopoli anche il Donà. Vorrei ricordare che la prima perizia valutava il Papadopoli 18 milioni di euro, poi ridotti a 14 , infine 10,8. Probabilmente per ottenere questo ribasso ha pagato Boraso».

 

RENATO BORASO

Pare che pochi fossero interessati all’acquisto, le aste erano andate deserte. Il calo del prezzo si poteva giustificare anche così.

«Neppure Kwong voleva quei palazzi. […] Secondo me è stato il sindaco Brugnaro a chiedergli di comprarli, per lanciare in città il nome di Kwong».

 

Motivo?

«L’obiettivo era l’area Pili, di proprietà del sindaco che Kwong avrebbe voluto prendere per farne qualcosa di unico. Lì c’erano progetti per 430 mila metri quadrati edificabili, palazzi alti 100 metri, una torre principale di 125 con in cima un ristorante panoramico. Un’operazione da 1,8 miliardi, non 1,3 come dicono tutti. Gli interessi convergevano».

 

LUIGI BRUGNARO RENATO BORASO

[…] Come nasce il suo rapporto con Kwong?

«Io sono direttore tecnico della Sama Global Italia che aveva acquisito un’opera a Certaldo, in Toscana, in un’azienda agricola acquistata da Kwong nel 2012. Ci siamo conosciuti in quell’occasione e abbiamo iniziato a collaborare».

 

Perché ha denunciato?

«L’ho fatto quando ho visto cose che non andavano bene». […] «Una serie di questioni collegate a Firenze, a Venezia e altre operazioni. Avevo in piedi 18 progetti con Kwong con decine di professionisti che ci stavano lavorando. Non mi piaceva il modo di operare di Lotti, l’ho detto a Kwong, lui ha fatto finta di non vedere cosa stava succedendo e ho deciso di chiudere. La Sama Global avanza svariati milioni di euro da lui, se non pagherà per noi si fa dura. Al progetto Pili avevano lavorato decine di professionisti che non sono stati mai pagati».

 

 

palazzo Papadopoli

[…] Questa inchiesta sarà per lei un riscatto.

«Sono stato massacrato per 6 anni, minacciato anche di morte per le mie scelte. Ora sono più sereno».

 

Ma ha praticamente confessato una tangente, non è indagato?

«Non credo, io ho saputo che quei soldi erano una tangente solo successivamente. E quando l’ho saputo ho denunciato».

CLAUDIO VANIN
RENATO BORASO
CHING CHIAT KWONG