“VOTIAMO, POI SARÀ MATTARELLA A SCEGLIERE” – SALVINI FRENA LA SCALATA DI GIORGIA MELONI E LE INVIA UN PIZZINO, FACENDOLE CAPIRE CHE È ANCORA IN CORSA PER PREMIERSHIP: “VORREI FARE IL MESTIERE PIÙ BELLO DEL MONDO” – POI RIPIOMBA NEL SUO GRANDE INCUBO E ATTACCA I GIUDICI: “NON VORREI CHE DA QUI AL 25 SETTEMBRE QUALCUNO SI SVEGLIASSE MALE LA MATTINA E PROVASSE A CAMBIARE IN UN TRIBUNALE IL RISULTATO DELLE CABINE ELETTORALI…”
-Francesco Olivo per "La Stampa"
Dicono che tutto è a posto e che le regole sono scritte. Ma basta scendere un poco sotto la superficie per capire che la questione della premiership non è ancora risolta all'interno del centrodestra. Giorgia Meloni dice che Sergio Mattarella non può che darle l'incarico (in caso di successo elettorale, va da sé), mentre Matteo Salvini frena queste ambizioni, rivendica di essere anche lui in corsa («vorrei fare il mestiere più bello del mondo») e chiede di non mettere in mezzo il presidente della Repubblica. Il leader della Lega poi ha una preoccupazione: «Non vorrei che da qui al 25 settembre qualcuno si svegliasse male la mattina e provasse a cambiare in un tribunale il risultato delle cabine elettorali». Un incubo, quello di qualche inchiesta della magistratura, che in privato molti esponenti del centrodestra riferiscono, ma che ora Salvini mette in piazza.
Le parole di Giorgia Meloni pronunciate venerdì a Ceglie Messapica hanno lasciato il segno: «Se dovesse vincere il centrodestra e ci fosse l'affermazione di FdI, non ho ragione di credere che Mattarella possa assumere una scelta diversa», ovvero quella di indicare lei come premier. Salito sullo stesso palco, quello del festival di Affaritaliani, sotto la torre di piazza Plebiscito della cittadina pugliese, Salvini corregge l'alleata, per prudenza, tattica e persino per etichetta costituzionale: «Io aspetto il voto degli italiani prima di fare qualsiasi commento, poi il presidente della Repubblica sceglierà come è giusto che sia».
Una presa di distanza chiara, anche perché c'è un'altra insidia, secondo la Lega, quella di dare l'impressione di avere il successo in tasca: «Tutti dicono che il centrodestra ha già vinto. Calma. Sono convinto che il centrodestra possa vincere, sono convinto che la Lega possa prendere un voto in più di tutti gli altri».
Qualche ora prima, nel corso di un incontro a Bari, era stato ancora più diretto: «Non impongo nomi e ruoli a nessuno e men che meno al presidente della Repubblica». Silvio Berlusconi aggiunge: «Giorgia Meloni non ha nessun bisogno di essere legittimata a fare il premier, anche perché la legittimazione dipende solo dal voto degli italiani - spiega in un'intervista a Qn -. E proprio per questo abbiamo detto e scritto che sarà chi ha più voti a proporre al capo dello Stato il nome del premier». Berlusconi, intervenuto prima di Salvini a Ceglie, usa il repertorio: «Tutti gli altri leader in campo sono dei professionisti della parola, professionisti della politica che vivono con lo stipendio della politica e che nella loro vita non hanno mai lavorato» .
Un altro elemento di frizione con gli alleati è la futura squadra di governo. Meloni anche a Ceglie ha ribadito con forza che è prematuro indicare i futuri ministri, Salvini invece insiste: «Sarebbe giusto che il centrodestra prima del voto offrisse agli italiani i nomi di due o tre ministri: il ministro degli Esteri, dell'Economia e della Giustizia. I nomi non li dico, se no li rovinerei. Non è un mistero, però, che avere una Giulia Bongiorno come ministro della Giustizia sarebbe una garanzia».
Il leader della Lega è in tour nel meridione, ieri quattro tappe in Puglia, oggi tocca alla Calabria, domani e martedì alla Sicilia, per marcare stretta Meloni, anche lei sull'isola. È stanco, ma sul palco di Ceglie si mostra rilassato. Unica eccezione è il tema Russia. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio lo ha attaccato direttamente: «Quando dici no al tetto massimo al prezzo del gas stai facendo solo gli interessi di Putin che ci ricatta e fa aumentare le bollette degli italiani».
Parole che fanno sbottare Salvini («mi sono rotto le scatole»), che minaccia denunce: «Io ho sempre difeso l'interesse nazionale del mio Paese, in Italia e all'estero. Ultima volta che sono andato a Mosca ci sono andato da ministro. Da oggi querelo chiunque dica che io sono al servizio dei russi, perché io sono esclusivamente al servizio del popolo italiano. Contestatemi su Flat tax e altro ma non su questo». Fine dell'intervento, niente cronisti, ci sono i militanti che lo aspettano in masseria