Carlo Rovelli per www.corriere.it
Stamattina aprendo il computer, sommerso fra l’usuale marea di comunicazioni irrilevanti, ho trovato il seguente messaggio: «Caro Carlo, Elisa si è spenta pacificamente ieri mattina alle dieci e trenta minuti, precisamente nel modo in cui lei desiderava: mentre dormiva, circondata da sua sorella, suo marito, la sua migliore amica, mia figlia e me, nel suo letto, a casa sua, in via Fontana dell’Amore a Bruxelles, al primo piano, con la finestra aperta, per eutanasia. È stato un momento di grande commozione, sereno, magnifico.
Si, è possibile. Elisa ha lottato per due anni e mezzo contro un tumore, che alla fine ha vinto la partita. Ha fatto dono del suo corpo alla facoltà di Medicina dell’Università Libera di Bruxelles, per aiutare la ricerca contro il cancro. Ha chiesto di non organizzare nessun evento particolare a seguito del suo decesso. La grazia del nulla. Elisa ha sorriso gioiosamente quando le ho raccontato di un amico che voleva già prepararle un omaggio e aveva già scritto un discorso. Non poteva più parlare, ma era perfettamente lucida e ha alzato il pollice sorridente quando le ho mostrato il libro che lei mi aveva regalato nella preparazione della sua partenza…». Seguiva la firma.
In francese
Elisa è stata la prima traduttrice dei miei libri, in francese. Non la vedevo da anni e non sapevo della sua malattia. È stata la prima persona all’estero ad apprezzare un mio scritto, e adoperarsi perché fosse pubblicato, in Belgio poi in Francia. Per questo le sono sempre stato grato. La sua scomparsa lascia in me un vuoto. Ma è il modo in cui ha scelto di morire che mi ha commosso, e di questo ora le sono molto più grato. Il breve messaggio che ho ricevuto stamattina mi è stato inviato da una persona che ho incontrato una sola volta. L’ho letto e riletto. È pieno di commozione intensa, senza dubbio.
Chi lo scrive doveva volerle molto bene e deve avere vissuto con partecipazione sofferta le sue decisioni. Ma c’è anche una serenità profonda nel suo messaggio, e un’immagine luminosa e piena di saggezza della fine della vita. Mi ha colpito particolarmente quel «Si, è possibile», nel messaggio, che forse tradisce un attimo di incertezza, ma è anche una confutazione orgogliosa e coraggiosa, a fronte alta, contro la lettura della morte oscura, tremebonda e piena di tabù, che ancora pesa sulla nostra società.
L’insegnamento
Quello che rende serena la morte di Elisa, l’insegnamento che traspare incapsulato nel breve messaggio che ho ricevuto, è sopratutto la possibilità che ha avuto Elisa di prendere in mano la propria fine e deciderne modo e tempi, nel momento in cui l’alternativa è stata fra una sofferenza senza uscita, un decadimento senza ritorno, oppure un’accettazione serena della naturalezza della morte. Non perché noi possiamo pensarci onnipotenti. Certo non lo siamo: Elisa ha perduto la battaglia contro il suo tumore. Ma perché la morte può essere vissuta con serenità proprio perché è comunque inevitabile; quello che è in gioco è sempre solo qualche anno in più o in meno, qualche mese in più o in meno.
Ma possiamo decidere noi, se morire soffrendo come cani in un freddo letto d’ospedale, contro natura, illusi da patetiche bugie, trattenuti in vita ad ogni costo come se veramente si potesse evitare la morte; oppure morire serenamente a casa nostra, a testa alta, attorniati dai nostri cari, nel modo e nel momento che scegliamo, in una atmosfera di amore e serenità, accettando con trepidazione e gioia anche questo passaggio, come accettiamo con trepidazione e gioia gli altri passaggi inevitabili della vita.
A chi resta, resta il dolore dell’assenza. Ma da una morte come quella di Elisa, resta anche una profonda serenità e un grande conforto. Che ci allevia, forse addirittura ci toglie, la paura di ciò che è inevitabile. Perché la legge italiana ci deve vietare di poter scegliere, nelle giuste forme, questo modo naturale, profondamente umano, e profondamente giusto, per morire?
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